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REGIONE LOMBARDIA

Aborto, la guerra dei Radicali all'obiezione di coscienza

In Regione Lombardia i leader Radicali presentano una proposta di legge per rendere l'aborto ancora più accessibile  e mettere all’angolo gli obiettori. Ecco quindi falsità totali sugli accessi alle ivg e corsi maoisti per indurre l’obiettore a disertare dalle linee nemiche per poi arruolarsi tra le file dei sostenitori del feticidio.

Vita e bioetica 01_12_2019

I Radicali si stanno muovendo in Lombardia per strangolare l’istituto dell’obiezione di coscienza, vera spina nel fianco del movimento abortista. Infatti presso la Regione Lombardia è al vaglio una Proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo “Disciplina dell'applicazione della Legge 22 maggio 1978, n. 194, nel territorio della Regione Lombardia” per iniziativa dei leader radicali Sara Martelli e Barbara Bonvicini (come prime firmatarie). Una vera e propria dichiarazione di guerra contro quei medici che non vogliono sporcarsi le mani con sangue innocente.

Nella Relazione introduttiva alla proposta si può leggere: «A quarant’anni dalla pubblicazione della Legge 22 maggio 1978, n. 194, Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, l'accesso ai servizi che dovrebbero garantirne l'applicazione è difficile e, a volte, addirittura ostacolato. Anche in Lombardia le donne faticano a vedere riconosciuto il proprio diritto ad un aborto sicuro, a ricevere informazioni sulla sua prevenzione e ad accedere alla contraccezione, d'emergenza e non».

Ciò è falso. Infatti, come è emerso da uno studio del 2012 del Comitato Nazionale di Bioetica, organo consultivo del governo, e come confermato da un’indagine conoscitiva voluta dal Ministero della Salute nel 2016, laddove ci sono più medici obiettori i tempi di attesa all’aborto diminuiscono e viceversa. «I tempi di attesa sono dunque connessi all’organizzazione dell’ospedale e non al numero di obiettori. Inoltre negli anni il numero di medici obiettori è aumentato, ma è rimasto invariato quello dei medici non obiettori. E dato che il numero di aborti chirurgici legali è diminuito, questo ci porta a dire che il carico di lavoro per i medici non obiettori è diminuito anch’esso negli anni. Ed infatti il carico medio di lavoro per i medici non obiettori è pari a 1,7 interventi la settimana (meno di un'ora di lavoro a settimana).

Lavorano così poco che più di un decimo di essi non è assegnato ad interventi abortivi perché non c’è bisogno». C’è poi da aggiungere che, triste a dirlo, tutti gli aborti richiesti dal 1978 ad oggi sono sempre stati eseguiti. Lo testimonia il fatto che non si è celebrato un solo processo per “aborto mancato”. Quindi, ahinoi, l’obiezione di coscienza non riesce ad inceppare neppure di poco gli ingranaggi della macchina abortiva che in più di 40 anni ha provocato circa sei milioni di vittime (senza contare i nascituri morti per aborto clandestino, per le metodiche contraccettive e la fecondazione artificiale).

La Relazione introduttiva così continua: «In concomitanza alle difficoltà di accesso ai servizi, si registrano sempre più frequenti notizie relative all'aumento numerico degli aborti clandestini, soprattutto in esito all’impiego di farmaci abortivi acquistati via Internet, con tutti i rischi che ne conseguono per la salute delle donne in particolare quelle in posizione di maggiore fragilità».

Due rapide riflessioni. La prima: chi è causa del suo mal, pianga se stesso. È stato il fronte pro-choice a spingere per avere l’aborto chimico – di più facile accesso, quasi fosse un aborto on demand - ed ora questo stesso fronte si lamenta della sua diffusione incontrollata? In secondo luogo l’aumento di aborti clandestini è la prova provata del fallimento della politica, assolutamente pretestuosa, che voleva legalizzare l’aborto per strapparlo alla clandestinità.

Passiamo all’analisi per sommi capi del testo della Proposta di legge. Tale proposta intende istituire presso la Giunta regionale un Centro Regionale di Informazione e Coordinamento per l’applicazione nel territorio regionale della legge 22 maggio 1978, n. 194. Ciò che salta all’occhio immediatamente nel leggere le funzioni di questo Centro sta nel fatto che l’applicazione della 194 è intesa a senso unico: privilegiare solo quelle parti della norma che favoriscono l’aborto. Quelle sezioni che invece rappresentano o un ostacolo all’aborto, vedi l’obiezione di coscienza, o alternative all’aborto – dovrebbe essere dovere dei consultori e dei medici proporre innanzitutto soluzioni diverse rispetto all’aborto (il condizionale è d’obbligo perché la legge è costruita in modo tale che questi obblighi possano essere evasi) – tali sezioni, dicevamo, non vengono citate dalla Proposta di legge oppure quest’ultima esplicitamente dichiara a loro guerra. Ad esempio si afferma che dovrà prevedersi «un adeguato monitoraggio dell'obiezione di coscienza» (cfr. Relazione introduttiva). Dunque gli obiettori di coscienza saranno sorvegliati speciali. In sintesi questa è una proposta di legge che mira a mettere all’angolo gli obiettori e rendere l’aborto ancor di più facile accesso.

Infatti i compiti specifici del Centro menzionato sopra sono far pubblicità all’aborto, diffondere l’informazione che si può abortire anche all’ultimo minuto per asseriti motivi urgenti e rendere ancor di più facile accesso l’uso delle pillole abortive. Non una parola sul fatto che le donne, anche ex lege 194, dovrebbero essere dissuase dall’intraprendere l’iter abortivo e che, scelta ovviamente residuale, hanno il diritto di non riconoscere il figlio, diritto che può essere esercitato anche dopo un mese dalla sua nascita. Nulla di tutto questo: i radicali vogliono più aborto per tutte. Solo questo.

Il Centro poi dovrà coordinare le prenotazioni e dovrà monitorare l’attività dei consultori che sono già oggi degli abortifici perfetti, anche perché in quei luoghi troverete solo personale abortista, dato che gli obiettori sono esclusi dai colloqui dissuasivi.  Inoltre si prevede che la procedura relativa al cosiddetto aborto farmacologico avvenga «in regime ambulatoriale o di ricovero a giornata». Ma, ci domandiamo, questo iter è valido anche quando la procedura abortiva dovesse durare più giorni come nel caso di somministrazione della RU486? Dunque si dirà alla donna di espellere il feto a casa sua? A margine ricordiamo che la legge 194 prevede che tutto l’iter abortivo debba avvenire nella struttura ospedaliera. Eppure la proposta di legge lombarda mira alla applicazione piena della 194. Curiose contraddizioni.

Proseguiamo. La legge prevede dei corsi per personale ospedaliero per affinare le tecniche abortive e «per una consapevole scelta riguardo all'obiezione di coscienza». Ritorna il nemico numero uno dell’aborto: il medico obiettore. Il fronte progressista è spaventato a morte da un numero: 70. È la percentuale dei medici obiettori. È un numero che dichiara in modo inequivocabile che l’aborto è un assassinio prenatale, perché a dircelo sono gli addetti ai lavori. Dunque occorre dissuadere i medici, soprattutto le giovani leve, dal diventare obiettori. Ecco quindi corsi maoisti per indurre l’obiettore a disertare dalle linee nemiche per poi arruolarsi tra le file dei sostenitori del feticidio.

In chiusura un dato che non sarà il più importante dal punto di vista giuridico e morale, ma che per alcuni potrebbe essere il più fastidioso dato che interessa il proprio portafoglio. Il Centro e le attività connesse costeranno ai lombardi 500mila euro solo per il primo anno. Il tutto per diffondere ancor più la pratica abortiva che, nuovamente, verrà pagata dai contribuenti. Pro-life inclusi.