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IL CASO

Addio numeri romani: l'ignorante non deve fare fatica

Il caso del museo parigino che ha eliminato i numeri romani. Il problema è il solito: chiedere all’ignorante di far fatica ad imparare e quindi di elevarsi culturalmente oppure chiedere a docenti e educatori di rendere pappetta digeribile la cultura e così abbassare il livello? La fatica deve essere fatta da chi non sa o da chi sa? 

Editoriali 19_03_2021

Cosa sono quelle «X» e quelle «V», per non parlare delle «I» maiuscole per indicare i secoli e i numeri progressivi dei regnanti? Meglio scrivere 18° secolo e Luigi 14, come se fosse una nuova consolle di giochi, al pari della Playstation 5, o come se fosse il sequel del film «Luigi».

Questa è stata la trovata della dott.ssa Noémie Giard del museo Carnavalet di Parigi, museo che racconta la storia della città. La Giard ha dato proprio i numeri: via le cifre romane e sostituiamole con quelle arabe per indicare scale e stanze del museo, secoli e regnanti «perché i numeri romani possono essere un ostacolo alla comprensione». Simile scelta era già stata fatta dal Louvre, ma re e regine furono salvati dalla rivoluzione numerologica a portata di ignorante.

Infatti il quid della questione è il seguente: chiedere all’ignorante – ossia a chi ignora la interpretazione delle cifre romane – di far fatica ad imparare e quindi di elevarsi culturalmente oppure chiedere a docenti, genitori, educatori, curatori di mostre e direttore di musei di omogenizzare tutto, di rendere pappetta digeribile la cultura a favore di chi non ha ancora i denti dell’apprendimento e così di abbassare il livello? Insomma la fatica deve essere fatta da chi non sa o da chi sa?

Chiaro è che entrambe le categorie devono fare la loro parte nel processo educativo e devono venirsi incontro, ma non arrivando ad eliminare nozioni perché difficili. Molto risulta difficile prima che venga assimilato e compreso, pare banale ricordarlo. Però l’ostacolo da rimuovere menzionato dalla direttrice del museo ti aiuta a superarti quando riuscirai a scavalcarlo. È la solita storia: superare l’ostacolo e quindi migliorarsi oppure aggirarlo e rimanere mediocri come prima?

Mike Bongiorno una volta lesse «Pio ics» invece di «Pio X», ma molto probabilmente il buon Mike ci faceva, invece di esserci. Al contrario flotte di studenti non riescono a decifrare le cifre romane proprio perché l’educazione vuole rendere tutto piano e non accidentato il percorso formativo. Ma facendo così, in futuro, sempre più ponti cadranno, sempre più chirurghi lasceranno pinze nell’addome dei pazienti, sempre più giudici metteranno in galera l’innocente. L’indulgenza formativa crea un debito sociale che pagheremo tutti noi.

E poi, a seguir la logica del Carnavalet che forse adombra un rigetto della cultura latina a favore di quella araba, occorrerebbe metter mano ad ampi settori dell’espressione artistica e della storia per renderla fruibile e comprensibile secondo la forma mentis attuale, adattandola anche alla sensibilità contemporanea. Ad esempio l’incipit della Divina Commedia – che dovremmo chiamare «Una storia scritta da Dio che finisce bene» - potrebbe essere il seguente: «Intorno ai 35 anni, un giorno mi sono trovato per caso in una riserva naturale dalla vegetazione molto folta. E mi resi conto che mi ero perso». Ovviamente questa non dovrebbe essere la parafrasi bislacca al testo di Dante, ma, come avvenuto nel museo parigino, l’unica versione accessibile per i culturalmente disabili. Parimenti non facciamo vedere i geroglifici egiziani, ma solo la loro traduzione scritta. E poi armonizziamo in stile pop la Nona di Beethoven così da renderla più orecchiabile. Fuggiamo dalla profondità per raggiungere la superficie. E dunque – è proprio il caso di dirlo – mettiamo una bella X sulla bellezza, sulla cultura, su chi siamo.