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PARADOSSI

A che serve l'obbligo se il 70% degli italiani è vaccinato

L’Italia va verso l’obbligo vaccinale anti-Covid, seguendo l’esempio dell’Indonesia, della Micronesia e del Turkmenistan, unici tre Stati al mondo che, attualmente, prescrivono la vaccinazione obbligatoria per tutta la popolazione. Eppure siamo fra i popoli più vaccinati del mondo, ben al di sopra della media europea. E allora perché?

Editoriali 04_09_2021
Vaccini arrivati a Pratica di Mare

L’Italia va verso l’obbligo vaccinale anti-Covid, seguendo l’esempio dell’Indonesia, della Micronesia e del Turkmenistan, unici tre Stati al mondo che, attualmente, prescrivono la vaccinazione obbligatoria per tutta la popolazione (il Turkmenistan per i maggiorenni) e non solo per determinate categorie. Ce n’era proprio bisogno?

Se ci liberassimo della continua, martellante, campagna propagandistica a reti unificate, constateremmo, almeno, che l’Italia è ai primi posti al mondo per popolazione vaccinata. Se guardiamo ai vaccinabili (dai 12 anni in su), in Italia è completamente vaccinato il 61,36% e poco più del 71% ha ricevuto almeno una dose. In Indonesia, Stato apripista dell’obbligo, è coperto completamente solo il 24% dei vaccinabili. Il Turkmenistan e la Micronesia non hanno fornito dati aggiornati. In compenso l’Italia ha superato, in proporzione, sia il Regno Unito, sia Israele, che all’inizio erano in testa nel mondo. Ora siamo a pari merito della Francia e della Norvegia, fra i primi 10 in Unione Europea e comunque ben al di sopra della media Ue (che è al 64,8% di copertura con almeno una dose e 58,4% copertura completa). Se siamo fra i primi, vuol dire che la stragrande maggioranza degli italiani ha voluto vaccinarsi. Se la campagna è partita lentamente ed eravamo molto indietro, non solo rispetto a Israele e Regno Unito, ma anche agli altri Stati membri dell’Ue, lo dovevamo ad errori del governo Conte.

Si è partiti, unici in Europa, col vaccinare una serie di categorie professionali che, nella maggior parte dei casi, non avevano nulla a che vedere con i lavoratori più esposti al contagio del Covid: non solo medici e infermieri, ma in generale tutti gli “operatori sanitari” inclusi tecnici e amministrativi, insegnanti (che lavoravano in Dad) e dipendenti di scuole e università (in smart working), avvocati, magistrati e dipendenti dei tribunali (anch’essi in smart working). Esaurite tutte queste categorie si è passati alla vaccinazione per fascia d’età. I novantenni, mediamente, hanno visto i primi vaccini fra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. In Lombardia è andato peggio che altrove (ma peggio ancora in Sardegna e Calabria) per errori nei sistemi di chiamata che hanno rallentato ulteriormente i tempi di attesa.

La fornitura delle dosi, anche per merito della politica centralizzata dell’Ue, era insufficiente. La confusione sul vaccino su cui aveva puntato il commissario Arcuri, il britannico-svedese AstraZeneca, è stato un altro fattore di rallentamento. Ordini e contrordini lo hanno prescritto prima solo per i minori di 55 anni, poi, dopo i primi casi di morti per trombosi, solo per i maggiori di 60 anni, ma comunque non per i maggiori di 80, per i quali c’era sempre Pfizer. Chi aveva già ricevuto una dose di AstraZeneca ha poi avuto mille dubbi se farsi inoculare Pfizer per la seconda dose, cioè un vaccino basato su una tecnologia completamente diversa.

In tutto questo, i giornalisti, invece di contribuire a fare chiarezza e lungi dal voler infondere calma, hanno iniziato da subito a urlare contro nemici pubblici. Prima hanno urlato contro i “furbetti del vaccino”, cioè quelli che provavano a saltare la fila, facendosi vaccinare anche se non era stata ancora chiamata la loro classe di età o la loro categoria professionale. Invece di incentivare una maggior velocità della campagna, si preferiva sprecare dosi preziose pur di mantenere la disciplina collettiva di un popolo in coda. Poi i media si sono scatenati contro AstraZeneca. Ogni riferimento al fatto che fosse prodotto nel Regno Unito (quindi Brexit) deve essere stato puramente casuale. Ma intanto, dopo questa campagna, la gente ha iniziato ad aver seriamente paura dei vaccini nel loro insieme, senza distinguere troppo la marca. Infine i media si sono scatenati violentemente contro i no-vax, poi i no-green pass e nessuno si è accorto che sono l’opposto dei “furbetti”, dei precedenti nemici del popolo di appena pochi mesi fa.

Con una falsa partenza simile, con un’informazione che ha diffuso un po’ di terrore e un po’ tanto odio c’è veramente da stupirsi che oltre il 70% dei vaccinandi, dai 12 anni in su, si sia fidato ancora di quel che passava lo Stato. Eppure, in uno scenario del genere, il governo Draghi ha pensato bene di introdurre (unico, assieme alla Francia) un obbligo indiretto di vaccinazione, attraverso l’istituzione dell’obbligo di Green Pass per accedere a una serie di servizi. Poi, da giovedì, ha sdoganato il concetto di obbligo di vaccinazione tout court, come in Paesi in via di sviluppo che hanno meno di un terzo delle persone vaccinate rispetto all’Italia (sempre in rapporto alla popolazione).

Perché? Forse proprio a causa dell’odio che viene sprigionato nelle dichiarazioni dei giornalisti e riflesso nei voti dei politici. Quello deve essere l’unico vero motivo. In ogni Paese c’è sempre una percentuale minoritaria di persone che rifiuta la vaccinazione, ma la cultura italiana attuale, a quanto pare, non la può tollerare. I non vaccinati non devono più esistere. Solo in parte si può spiegare questo odio per i non vaccinati (che non necessariamente sono militanti no vax) con l’idea, quasi salvifica, che se tutti fossimo vaccinati, il virus smetterebbe di circolare. Questa nozione pseudo-medica è già stata smentita dalla realtà di vaccinati che contraggono il virus e contagiano altri, in un numero inferiore di casi rispetto ai non vaccinati possono anche finire in ospedale e possono anche morire. Il vaccino non è una bacchetta magica, non serve a eradicare il Covid. Serve a ridurre la gravità dei sintomi. Molti ripetono, sui social, la filastrocca che se ci sono dei non-vaccinati, il virus circola fra loro, muta e così “buca” la protezione dei vaccinati. Di filastrocca si tratta, appunto: nel mondo ci sono miliardi di persone non vaccinate, fra cui, ancora per mesi o anni, il virus continuerà a circolare e mutare. Il virus non ha confini. E nessuno pretende di raggiungere l’immunità di gregge mondiale, entro l’anno. Vaccinare anche il 100% degli italiani non fermerebbe le mutazioni, sarebbe solo una goccia nel mare. Però l’idea che siano i non vaccinati (italiani) a provocare le mutazioni del virus e quindi a mettere a rischio l’efficacia dei vaccini, è una delle tipiche nozioni mal digerite che però bastano per aizzare l’odio contro i nuovi untori.

Quindi è l’odio, sempre, il motore del tutto. Si impone l’obbligo, perché si odia una parte della popolazione: i “deplorables” che non si vaccinano. Perché la nostra classe dirigente sta in piedi, non unificando, ma dividendo la popolazione.