Aggressioni a Pro Vita, la violenza che il Colle non denuncia
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I media mainstream e la sinistra sono soliti condannare solo certi tipi di violenza. Ma se la violenza è subita dall’avversario, spesso glissano. Vedi le aggressioni subite da Pro Vita, ultima quella di Bologna. E anche Mattarella tace.
In Italia ci sono aggressioni di serie A e aggressioni di serie B, episodi che conquistano le prime pagine dei quotidiani per giorni diventando perfino casi politici e, invece, altri che spesso non valgono nemmeno un trafiletto nei media mainstream. Oppure, quando assurgono agli onori delle cronache, li si cataloga magari sotto titoli quali “scontri”, “tensioni” et similia, che confondono vittime e aggressori.
Nella seconda categoria rientrano certamente le aggressioni, violenze, minacce di morte, eccetera, che vengono subite – ormai da anni – da Pro Vita & Famiglia. L’ultima vicenda di rilievo, in ordine di tempo, è quella avvenuta a Bologna, in piazza XX Settembre, appena otto giorni fa, venerdì 19 luglio. La onlus aveva una regolare autorizzazione per proiettare un video di tre minuti, Baby Olivia, prodotto dall’associazione americana Live Action e che la stessa Pro Vita ha doppiato in italiano, intendendolo mostrare in varie città del nostro Paese.
Si tratta di un video che mostra i passaggi principali dello sviluppo della vita umana dentro il grembo materno, dal concepimento fino al momento prima della nascita. La voce narrante fa presente che «la fecondazione stabilisce già il sesso, l'etnia, il colore dei capelli, degli occhi e molti altri aspetti di Olivia, che inizia a impiantarsi nell'utero della mamma circa una settimana dopo la fecondazione». Si spiega che già a 22 giorni si può sentire il battito del cuore del concepito, a sei settimane se ne può rilevare l’attività cerebrale, a nove lo si può osservare mentre si succhia il pollice, deglutisce, stringe le mani, si tocca il viso, respira, si distende. E così via. Un video semplice ed efficace, che dà conto del miracolo della vita umana, senza alcun tono fuori luogo.
Ma ad un gruppo di contro-manifestanti, non autorizzati, la proiezione di Baby Olivia non è andata giù. «Poco dopo l’inizio dell’evento – ha ricostruito Pro Vita in un comunicato – si è radunata nella stessa piazza una contro-manifestazione non autorizzata composta da centri sociali, collettivi femministi e i consiglieri comunali Giulia Bernagozzi e Mery De Martino del Pd e Detjon Begaj della Coalizione Civica. In un primo momento i contro-manifestanti hanno iniziato a disturbare la proiezione urlando con un megafono insulti come “bastardi”, “pezzi di m...”, “vaff...”, per poi avvicinarsi al palco lanciando volantini e preservativi contro i presenti e tentando addirittura di manomettere i cavi di alimentazione dell’impianto audio». Si è levato anche un coro con minacce di morte, con tanto di rima. È quindi dovuta intervenire la polizia, per proteggere il palco e i manifestanti di Pro Vita. Nella serata del 19 luglio, la giunta – di sinistra – del Comune di Bologna è intervenuta con una nota, ma non per esprimere solidarietà a Pro Vita, bensì, all’opposto, per comunicare il proprio «sdegno» per un’iniziativa che attacca «la salute e l’autodeterminazione delle donne».
Il clima di odio emerso a Bologna, purtroppo, non è un caso isolato, ma appunto l’ultimo episodio di una lunga serie, che va dalle censure dei manifesti di Pro Vita in vari Comuni fino all’assalto, il 25 novembre 2023, alla sede romana dell’associazione, scampata ai tentativi di incendiarla solo per la presenza delle forze dell’ordine. Anche in quel caso, dai partiti di sinistra non si levò la voce di condanna che ci si sarebbe aspettati. Una mancanza che legittima di fatto chi compie queste violenze e ne alimenta di nuove e perfino più gravi. Ieri, per la cronaca, anche ad Ancona sono intervenute delle femministe per disturbare la campagna Baby Olivia.
La logica dei due pesi e delle due misure emerge qui in tutta la sua evidenza. Sinistra e sistema mainstream urlano se il caso di violenza o presunta tale può tornare a proprio vantaggio politico-culturale, mentre solitamente tacciono, minimizzano o mistificano nel caso opposto. Per esempio, giustamente si è chiesta la condanna unanime del pestaggio subìto lo scorso 20 luglio da Andrea Joly, giornalista della Stampa, e operato da membri di Casa Pound. Ma non altrettanto è stato fatto, in questa e in altre occasioni, con Pro Vita e altri gruppi ed esponenti del mondo pro life e pro family. Anzi, vedi giunta Lepore, è avvenuto addirittura il contrario.
Sarebbe auspicabile che l’esempio venisse innanzitutto da una figura istituzionale come quella del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che da quando è al Colle si è espresso molte volte contro la violenza e un certo clima d’odio, come anche tre giorni fa durante la cerimonia del Ventaglio. Ma la violenza che il pensiero oggi dominante non considera tale, purtroppo, difficilmente fa capolino nei discorsi di Mattarella. Sarebbe invece auspicabile che il capo dello Stato usasse uno dei suoi periodici richiami contro la violenza anche per stigmatizzare quella violenza costante che si registra contro ogni tipo di iniziativa di sensibilizzazione riguardante i bambini nel grembo materno, come appunto – da ultimo – per l’aggressione a Bologna.
Se un tale richiamo avvenisse, renderebbe più credibile l’enfasi sul pluralismo, sul rispetto dell’altro, sul dialogo, sulla democrazia, eccetera, che si ritrova in genere nei discorsi di Mattarella. Aggiungiamo: anche il richiamo alla “scienza”, tanto presente nell’era del Covid (fino ad alimentare la divisione sociale), diverrebbe più credibile, visto che video simili a quello di Baby Olivia si basano sull’evidenza biologica che mostra tutta l’umanità e l’essere persona del bambino nel grembo, fin dal momento del concepimento.
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In teoria, il discorso del presidente Mattarella alla cerimonia del Ventaglio, è perfetto: la libertà di stampa è un pilastro della Repubblica. Ma non dice quante volte sono state le istituzioni stesse a negarla, come durante il Covid.
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In Italia l’aborto è divenuto un dogma, un tema rispetto al quale non è possibile aprire una riflessione con tanto di evidenze scientifiche né tanto meno poter esprime la propria contrarietà. Il caso dei manifesti di CitizenGo censurati dal Comune di Roma.