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TIMBUCTU'

Al Qaeda e il rogo dei libri

Il rogo di molti preziosi manoscritti nella Biblioteca Ahmed Babà di Timbuctù, cui prima di ritirarsi i militanti di Al-Qa'ida nel Maghreb Islamico hanno dato fuoco, costituisce una notizia tragica per gli studiosi dell'islam e in particolare del sufismo. 

Editoriali 30_01_2013
Falò di libri

Il rogo di molti preziosi manoscritti nella Biblioteca Ahmed Babà di Timbuctù, cui prima di ritirarsi i militanti di Al-Qa'ida nel Maghreb Islamico hanno dato fuoco, costituisce una notizia tragica per gli studiosi dell'islam e in particolare del sufismo. Non si conosce ancora il numero di manoscritti periti nell'incendio, ma si sa che nella città di Timbuctù, una delle grandi città sante delle confraternite islamiche, ce ne sono circa duecentomila, portati fra il Medioevo e il diciannovesimo secolo da maestri del sufismo, pellegrini e mercanti.

Cinquantamila sono certamente salvi nelle biblioteche delle grandi famiglie locali, troppo potenti per essere toccate anche dagli stessi ribelli. La Fondazione Kati, che ospita diverse migliaia di manoscritti preziosi, sembra non avere subito danni. Circa quindicimila manoscritti sono stati portati settimane fa nel Sud del Mali. Quelli distrutti dovrebbero essere fra sessantamila e centomila, secondo stime ancora provvisorie. Comunque, un danno enorme.

Perché al-Qa'ida distrugge manoscritti? Nel rogo sono periti anche testi di botanica, poesia, astronomia, ma non c'è dubbio che l'ultra-fondamentalismo islamico abbia voluto manifestare con l'attacco alla biblioteca il suo odio per il sufismo. Non è certamente questa la sede per un esame del sufismo, che rappresenta il cosiddetto "Islam delle confraternite" in quanto distinto dall'"Islam degli Stati" - i cui responsabili sono nominati dai governi - e (in certi paesi) anche dal cosiddetto "Islam delle moschee", inteso come rete di moschee autonome dagli Stati, dove può diffondersi anche il fondamentalismo.

In genere chi appartiene a una confraternita sufi guarda al capo locale della confraternita come al suo leader, e segue la sua interpretazione dell'islam, che è di natura mistica. Al-Qa'ida è stata influenzata dal tradizionalismo whahhabita tipico dell'Arabia Saudita, che considera il sufismo un'eresia e una deviazione rispetto al puro islam delle origini.
Per questo dove al-Qa'ida e in genere il fondamentalismo radicale si afferma sono distrutte tombe di santi sufi, santuari e anche biblioteche. Ma ci sono anche altre ragioni, di concorrenza politica fra associazioni fondamentaliste - sia di tipo "neo-tradizionalista", come i Fratelli Musulmani, sia radicale e ultra-fondamentalista come al-Qa'ida - e confraternite.

I sufi fanno politica? L'interrogativo è stato posto soprattutto quando le confraternite sufi sono diventate l'anima della resistenza antisovietica nell'Asia centrale, per poi innervare - in competizione, ovvero in concorso, con residui del potere comunista precedente - la classe dirigente di molte repubbliche post-sovietiche nella stessa area. Il mondo delle confraternite sufi non è - evidentemente - unitario, né è caratterizzato da un unico atteggiamento nei confronti del rapporto fra Islam, politica, modernità e cultura, così che non mancano anche membri di confraternite che hanno partecipato e partecipano al movimento fondamentalista.

D'altro canto, non è meno vero che il sufismo in genere privilegia l'aspetto interiore dello sforzo (jihad) sulla via di Dio e diffida di chi cerca il proprio autoperfezionamento "all'esterno", lungo le vie della lotta e della conquista politica.
I teorici del fondamentalismo sono a loro volta tradizionalmente ostili al sufismo, sia perché lo considerano come un'innovazione rispetto al messaggio coranico dei primi secoli (una critica che mutuano appunto dall'Arabia Saudita) sia perché gli rimproverano quella che definiscono la sua apoliticità, una presunta passività di fronte alla prevaricazione delle autorità politiche e al colonialismo e neocolonialismo occidentali.

Questo non toglie che vi siano esponenti del fondamentalismo che rivendicano con orgoglio la loro appartenenza alle confraternite sufi, come il marocchino 'Abd al-Salam Yasin, il quale ci ricorda che il fondatore dei Fratelli Musulmani, asan al-Banna (1906-1949) era sufi, il che dimostra che non tutto il sufismo è un ripiegamento sul terreno spirituale senza più occuparsi del mondo, contrariamente alla critica più comune dei fondamentalisti contemporanei alle confraternite. Ma fra ultra-fondamentalisti e confraternite sufi c'è comunque un rapporto di concorrenza e ostilità. Questa volta c'è andata di mezzo una storica, preziosa biblioteca.