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Aborto a processo, venduti cuori e teste di bambini

A San Francisco è in corso lo ‘strano’ processo che vede imputati, per “registrazioni illegali”, David Daleiden e Sandra Merritt, i giornalisti sotto copertura che tra il 2014 e il 2015 fecero emergere lo scandalo - con al centro Planned Parenthood - della compravendita di organi e tessuti di bambini abortiti. E ora una dirigente ammette che la sua azienda di biotech ha venduto a “ricercatori medici” cuori battenti e teste di bambini. Ecco le cronache dell’orrore.

Vita e bioetica 12_09_2019

Da alcuni giorni è in corso a San Francisco, in California, l’udienza preliminare di uno strano processo, dove stanno emergendo - per sostanziale ammissione delle stesse persone coinvolte nello scandalo - verità da far raggelare al solo pensiero, come il commercio e lo sfruttamento di cuori battenti e teste di bambini nati vivi o abortiti. Un processo “strano” perché coloro che stanno dalla parte dei carnefici figurano tra le persone offese, mentre coloro che hanno impegnato tempo e talenti a favore delle vittime (i bambini) figurano sul banco degli imputati.

Ebbene, delle persone “offese”, comprese coloro che si soffermavano sui prezzi dei tessuti di bambini davanti a bicchieri di vino e piatti di insalata, sono pubblicabili solo nomi processuali in codice; gli imputati sono invece noti e i loro nomi pubblicabili: si tratta di David Daleiden e Sandra Merritt, giornalisti investigativi del Center for Medical Progress (Cmp), che tra il 2014 e il 2015 parteciparono sotto copertura alle riunioni annuali della National Abortion Federation, filmando attraverso videocamere nascoste i dialoghi avuti con dirigenti della Planned Parenthood e di aziende biotecnologiche variamente coinvolte nel traffico di tessuti e organi fetali.

Dopo l’emersione dello scandalo, su cui la Nuova Bussola ha già scritto (clicca qui, qui, qui e qui), si è messa in moto la contraerei dei sostenitori dell’aborto e - oltre al divieto, emesso dal giudice federale William Orrick III, di pubblicare i video - Daleiden e la Merritt sono stati sottoposti a una persecuzione giudiziaria: nel procedimento in corso a San Francisco rispondono in totale di 15 accuse di reato, di cui 14 per «registrazioni illegali» e una per «associazione a delinquere» (conspiracy). Inoltre, Daleiden è stato multato di 195.000 dollari dallo stesso Orrick, che a sua volta ha stretti legami con l’industria dell’aborto.

E quello di Orrick non è nemmeno l’unico conflitto di interessi in gioco. Anzi, ve ne sarebbe uno dalle proporzioni enormi, stando a quanto reso noto nel processo di San Francisco dall’agente speciale Brian Cardwell, il quale ha testimoniato che l’ordine di perquisire Daleiden partì, nella primavera del 2015, da una delle rappresentanti più in vista dell’amministrazione Obama, ossia il procuratore generale degli Stati Uniti (l’equivalente del nostro ministro della Giustizia), Loretta Lynch, a sua volta sollecitata dall’avvocato capo della filiale californiana di Planned Parenthood, ampia finanziatrice delle campagne del Partito Democratico americano, a sequestrare i documenti e le apparecchiature usate per le registrazioni. Su questo fatto riferisce Stefano Magni in un articolo a parte.

L’udienza preliminare di San Francisco è iniziata il 3 settembre con la proiezione di uno dei video girati da Daleiden nel 2014, in cui si sente un’abortista - nome processuale “Doe 3” - descrivere il bambino in grembo come un «piccolo oggetto tenace». Come riferisce Life Site News, che sta seguendo il processo dal vivo, la stessa donna, oggi in pensione, spiegava nel dialogo registrato di nascosto che abitualmente uccideva i nascituri con la digossina, perché questo avrebbe dato a lei e alla madre più «tranquillità».

Quando poi, il giorno dopo, “Doe 3” è stata chiamata a testimoniare, si è vantata davanti alla corte di aver partecipato a un documentario sull’aborto tardivo trasmesso dalla Pbs. «Non ero in alcun modo riservata sul fatto di essere una fornitrice di aborti», ha spiegato lei: «Io amavo il mio lavoro». Riguardo alla digossina, usata per sopraffare il cuore del nascituro, “Doe 3” ha detto che faceva un’iniezione per i bambini oltre le 18 settimane di gravidanza, con il fine di ucciderli prima di indurre il travaglio: «Il nostro tasso di fallimento è di circa il 2%». La donna ha anche testimoniato che «uno dei peggiori incubi» per una clinica abortiva si avvera se, a seguito di un aborto fallito, «un feto vivo viene partorito fuori dal centro», come in un hotel, dove in genere il personale manda le donne che hanno seguito la via dell’aborto chimico. Sempre “Doe 3” ha affermato che un aborto tardivo in cui il travaglio è indotto attraverso il misoprostolo può richiedere fino a quattro giorni prima dell’espulsione del corpicino.

Proseguiamo con le cronache dell’orrore. Un’altra delle parti offese, identificata come “Doe 12” (Cate Dyer), amministratrice delegata di StemExpress, ha di fatto dovuto ammettere durante l’udienza che la sua azienda biotecnologica, come riassume Life Site nel suo resoconto, «fornisce a ricercatori medici cuori fetali battenti e teste fetali intatte». La dirigente ha anche ammesso che la testa del bambino viene fornita ai “ricercatori” o attaccata al resto del corpo oppure «potrebbe essere strappata via». Bambini decapitati. Uno degli avvocati di Daleiden, Peter Breen, sebbene inorridito, ha cercato di dare una spiegazione al giornale pro life americano rispetto a quanto testimoniato da “Doe 12”: «Se hai un feto con una testa intatta e un corpo intatto, e gli arti intatti, potrebbe indicare che il bambino è nato vivo, e poi gli sono stati tolti gli organi, o che quel bambino è stato vittima di un aborto illegale a nascita parziale», eseguito con l’aspirazione del cervello. «Entrambi sono atti raccapriccianti e violenti».

Nel dialogo registrato da Daleiden, “Doe 12” spiegava in tranquillità che c’è una grande domanda di «tessuto fetale fresco» (raw), mentre in tribunale si è mostrata più reticente. Tra i clienti riforniti dalla StemExpress figura l’Università di Stanford, dove viene usata una tecnica nota come “Cuore di Langendorff”, che «richiede un cuore battente», come ha osservato ancora Breen. Le ammissioni più terribili di “Doe 12” sono arrivate proprio sotto le domande incalzanti dell’avvocato della difesa, che a un certo punto ha chiesto alla donna: «La StemExpress fornisce cuori fetali a Stanford?». Lei ha esitato a rispondere, adducendo come giustificazione che «c’è tanto bersagliamento dei ricercatori», ma il giudice Christopher Hite l’ha esortata a dare una risposta, giudicando pertinente la domanda. «Sì, abbiamo fornito tessuto cardiaco a Stanford».

Eppure, sotto processo - repetita iuvant - sono coloro che hanno fatto emergere lo scandalo, Daleiden e la Merritt (a sostegno dei quali è stata lanciata una petizione da Life Site), che rischiano fino a 10 anni di prigione in base alla legge sulle registrazioni illegali: si tratta della «prima volta nella storia della California», ha detto Breen all’inviata Lianne Laurence, che un procuratore generale dello Stato (prima Kamala Harris, poi Xavier Becerra, entrambi democratici e abortisti convinti) persegue qualcuno ai sensi di quella legge e che lo faccia «contro un giornalista sotto copertura».

In perfetto stile diabolico, è il segno di un mondo dalla giustizia capovolta, dove carnefici con i guanti bianchi interpretano la parte degli accusatori.