“Abbiamo bisogno di san Giuseppe!”. Il perché in un libro
Il libro di Ermes Dovico ("San Giuseppe. Maestro per ogni stato di vita", nuova uscita della nostra collana, ndr) è composto da quattordici capitoletti, uno più bello dell’altro, agili, profondi, che attingono dalla sana Tradizione le “pennellate” che ci illustrano la bellezza e la grandezza del santo. San Giuseppe è un segno per tutti noi. Un’evidenza. Una presenza imprescindibile, soprattutto da quel giorno in cui apparve a Fatima...
San Giuseppe viene sovente esaltato, nella riflessione spirituale, come il santo del silenzio, dell’umiltà, del nascondimento. Tutto vero, ed è giusto considerare queste virtù come elementi essenziali della sua vita, sia a Nazaret nel tempo, sia nella storia della Chiesa, nella quale appare sempre, come si suol dire, come santo “dietro le quinte”.
Ma quando ho considerato l’ultima apparizione di Fatima (13 ottobre 1917), tutto mi si è ribaltato. Ecco quanto videro i pastorelli e come Lucia descrive la visione finale: “Vedemmo san Giuseppe con il bambino Gesù e la Madonna: la sacra Famiglia. San Giuseppe, vestito di bianco, teneva il bambino Gesù, vestito di rosso, nelle braccia. La Madonna, alla destra del sole, era vestita di rosso e con il manto azzurro. San Giuseppe tracciò per tre volte, nell’aria azzurra, una croce, benedicendo quell’immensa moltitudine inginocchiata nella Cova fangosa”.
Ma come, la benedizione viene data da san Giuseppe, pur essendo presenti sia la Vergine Maria che il Salvatore, il Signore Nostro Gesù Cristo? Come mai, per quale motivo? Ciò non si era mai visto prima…
San Giuseppe poi appare vestito di bianco, non con il consueto abito di colore marrone con il quale ce lo immaginiamo, o con il grembiulone del falegname. Bianco è il colore della gloria, ma anche della purezza. Dunque, qui a Fatima Giuseppe emerge come non mai, ma certo non per volontà sua. Lo fanno emergere. Dio gli dà, in quel momento, un ruolo di emergenza.
Sappiamo poi il significato delle apparizioni di Fatima, nella loro globalità, per questo tempo e questo secolo. Dio vuole instaurare nel mondo (lo dice chiaramente la Madonna) la devozione al Cuore Immacolato di Maria; Ella chiede ai pastorelli (e con loro a tutti noi) di offrire preghiere e sacrifici per la riparazione dei peccati e per la conversione dei peccatori; ci dà, in altri termini, la ricetta per interpretare questo secolo e per uscire dal baratro nel quale il mondo intero, ribelle a Dio, sta precipitando. Ed ecco, come suggello delle apparizioni, il segno grandioso apparso nel cielo: non “una donna vestita di sole”, da sola; non il divin Redentore nella sua maestà, da solo, ma san Giuseppe che tiene in braccio il bambino e la santa Vergine al suo fianco. San Giuseppe che benedice il mondo.
San Giuseppe, dunque, ora è un segno per tutti noi. Un’evidenza. Una presenza imprescindibile. Silenzioso quanto si vuole, umile quanto si vuole (e certamente più di tutti noi), ma con un ruolo preciso. Egli è più che mai il Patrono della Chiesa universale, più che mai il “terrore dei demoni”, egli è colui che ora benedice il popolo di Dio. È l’interprete della croce.
Dobbiamo dunque conoscerlo sempre meglio, invocarlo sempre di più.
Ermes Dovico si è cimentato in una ricerca approfondita per far emergere la figura del santo dal tesoro della Tradizione e degli scritti dei santi. In tanti, infatti, hanno scritto di lui, ma è giusto e doveroso che venga tracciata, per questo tempo, una sintesi utile e agile, per far conoscere e far pregare. Non si tratta quindi ora di una devozione singola da rafforzare: si tratta di collegarci con il Cielo – con quel cielo di Fatima – laddove san Giuseppe benedice tenendo tra le braccia Gesù bambino, egli, l’unico che fu degno di tenerlo a Nazaret, egli che ora lo mostra come Salvatore, ma che al contempo riceve dal Salvatore stesso il potere di benedire il mondo.
Abbiamo bisogno di san Giuseppe!
Egli non prende il posto di nessuno, naturalmente, e men che meno di Gesù o della Vergine Maria, ma ora non possiamo distaccare i tre che sono apparsi in un unico quadro. È Dio che benedice, sì, ma per mano di Giuseppe. Come d’altro canto è nella santa Messa: è Dio che fa tutto, ma la voce e il gesto è del sacerdote in carne ed ossa, povero semplice uomo.
Il libro è composto da quattordici capitoletti, uno più bello dell’altro, agili, profondi, che attingono dalla sana Tradizione le “pennellate” che ci illustrano la bellezza e la grandezza del santo, che fu amato da Gesù e da Maria in terra e in Cielo. Al termine sono riportate le preghiere a san Giuseppe, perché non si può leggere un testo così senza alla fine gettarsi in ginocchio, come fecero i pellegrini quel giorno alla Cova d’Iria, e alzare le mani al Cielo invocando la preghiera e la benedizione di san Giuseppe.
Voglia il Signore Gesù accogliere la nostra supplica e la nostra preghiera, voglia la divina Provvidenza rendere efficace quella santa benedizione di Fatima.
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