
Il 19 marzo, in vista della Giornata mondiale dell’Acqua che si celebra il 22 marzo, le Nazioni Unite hanno presentato a Ginevra, durante la 40° sessione del Consiglio per i diritti umani, il Rapporto 2019 sullo sviluppo delle risorse idriche mondiali intitolato “Nessuno resti indietro”. Dal 2010 l’Onu riconosce come diritti umani l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari e ha inserito il traguardo di garantire a tutta la popolazione mondiale acqua e servizi sicuri tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, definiti nel 2015 con l’impegno a realizzarli entro il 2030. Attualmente nel mondo sono circa 2,1 miliardi le persone che non hanno accesso ad acqua potabile e 4,5 miliardi quelle che non dispongono di adeguate strutture igienico-sanitarie. Il traguardo di garantire acqua potabile a tutti è ancora lontano, si legge nel Rapporto pubblicato a cura dell’Unesco in collaborazione con le 32 istituzioni dell’Onu e i 41 enti internazionali che compongono l’agenzia UnWater, fondata nel 2003. “L’accesso all’acqua è un diritto vitale per la dignità di ogni persona – ha spiegato il direttore generale dell’Unesco Audrey Azoulay – sollecitando “una determinazione collettiva” per includere “quanti sono stati lasciati indietro nei processi decisionali, che potrebbero rendere questo diritto una realtà” per tutti. Il costo in vite umane è elevato. Secondo l’Onu ogni anno a causa di patologie dovute ad acqua contaminata muoiono 1,4 milioni di persone, in gran parte bambini. La situazione peggiore si riscontra nell’Africa sub sahariana dove il 24% della popolazione ha accesso all’acqua e il 28% usufruisce di servizi igienici non condivisi con altre famiglie. Secondo l’Onu dal 1980 il fabbisogno idrico è aumentato ogni anno dell’1% e dal 2000 si sono moltiplicate le guerre per l’acqua: 94 dal 2000 al 2009 e 263 dal 2010 al 2018.