5 anni di Rosari in piazza per i cristiani perseguitati
Il 20 agosto di cinque anni fa, al culmine del terrore dell’Isis, centinaia di fedeli riempivano il centro di Rimini per il primo Rosario organizzato dal Comitato Nazarat. Da allora, nella sola Rimini, sono stati raccolti quasi 50.000 euro che hanno aiutato oltre 200 famiglie cristiane perseguitate in Medio Oriente. Diverse città si sono associate all’iniziativa, che si tiene ogni 20 del mese, usando le “armi” cattoliche della fede, della speranza e della carità.
- LE TESTIMONIANZE: «NOI, IN COMUNIONE CON I NOSTRI FRATELLI IN CRISTO»
Il Rosario in piazza a Rimini per i cristiani perseguitati compie cinque anni. Era la sera di mercoledì 20 agosto 2014 quando alcune centinaia di persone riempirono il centro della Riviera romagnola. Iniziativa a dir poco insolita: chiedere a Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, l’intercessione a favore dei cristiani del Medio Oriente, cacciati dai loro Paesi, dispersi e in molti casi uccisi.
COM’È NATA L’INIZIATIVA
Alla fine di giugno di cinque anni fa, dalla moschea di Mosul, Abu Bakr al-Baghdadi aveva dichiarato la nascita del califfato. Tre mesi dopo l’Isis (o Daesh o IS che dir si voglia) aveva acquisito il controllo militare di un ampio territorio fra Siria e Iraq. Circa otto milioni di persone nel terrore. Ma nel mirino erano finiti soprattutto siriani e iracheni di confessione cristiana: minoranze sotto l’aspetto demografico, ma pur sempre un'insostituibile presenza da duemila anni nel tessuto civile e culturale di quei paesi.
Fu quello il momento in cui le abitazioni delle famiglie cristiane vennero segnate dai miliziani islamici con la lettera “nūn”, la venticinquesima dell’alfabeto arabo. “Nūn” come l’iniziale della parola Nazarat (o Nassarah, a seconda delle traslitterazioni nei nostri caratteri), cioè Nazareno.
Ci limitiamo ad alcuni dati, pur se incompleti e parziali, per rendere conto dell'ampiezza del fenomeno. Circa 20.000 famiglie della Piana di Ninive furono costrette a fuggire; in una sola notte, quella fra il 6 e il 7 agosto 2014, 125.000 cristiani iracheni dovettero abbandonare terre e abitazioni per emigrare nel Kurdistan interno, mentre altri 110.000 rimasero come rifugiati nella zona di Erbil e Duhok (dati tratti da Aiuto alla Chiesa che soffre).
Ma oltre ai trattamenti disumani nelle zone di dominio del Califfato, fra Siria e Iraq, il resto lo fece la guerra. In migliaia di raid aerei si calcola siano state 100.000 (fonte: Il Sole 24 ore) le bombe sganciate fra il 2015 e il 2019 dall’aviazione della coalizione internazionale creata per arrestare l’avanzata dell’Isis, che al tempo sembrava inarrestabile.
Quando iniziarono le persecuzioni e gli esodi forzati, appunto cinque anni fa, a Rimini nacque spontaneamente l’«Appello all’umano». Sotto il nome di «Comitato Nazarat per i cristiani perseguitati in Medio Oriente» fu convocato un momento di preghiera pubblico, in piazza.
Semplicissima la struttura: Rosario, canti popolari tradizionali, testimonianza di un protagonista degli eventi (dal vivo, per lettera, in video, al telefono, a seconda delle possibilità del momento), raccolta di fondi. Senza alcuna protezione - va rimarcato - di “ombrelli” associativi né tantomeno ecclesiastici.
Altrettanto lineare lo scopo: rispondere con le risorse (stavo per dire “armi”) cattoliche della fede, della speranza e della carità alla sopraffazione, alle distruzioni, all’omologazione culturale che impone ancora oggi di tacere questi fatti. Non poteva essere un momento di emozione passeggera. Perciò il gruppo si ritrovò un mese dopo nella stessa piazza, e così avanti, il 20 di ogni mese. Con un passaparola spontaneo, l’iniziativa si dilatò via via ad altre città e Paesi; molti conventi e monasteri, dalle rispettive clausure, si unirono idealmente al gesto e lo fanno tuttora. Che senso abbia tutto questo, quale utilità e che cosa abbia generato nei partecipanti, non lo spieghiamo con un discorso ma lo affidiamo ad alcune testimonianze raccolte.
UN AIUTO ANCHE MATERIALE E CULTURALE
In questi cinque anni a Rimini sono stati raccolti poco meno di 50.000 euro. I soldi sono stati impiegati dal St. Ephrem Patriarchal Development Committee per il sostegno a oltre 200 famiglie fra quelle più vulnerabili, per la ristrutturazione delle case, per le operazioni chirurgiche e i trattamenti medici, per i vestiti a famiglie di persone disabili (campagna “Adotta una famiglia cristiana in Siria” di Orizzonti Onlus), e altri progetti di aiuto non solo materiale, ma anche culturale. Gli aiuti sono stati indirizzati anche all'Associazione Pro Terra Sancta, per il sostegno alla presenza francescana a Damasco e Aleppo e per i cristiani a Mosul.
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