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Altro che “omofobia”, Spano paga le sue scelte politiche

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Francesco Spano cerca di accreditarsi, con l’aiuto dei media mainstream, come vittima di “omofobia”, che però non c’entra nulla. Le sue dimissioni – giunte dopo le anticipazioni di Report – sono legate alle sue scelte politiche.

Editoriali 26_10_2024
Francesco Spano (ImagoEconomica)

Nuova puntata della vicenda Spano, dopo le sue dimissioni dal ruolo di capo di gabinetto di Alessandro Giuli, ministro della Cultura, a motivo delle anticipazioni, diffuse sui media, della prossima puntata di Report che avrebbe scoperto che Marco Carnabuci, il compagno di Spano a lui unito civilmente, avrebbe avuto un incarico di lavoro presso il Maxxi quando lo stesso Spano ne era direttore. Dopo averle prese, ora il dimissionario capo di gabinetto cerca di darle e si rifugia nel solito cliché dell’attacco omofobo, dato che lo Spano è omosessuale dichiarato e pure unito civilmente.

In una prima intervista, alla Stampa, afferma che «quello che è diventato insopportabile è la continua macchiettizzazione della mia persona e della mia vita privata. […] Il tema dell’omofobia è gigantesco nel nostro Paese, ma ancor peggiore è il ricorso al discredito personale e del privato di una persona per fini strumentali, di potere, di audience, di quello che vuole».

In un’altra intervista, a Repubblica, la musica non cambia: si è dimesso, lui dice, non tanto per il fatto legato al Maxxi, bensì perché «c’è stato un attacco alla mia vita privata e alle mie scelte». Alla domanda del giornalista se Spano si senta «vittima di un attacco omofobo della destra», il Nostro risponde positivamente e così continua: «Posso capire le critiche alle mie scelte di vita, non pretendo che tutti la pensino come me o vivano nel mio stesso modo. Ma non mi aspettavo un attacco alla mia vita privata e alle mie scelte».

Dunque, in sintesi, Spano si è dimesso non tanto per le indiscrezioni trapelate sul presunto conflitto di interessi che lo avrebbe visto implicato ai tempi della direzione del Maxxi, bensì per “omofobia”. È la stessa tesi sostenuta, tra gli altri, da Ivan Scalfarotto sul Giornale e dagli ospiti di Lilly Gruber ad Otto e Mezzo dove in cinque si sono scagliati sul capace Jacopo Coghe di Pro Vita & Famiglia, dando una eccellente prova di cosa sia l’intolleranza ideologica.

Al netto di possibili e isolate invettive poco rispettose verso la persona di Spano a carico di qualche personaggio un poco fumantino (vedi lo sconosciutissimo Fabrizio Busnengo, nientepopodimeno che ex coordinatore di Fratelli d’Italia del IX municipio di Roma), la cosiddetta omofobia non c’entra nulla, tant’è vero che i nemici numeri uno di Spano sono stati Le iene, al tempo dello scandalo Unar, e Report, programmi entrambi di ispirazione chiaramente sinistrorsa.

Dunque, tirare in ballo l’omofobia non è pertinente e l’omosessualità di Spano è aspetto meramente accidentale. La questione invece è di altro tipo ed è duplice. Da una parte abbiamo la vicenda legata al Maxxi: in futuro si verificheranno le fondatezze delle accuse e si vedrà se la magistratura dovrà pronunciarsi. Su un secondo versante – ed è quello che a noi più preme mettere in luce – Spano non poteva e non doveva assumere l’incarico di capo di gabinetto di un ministero afferente ad una coalizione di destra per motivi squisitamente politici. In primis perché il dimissionario capo di gabinetto è sempre stato uomo di sinistra, come ha ben spiegato Andrea Zambrano da queste stesse colonne solo una decina di giorni fa. In secondo luogo perché, tra le scelte operative fatte da costui nella sua militanza politica, ha appoggiato apertamente l’agenda Lgbt. E se una parte politica e una fettina di società non condividono questo orientamento pro-Lgbt non possono essere tacciati di “omofobia”. Gridare all’“omofobo” allora è solo pretestuoso, un trucchetto per distrarre l’attenzione, per farsi passare da vittima.

Spano poi calca su questo ruolo aggiungendo di essere cattolico: «La mia coscienza politica si inserisce nella tradizione del cattolicesimo democratico», riferisce alla Stampa. E poi su Repubblica: «Io sono per educazione, anche per educazione cattolica, una persona tollerante nei riguardi di chiunque». Al di là del fatto che, se Spano si dice cattolico, dovrebbe tentare di abbandonare il proprio orientamento omosessuale perché così insegna la Chiesa, ciò che rileva in questo contesto è la tattica di dirsi cattolico in primis per strizzare l’occhio a quei cattolici non molto pro-family perché più pro-gay; e, in secondo luogo, per presentarsi in tutta la sua mitezza e bontà. In breve: sono gay e cattolico, perché tanto accanimento contro di me?

Insomma, è lo stesso Spano che strategicamente ha voluto convertire una vicenda squisitamente politica in una squisitamente personale. E invece non sono le sue scelte personali ad aver sollevato il polverone che lo ha portato alle dimissioni, bensì le sue scelte politiche, il suo posizionamento partitico e quindi anche le decisioni altrettanto politiche in dissonanza con l’orientamento dell’attuale governo. Si tratta di coerenza politica. Tutto qui. Niente di personale, Spano.



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