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LA FINE DELLA VICENDA

Ai genitori di Charlie negati anche i "supplementari"

Dopo aver ostacolato in ogni modo la possibilità del trasferimento a casa, il Gosh ha fatto saltare anche l’ultimo accordo con i genitori, che chiedevano di poter passare alcuni giorni con il piccolo Charlie prima del distacco della ventilazione. Non è di pubblico dominio l’informazione su quando sarà staccato il tubicino che aiuta il bimbo a respirare, contenuta in un allegato riservato. O il distacco della ventilazione poco dopo il trasferimento all’hospice, o dopo un periodo di prolungata ventilazione.

Vita e bioetica 28_07_2017

Dopo aver ostacolato in ogni modo la possibilità del trasferimento a casa, il Great Ormond Street Hospital ha fatto saltare anche l’ultimo accordo con i genitori, che chiedevano quantomeno di poter passare alcuni giorni con il piccolo Charlie prima del distacco della ventilazione. Non è di pubblico dominio l’informazione su quando sarà staccato il tubicino che aiuta il bimbo a respirare, contenuta in un allegato riservato. Ma dall’ordine pubblico del giudice, sapendo ormai che il luogo di fatto imposto dal Gosh è un hospice, si ricava che rimangono queste due opzioni, rispetto alle cinque inizialmente prese in considerazione: o il distacco della ventilazione poco dopo il trasferimento all’hospice, o dopo un periodo di prolungata ventilazione (vedi lettere b e c a pag. 1-2 del documento).

Nell’ordine pubblico c’è poi un’altra indicazione generica sul tempo, laddove è scritto che “sarà legale staccare la ventilazione artificiale dopo un periodo stabilito nell’allegato riservato”. Quel che appare certo è che la famiglia non è stata accontentata, a giudicare dall’ultimo comunicato di Connie Yates che inizia così: “Il Gosh ci ha negato il nostro ultimo desiderio”. La mamma di Charlie prosegue spiegando che una squadra di infermiere di terapia intensiva e due dottori si erano offerti di fare i turni per garantire al bambino un’assistenza completa, 24 ore al giorno, sette giorni su sette. E in più la famiglia aveva trovato la disponibilità di un appartamento con due stanze da letto e pienamente equipaggiato. Ma il Gosh non ne ha voluto sapere, riuscendo ancora una volta a portare il giudice Nicholas Francis dalla sua parte. “Il giudice ha ordinato contrariamente a quanto avevamo organizzato - scrive Connie - e ha assecondato la richiesta del Gosh. Questo ci lascia di conseguenza molto poco tempo con nostro figlio. Non ho il permesso di rivelare il tempo e il luogo ma sono scioccata che dopo tutto quello che abbiamo passato non ci daranno questo tempo extra”.

Poco sopra si legge: “Vogliamo solo un po’ di pace con nostro figlio, niente ospedale, avvocati, tribunali, mezzi di informazione, solo del tempo di qualità con Charlie lontano da tutto per dirgli addio nel modo più amorevole”. E continua: “Non abbiamo avuto nessun controllo sulla vita di nostro figlio e nessuno sulla sua morte”. Tutto ciò avviene nonostante la famiglia fosse riuscita a soddisfare le condizioni capestro imposte dal Gosh, che prevedevano varie attrezzature, più due-tre dottori di terapia intensiva e quattro-sei infermiere. Avevamo già detto della scusa ridicola del ventilatore: “Non passerebbe per la porta di casa”, aveva detto il team legale del Gosh, pur non avendo mai fatto una visita alla famiglia per verificare e senza contare che Connie e Chris vivono in un appartamento al primo piano e privo di scale. Insomma, il Gosh ha continuato a vendere menzogne fino alla fine e purtroppo è sempre stato assecondato dalle decisioni del giudice di turno. Per questo il comunicato diffuso ieri dall’ospedale, subito dopo la pubblicazione dell’ordine di Francis, suona come l’ennesima presa in giro. Ci limitiamo alla parte finale: “A Chris e Connie vanno i nostri pensieri e la nostra più profonda vicinanza, e speriamo che la loro privacy sia rispettata in questo momento devastante per la loro famiglia”. Una famiglia che chi comanda al Gosh ha devastato fino a un minuto prima.