Accordo militare Italia-Ucraina, Parlamento aggirato
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L’accordo di cooperazione tra Ucraina e Italia impegna il nostro Paese a continuare l'assistenza militare all’Ucraina, ma non sarà giuridicamente vincolante. Così si evita un dibattito parlamentare che invece sarebbe necessario.
L’accordo di cooperazione tra Ucraina e Italia (a questo link il testo disponibile solo in lingua inglese sul sito del Governo) si compone di 20 articoli ed è stato firmato il 24 febbraio a Kiev dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky: di durate decennale, impegna l’Italia a continuare a fornire assistenza militare all’Ucraina.
«L’Italia continuerà a sostenere l’Ucraina nei suoi sforzi per difendersi finché sarà necessario» e a «fornire assistenza all’Ucraina nel mantenere la sua difesa di alta qualità e la superiorità militare nelle condizioni di trasformazione politica e di sicurezza regionale rapida, incerta e complessa» si legge nel testo. «Nel caso di un futuro attacco armato da parte della Russia all’Ucraina», Roma e Kiev «si consulteranno entro 24 ore per determinare le opportune misure successive necessarie per contrastare o contenere l’aggressione», aggiunge il documento.
L’intesa prevede che i due Paesi «lavoreranno insieme e con altri partner dell’Ucraina per garantire la capacità delle forze di sicurezza e di difesa dell’Ucraina di ripristinare completamente l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e di aumentare la resilienza dell’Ucraina affinché sia sufficiente a scoraggiare e difendersi da futuri attacchi e coercizioni».
Inoltre l’accordo precisa che Roma e Kiev «coopereranno nella creazione di forze sostenibili in grado di difendere l’Ucraina ora e di scoraggiare l’aggressione russa in futuro».
Nel documento si ricorda che «dall’inizio della guerra l’Italia ha sostenuto in modo globale l’Ucraina, fornendo assistenza in vari settori. Tra questi, 110 milioni di euro sono stati stanziati per il sostegno al bilancio, 200 milioni di euro per prestiti agevolati, 100 milioni di euro per gli aiuti umanitari, 820 milioni di euro per il sostegno ai rifugiati ucraini in Italia, circa 400 milioni di euro per il sostegno macrofinanziario, 213 milioni di euro per sostegno allo sviluppo, 200 milioni di euro a sostegno della sostenibilità energetica dell’Ucraina» e ha «fornito all’Ucraina 8 pacchetti di aiuti militari nel 2022 e nel 2023 e intende mantenere lo stesso livello di sostegno militare aggiuntivo nel 2024».
Costi sostenuti da Roma per un totale di oltre 2 miliardi senza contare il valore degli equipaggiamenti militari forniti e soprattutto i costi che la Difesa dovrà sostenere per rimpiazzare armi, mezzi, equipaggiamenti e munizioni ceduti a Kiev. Difficile quantificare tali costi ma, volendo fare un confronto con la Germania (il cui supporto militare all’Ucraina è però molto più ampio di quello italiano e secondo solo a quello statunitense), occorre evidenziare che solo per ripianare le riserve di munizioni d’artiglieria che Berlino ha ceduto a Kiev occorreranno spese per 40 miliardi di euro.
«L’Italia continuerà a fornire assistenza all’Ucraina durante il periodo decennale del presente Accordo» e inoltre, «intende essere parte degli sforzi internazionali sia a livello bilaterale che con i partner per sostenere le forze di difesa dell’Ucraina e altre componenti della sicurezza nei loro sforzi di modernizzazione», si legge ancora nel documento.
A questo proposito, la base industriale-difesa italiana è pronta anche «a interagire con l’industria ucraina per sostenerla nel ripristino o nel consolidamento della produzione nazionale di attrezzature, materiali e munizioni». Inoltre, «sosterrà lo sviluppo delle Forze di Sicurezza e Difesa dell’Ucraina, incluso, ma non limitato alla progettazione delle future Forze Armate, la transizione ai concetti e alle procedure operative della NATO, la formazione del comando e del personale, esercitazioni congiunte e miglioramenti interoperabilità con gli alleati della NATO».
L’accordo prevede anche una serie di principi sulla cooperazione in materia di industria della difesa, di formazione e istruzione, di riforma del sistema di sicurezza e difesa dell’Ucraina, di intelligence e sicurezza informatica. Quanto al partenariato in materia economica, «l’Italia, insieme alle organizzazioni e ai partner internazionali, si impegna a partecipare al ripristino e alla ricostruzione dell’Ucraina», «continuerà a fornire sostegno all’Ucraina nella soluzione degli urgenti bisogni umanitari causati dalla guerra di aggressione russa, nella rapida ricostruzione delle infrastrutture critiche e sociali distrutte e dei mezzi di sostentamento, nonché nel creare le migliori condizioni per la ricostruzione della struttura socio-economica del Paese». La cooperazione tra Italia e Ucraina riguarderà infine l’energia e altre infrastrutture critiche.
Il documento non fa cenno all’entità dell’impegno finanziario che tale accordo comporterà per l’Italia ma precisa che i costi «saranno coperti» dalle due parti «in accordo con il budget ordinario disponibile, senza alcun costo aggiuntivo per il bilancio dell’Italia e dell’Ucraina».
Questo sembra voler dire che ulteriori forniture di armi (Roma sta preparando da mesi l’ottavo pacchetto di aiuti militari) verranno sostenute in termini finanziari dal bilancio della Difesa.
Per comprendere quanto la firma di questo accordo leghi l’Italia ai destini dell’Ucraina occorre prendere in esame l’audizione alle Commissioni riunite Esteri della Camera e Esteri e Difesa del Senato del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani che il 22 febbraio aveva presentato l’intesa bilaterale.
Tajani ha precisato che «l’accordo ribadisce l’indipendenza territoriale dell’Ucraina e condanna l’aggressione russa» oltre a dare «una veste più strutturata al nostro impegno a favore di Kiev» il ministro ha poi aggiunto che «il valore di questo documento d’intesa con Kiev, è politico e simbolico per lanciare un messaggio chiaro a favore della difesa del diritto internazionale».
Tajani ha aggiunto che «il nostro accordo – come quelli stipulati da Francia, Germania e Regno Unito – non sarà giuridicamente vincolante. Dal testo non derivano obblighi sul piano del diritto internazionale, né impegni finanziari. Non sono previste garanzie automatiche di sostegno politico o militare. Come quella dei nostri partner, anche la nostra intesa bilaterale non richiederà, quindi, la procedura di ratifica parlamentare».
Di fatto quindi si tratta di un altro accordo, come quelli sottoscritti da Kiev con altri partner NATO, che non impegna nessuna nazione firmataria a farsi trascinare in guerra contro la Russia né a mantenere gli impegni di principio assunti con la firma dell’accordo. Tali accordi hanno in realtà un valore simbolico e politico soprattutto per Zelensky che nel luglio scorso ha dovuto accettare il rifiuto della NATO a garantire all’Ucraina l’adesione. Il governo ucraino pubblicizza tali accordi per mostrare all’opinione pubblica interna qualche forma di garanzia che nessuno in realtà intende offrire a Kiev proprio per non rischiare di farsi trascinare nel confronto bellico con la Russia.
L’assenza di vincoli, che sarebbero invece inclusi in un vero e proprio “trattato di sicurezza” consente al governo di non chiedere il via libera al Parlamento per la firma dell’accordo avvenuta il 24 febbraio a Kiev. Ciò nonostante, considerando il dibattito politico italiano sul tema della guerra e lo scarso consenso popolare circa l’ulteriore fornitura di aiuti militari all’Ucraina, un dibattito a Camera e Senato avrebbe forse permesso un confronto ampio e circostanziato sul ruolo nazionale in un conflitto che ha pesanti ripercussioni sull'Italia e l’Europa.
Del resto ieri Tajani è tornato sul tema dichiarando: «Che si debba arrivare alla pace in Ucraina è evidente, detto questo una sconfitta dell'Ucraina si trasforma in una resa, in una occupazione dell'Ucraina da parte della Russia, non nella pace. Noi vogliamo che Kiev sia in grado di sedersi a un tavolo da pari a pari e discutere un accordo. Noi continueremo ad aiutare Kiev come abbiamo sempre fatto in termini di aiuti economici, politici, militari, anche per la ricostruzione, e sanzioni alla Russia. Stiamo difendendo il diritto internazionale».