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FONDI AI CRISTIANI

Aiuti per i perseguitati: Trump cambia rotta

L'America ha decretato la fine dei finanziamenti alle Nazioni Unite per aiutare i cristiani in Medio Oriente destinandoli direttamente alle organizzazioni religiose che agiscono sul territorio. Si ritorna alla politica sussidiaria di Bush, apprezzata anche dalla Santa Sede

Libertà religiosa 30_10_2017

Il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, ha annunciato ai leader cristiani del Medio Oriente la decisione del presidente Trump di cambiare completamente le politiche di aiuto alle popolazioni mediorientali colpite dal fondamentalismo islamico. Un cambio importante, che ha smascherato anche le strategie di facciata dell’amministrazione Obama.

A fine settembre, infatti, Nina Shea, membro per 12 anni della U.S. International Commission on International Religious Freedom, aveva denunciato che sebbene l’America abbia 1,4 miliardi di dollari in aiuti umanitari per l’Iraq e oltre 250 milioni per la ricostruzione del paese, solo una minima parte di questi è stata usata per aiutare i cristiani e le minoranze perseguitate. Tutto ciò dipende dal fatto che l'ex presidente americano, Barack Obama, aveva scelto di usare come tramite di distribuzione dei fondi le Nazioni Unite e i campi profughi dove spesso i cristiani subiscono ulteriori discriminazioni da parte dei musulmani.

Una politica fallimentare, dato che Shea aveva spiegato che le Nazioni Unite di fatto hanno fornito pochi aiuti necessari a ripristinare le città cristiane, attuando solo alcuni piccoli progetti  “di facciata” nelle città cristiane. Progetti che però non sono in grado di aiutare i cristiani a tornare nelle loro terre. Oltre tutto i leader cristiani rimasti sul posto, e coscienti delle necessità reali della popolazione, non sono stati per nulla coinvolti nei progetti, mentre al contrario “l'Iran dà soldi alla maggioranza sciita per comprare le terre cristiane” istituendo “scuole, moschee, biblioteche e altre strutture nelle principali città cristiane”, aveva sottolineato Shea.

La risposta è arrivata settimana scorsa, durante il discorso tenuto in apertura della cena annuale sponsorizzata dall’organizzazione In Defense of Christian, dove Pence ha spiegato quanto il presidente ha ordinato di fare al Dipartimento di Stato affinché finanzi direttamente le organizzazioni religiose attive sul territorio per aiutare i cristiani o altre minoranze perseguitate dagli islamisti: “I nostri amici cristiani e tutti coloro che sono perseguitati in Medio Oriente non dovrebbero essere costretti ad avere come interlocutori le istituzioni multinazionali quando l’America può aiutarli direttamente”, ha affermato Pence. "E stasera - ha continuato - è mio privilegio annunciare che il presidente Trump ha ordinato al Dipartimento di Stato di smettere di finanziare le iniziative inefficaci di soccorso delle Nazioni Unite. Da questo momento in avanti l'America fornirà il sostegno direttamente alle comunità perseguitate attraverso l'Agenzia di Aiuti degli Stati Uniti”.

Le parole di Pence hanno rubato 25 secondi di applausi ad una platea entusiasta di una politica già stata sperimentata da Bush con buoni risultati. Tanto che, come disse la Santa Sede in una nota del 2008, su “finanza e sviluppo alla vigilia della conferenza promossa dall’assemblea generale delle Nazioni unite a Doha”, la tendenza "preponderante è quella di considerare il canale "da Stato a Stato", il cosiddetto budget support, come la via più efficace per far arrivare risorse ai Paesi a basso reddito. Questa tendenza va guardata con una qualche preoccupazione, perché porta con sé il rischio di una "burocratizzazione" delle politiche nazionali di lotta alla povertà e di un ridimensionamento delle risorse disponibili per le varie forme di iniziativa sociale locale”. Mentre sono le “faith based organization…le vere protagoniste dello sviluppo inteso come percorso da tracciare giorno per giorno”,

Esattamente come aveva denunciato Shea, i finanziamenti agli Stati finiscono per alimentare la corruzione o comunque per essere mal gestiti. In effetti, i risultati della politica di Bush furono dimostrati dalla maggior propensione delle “faith based organization” nel dare stabilità e una capacità organizzativa e produttiva alle comunità. Queste erano più efficienti nel costruire villaggi e abitazioni, “data la loro concezione di persona come capace di raggiungere la pienezza delle proprie potenzialità solo in comunità” (U.S. Department of Housing and Urban Development of the U.S. Government 2001, “Faith-Based Organizations In Community Development”). 

Al contrario, Pence ha confermato che gli attuali “progetti, che dovrebbero essere presumibilmente terminati, hanno poco più di una bandiera delle Nazioni Unite appesa fuori da un edificio inutilizzabile, in molti casi una scuola”. Le faith-based orgaization, diversamente, “con radici profonde in queste comunità, sono più che disposte ad assisterle", mentre "le Nazioni Unite spesso rifiutano le loro richieste di finanziamento”. 

Perciò, dopo l'intervento di Pence, Carl Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Malta, ha parlato della “speranza che questa decisione darà ai cristiani in Medio Oriente” e dell’"impatto reale che avrà sui sopravvissuti delle comunità delle minoranze perseguitate” che “non può essere sottovalutata”.