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BATTAGLIA PER LA VITA

Arizona, la legge che vieta l'aborto. Altro effetto della sentenza Dobbs

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La Corte suprema dell'Arizona ha reintrodotto una legge del 1864 che vieta l'aborto dal concepimento, in qualunque circostanza (salvo il pericolo di vita). Biden dà battaglia, Trump tiepido.

Vita e bioetica 12_04_2024
Protesta abortista di fronte al Campidoglio di Phoenix (La Presse)

La Corte Suprema dell'Arizona ha emesso una sentenza storica lo scorso 9 aprile, autorizzando l'applicazione di una legge a lungo dimenticata, ma non abrogata e che vieta quasi tutti gli aborti, cambiando drasticamente le normative per l'interruzione di gravidanza nello Stato. La legge che torna pienamente in vigore non prevede eccezioni per lo stupro o l'incesto, consentendo l'aborto solo se la vita della madre è in pericolo.

La più alta corte dell'Arizona ha deciso anche che i medici possano essere perseguiti in base alla legge del 1864, se violano la vecchia normativa. La decisione di martedì ha annullato una precedente decisione che invece confermava la salvaguardia per i medici che non potevano essere accusati di alcun reato per aver eseguito aborti nelle prime 15 settimane di gravidanza.

La sentenza consente l'applicazione di una legge del 1864 in Arizona che rendeva l'aborto un reato punibile da due a cinque anni di carcere per chiunque ne esegua uno o aiuti una donna a ottenerlo, vietandolo dal momento del concepimento, ma includendo un'eccezione per salvare la vita della donna, quando in pericolo di morte. Di tale norma era stata sospesa l’applicazione, dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva emesso la sentenza Roe v. Wade del 1973 che garantiva il diritto costituzionale all'aborto. Con l’abolizione della decisione del 1973 e la decisione della sentenza “Dobbs v. Jackson Women's Health Organization”, lo scorso 24 giugno 2022, tutto è tornato in movimento.

Infatti, nel luglio 2022 l’allora procuratore generale dell'Arizona Mark Brnovich, un repubblicano, aveva chiesto con successo a un giudice statale di revocare un'ingiunzione che bloccava l'applicazione della vecchia norma del 1864. Ora, legge tornata in vigore in Arizona ordina l'azione penale verso «una persona che fornisce o somministra a una donna incinta, o procura a tale donna qualsiasi medicina, droga o sostanza, o usa o impiega qualsiasi strumento o altro mezzo, con l'intento di procurare in tal modo l'aborto spontaneo di tale donna, a meno che non sia necessario per salvarle la vita». L’applicazione della sentenza non inizierà prima di almeno due settimane.

I Democratici si sono immediatamente scagliati contro la sentenza, incolpando l'ex presidente Donald Trump per aver scelto i giudici supremi federali che hanno emesso la sentenza Dobbs del 2022, ponendo fine diritto costituzionale all'aborto. Il presidente Joe Biden e la vicepresidente Kamala Harris hanno colto l’occasione per scagliarsi contro i repubblicani e lo stesso ordinamento giudiziario, dando ulteriore prova della pericolosa determinazione a violare la separazione dei poteri dello stato di diritto ogni volta che lo ritengano necessario.

La scorsa estate, multinazionali dell’aborto, sostenute dai soliti filantropi e Dems, hanno iniziato la raccolta di firme per includere il diritto costituzionale all'aborto che garantirebbe il diritto all'aborto fino a quando un feto non può sopravvivere al di fuori dell'utero, in genere intorno alle 24 settimane e anche aborti successivi per salvare la vita della madre o per proteggere la sua salute fisica o mentale. La vera e propria macellazione dei bambini sino alla nascita si conferma perciò il vero progetto dei Democratici.

Donald Trump ha evitato di commentare positivamente la decisione della Corte suprema dell’Arizona, riaffermando la posizione presentata l’8 aprile e ormai consolidata, di non voler bandire l’aborto a livello federale ma sostenere l’autonomia dei singoli Stati, come indicato dalla sentenza della Corte Suprema del 2022. Una scelta tattica forse necessaria alla vittoria, toglie l’unico vero argomento di polemica ai Dems ma che ha provocato un diffuso disappunto tra i pro life Usa.

Solo tre esempi tra i tanti: la presidente di “Students for Life Action”, Kristan Hawkins, a «differenza del presidente Biden, il presidente Trump inizia le sue osservazioni sull'aborto celebrando 'la gioia suprema della vita'…tuttavia, per essere chiari, il Movimento per la Vita è unito sul fatto che l'aborto è una questione federale»;  Lila Rose, fondatrice e presidente di “Live Action”, ha ricordato a Trump che «uccidere i bambini è sempre sbagliato. Il presidente Trump non è un candidato pro-life»; Marjorie Dannenfelser, presidente di “Susan B. Anthony Pro-Life America", ha dichiarato che, pur essendo "profondamente delusi" dalla posizione di Trump, il gruppo "lavorerà instancabilmente per sconfiggere il presidente Biden e i democratici estremisti del Congresso".

Il meglio è nemico del bene, ma sempre preferibile al male assoluto.