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I venerdì della Bussola

Apparizioni, il paradigma Fernández slega fede e ragione

Nelle nuove Norme sulle apparizioni «cambia chi giudica, cosa giudica e come giudica». Si distorce il ruolo dei veggenti e quello di Maria, nonché la funzione dei segni. Un approccio fideista, contrario a quello della Chiesa di sempre. Dal videoincontro con Manetti e Scrosati.

Ecclesia 25_05_2024
Cardinale Victor Manuel Fernández (ImagoEconomica)

I cambiamenti apportati dalle nuove Norme per discernere presunti fenomeni soprannaturali: questo è stato l’oggetto della diretta di ieri dei Venerdì della Bussola, intitolata “Apparizioni, cosa cambia” e moderata da Stefano Chiappalone. Ospiti: il mariologo Diego Manetti e Luisella Scrosati.

Le nuove Norme del Dicastero per la Dottrina della Fede – guidato dal cardinale Victor Manuel Fernández – rimpiazzano quelle del 1978, rappresentando, in sostanza, un cambiamento di paradigma.

«Cambia chi giudica, cosa giudica e come giudica», afferma Manetti, autore, per la Bussola, del libro Perché appare la Madonna. «Innanzitutto cambia il fatto che il primo soggetto che può emettere un giudizio affidabile sul fenomeno presunto delle apparizioni o su altri fenomeni soprannaturali non è più il vescovo, l’ordinario locale, bensì il Dicastero per la Dottrina della Fede». Un cambiamento indice di una volontà accentratrice. Il mariologo, poi, sottolinea che le nuove Norme implicano un approccio molto improntato alla provvisorietà (vedi ad esempio l’art. 22, dove si dice che il Ddf «si riserva, in ogni caso, la possibilità di intervenire nuovamente a seguito dello sviluppo del fenomeno») e «puramente pastorale», questo perché «l’oggetto del giudizio non è più la soprannaturalità del fenomeno presunto ma semplicemente i frutti». In pratica, così, la Chiesa lascerà abitualmente il punto interrogativo sull’origine di possibili apparizioni, la cui soprannaturalità potrà essere espressa solo dal Papa.

Un approccio che rappresenta appunto una rottura rispetto al passato e che a Manetti richiama alla mente le vicende legate a Medjugorje, in special modo ciò che è stato descritto come il terzo dei dieci segreti: «È un segno che verrà dato sulla collina delle apparizioni. Di questo segno i veggenti hanno potuto dire alcune caratteristiche: sarà bellissimo, tangibile, si potrà vedere e toccare, indistruttibile, ma soprattutto di chiara origine divina, cioè sarà chiaro a tutti che non l’ha fatto l’uomo e che viene da Dio». In breve, un segno per il quale, aggiunge Manetti, «sarà superfluo qualunque riconoscimento della Chiesa», perché tanto evidente da dimostrarsi da sé. Pur in assenza di un riconoscimento delle apparizioni, Medjugorje ha ottenuto quello che è assimilabile al nihil obstat delle nuove Norme, vista l’autorizzazione – data da Francesco nel maggio 2019 – ai pellegrinaggi organizzati da parroci e vescovi. Ma ciò non toglie, in caso di «sviluppo del fenomeno», che il Ddf si pronunci in futuro in modo differente.

La Scrosati ha parlato più nello specifico dei nuovi sei criteri, che vanno dalla dichiarazione di non soprannaturalità, come vertice negativo, fino al nihil obstat, come vertice positivo, «che in realtà non è altro che un pronunciamento favorevole quanto agli sviluppi, ai frutti spirituali di una certa esperienza», ma che nulla dice sull’albero all’origine di quei frutti.

In più, se si guarda ai quattro criteri intermedi, risulta particolarmente difficile stabilire la differenza tra l’uno e l’altro e applicarla nei casi concreti. «La domanda è: era necessario avere queste articolazioni?», chiede la Scrosati, anche lei rilevando una netta rottura rispetto al passato: «Quando non ci sono sufficienti elementi per ritenere che un dato evento sia di origine soprannaturale, molto semplicemente la Chiesa attende», secondo un approccio che è stato abituale nei secoli e che si ritrova anche nelle Norme del ‘78.

Un altro dei problemi è costituito da riferimenti generici come quello allo «spirito settario», che potrà essere applicato in modo arbitrario, condannando fenomeni magari veri ma “scomodi”. Invece, ricorda la Scrosati, «la norma per sua natura deve essere chiara e applicabile».

Nelle nuove Norme c’è una distorsione anche rispetto al ruolo dei veggenti o presunti tali, quando invece bisognerebbe partire dal presupposto, ragiona Manetti, che «il protagonista nelle apparizioni mariane non sono i veggenti: è la Madonna», la quale vuole portare i suoi figli a Gesù. È vero che la vita dei veggenti è un fattore importante di giudizio, ma non va sovrastimato, perché il loro carisma specifico «è restituire e affidare quello che la Madonna consegna loro». Se si pensa a La Salette, osserva il mariologo, «sappiamo che le vicende personali di Massimino e Melania non hanno dato delle conferme di fulgida santità come agli occhi dell’uomo comune potrebbe essere invece la vita dei pastorelli di Fatima o di Bernadette. Eppure, riconoscendo le apparizioni di La Salette nel 1851, quindi a distanza di appena 5 anni, il vescovo disse chiaramente che a prescindere da quelli che sarebbero stati gli sviluppi morali del percorso dei veggenti doveva riconoscere la soprannaturalità del fenomeno. In nome di che cosa? Degli abbondanti frutti spirituali».

In definitiva, come ha riassunto Chiappalone, le nuove Norme mostrano «una Chiesa sempre più timorosa di riconoscere il soprannaturale», almeno a livello di apparizioni, le quali, sebbene non vincolino il fedele, sono chiaramente di aiuto alla fede.

A questo proposito, la Scrosati argomenta che per la Chiesa di sempre un miracolo e in generale un fenomeno soprannaturale come un’apparizione «non è una questione indifferente. Cioè, affermare che non fa parte della Rivelazione, che si chiude con la morte dell’ultimo apostolo, non vuol dire che è indifferente alla fede delle persone, alla fede della Chiesa». Infatti, «il Concilio Vaticano I condanna questa espressione: “che i miracoli non possono essere mai conosciuti con certezza né servire per provare efficacemente l’origine divina della rivelazione cristiana”».

Nella presentazione delle Norme, Fernández cita il n. 14 della Verbum Domini di Benedetto XVI per avvalorare la propria tesi, ma si tratta di una citazione parziale che non dà conto del ragionamento complessivo di Ratzinger: «Benedetto XVI – riassume la Scrosati – diceva che la Chiesa è chiamata, quando ci sono ovviamente gli elementi, a pronunciarsi sulla verità e credibilità di questi eventi soprannaturali perché sono interventi divini che la Chiesa ritiene molto importanti, perché spesso hanno un aspetto profetico e in ogni caso sostengono la fede». Un approccio agli antipodi rispetto a quello di “Tucho”. Rinunciare a esprimersi sull’autenticità di un fenomeno soprannaturale significa, come spiega la filosofa, «rinunciare alla ragione dell’uomo. Cioè, Dio offre all’uomo dei segni», che la ragione dell’uomo è capace di cogliere: se si nega questo, si cade di fatto in una forma di fideismo.

Proprio nella Rivelazione leggiamo che lo stesso Signore Gesù è stato «accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni» (At 2,22). Miracoli e segni che, come poi per la missione degli apostoli, danno credibilità all’intera Rivelazione cristiana.



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