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a ferro e fuoco

17enne ucciso da un agente: la Francia è tutta una banlieue

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A scatenare i disordini un video che ritrae l'uccisione del ragazzo, già noto alle forze dell'ordine. La condanna da parte di Macron dimentica però il clima di violenza (anche giovanile) che ora divampa senza freni. 

Esteri 30_06_2023

È un caos di auto in fiamme, incendi dei palazzi delle istituzioni, strade occupate per interdire il traffico di tram ed autobus — alcuni dei quali bruciati completamente –, petardi lanciati contro le forze dell’ordine, bande in passamontagna e armate di fucile, la Francia di Macron la mattina del 29 giugno. In una sola notte sono state arrestate 150 persone e mentre scriviamo il bilancio degli ufficiali feriti sale a 130 e la devastazione è ovunque.

A scatenare i disordini violenti è stata la diffusione sui social di un video che ritrae un agente, la mattina del 27 giugno, a Nanterre  — periferia ovest di Parigi — mentre spara e uccide un 17enne, che, alla guida di un’auto, si rifiuta di fermarsi ad un posto di blocco. Adesso, l’ufficiale è in arresto e contro di lui è stata aperta un’inchiesta per omicidio colposo. 

Il fatto di cronaca fa particolarmente discutere anche perché, nel 2017, la Francia, in seguito agli attentati di Nizza, ha approvato una legge che consente l’uso delle armi alle forze dell’ordine in casi di «assoluta necessità e in materia strettamente proporzionata», e al di fuori della legittima difesa, il che autorizza la polizia a sparare di più.

Nahel, il 17enne che ha perso la vita mentre guidava senza patente, era già noto alle forze dell’ordine: cinque rifiuti di fermarsi ad un posto di blocco — l’ultimo solo la settimana prima di perdere la vita — e dodici arresti per reati vari tra cui spaccio di droga. 

Uno dei primissimi a commentare i fatti è stato proprio Macron: «niente giustifica la morte di un giovane: è imperdonabile». Condannando immediatamente il poliziotto, il Presidente non ha lasciato che fosse la giustizia a dare sentenze. È il solito tranello in cui cade ancora la Francia: in nome dell’emozione si dimentica di condannare la violenza indifendibile.

E sebbene per due giorni anche la stampa internazionale ha provato a scagionare il ragazzino, la ricostruzione del pubblico ministero di Nanterre ha confermato la versione degli agenti. Avevano provato a fermare la Mercedes, con targa polacca, che Nahel guidava senza patente a gran velocità, e con la quale aveva già provato ad investire pedoni e ciclisti, per ben due volte prima dello scontro, poi fatale, con gli ultimi due agenti.  

A Nanterre, capoluogo del dipartimento Hauts-de-Seine, è difficile trovare un ragazzo che non sia mai stato fermato o posto in custodia dalla polizia. Un territorio fortemente interessato dall’immigrazione, che oggi è il 25,5% della popolazione, e che già nel 1981 era oggetto di attenzione per il dilagare di delinquenza, spaccio di droghe e immigrati allo sbando. È bastato poco così che la morte del ragazzino innescasse un’ondata di proteste violentissime nella banlieue di Nanterre, — non meno di 1.200 uomini sono stati mobilitati per ristabilirvi l’ordine solo il primo giorno. 

E in un baleno la rabbia è divampata in diversi distretti dell’Île-de-France — dove la strategia di riconquista repubblicana portata avanti da Emmanuel Macron dal 2017 tarda a dare i suoi frutti — e poi in lungo e largo nel Paese. Così, mentre il municipio di Mantes la-Jolie era ostaggio di molotov, bande incappucciate hanno effettuato incursioni contro la polizia e gli edifici pubblici ad Asnières, Colombes e persino a Clichy-sous-Bois. Anche Parigi non è stata risparmiata, con incendi e lanci di proiettili registrati nel 20° e 15° arrondissement.

I rischi di contagio sono stati presi molto sul serio dagli analisti del ministero dell’Interno, ma nessuno è riuscito a fermarli. E così che in una notte la realtà ha assunto le sembianze di uno scenario uscito da Netflix. A Garges-lès-Gonesse, Val-d’Oise, nella periferia parigina, il municipio è stato incendiato completamente. A Lione, e nei comuni del suo agglomerato, la polizia è stata bersaglio di fuochi d’artificio. A Villeurbanne il lancio di petardi contro un palazzo ha provocato la distruzione di almeno trentacinque appartamenti. Secondo il sindaco di Lione, in città sono stati in tantissimi a rivoltarsi contro la polizia. Sono state ben 25 le  stazioni distrutte in una notte in varie località. A Bezons, Val-d’Oise, i saccheggiatori hanno dato fuoco ad una scuola elementare. 

Approfittando dei disordini, s’è tentato anche di far evadere alcuni detenuti dal carcere di Fresnes. Il ministro della giustizia,  Éric Dupond-Moretti, è andato subito a far visita al carcere preso d’assalto: «Tutti quelli che sputano sulla polizia e sulla giustizia sono i complici morali di quello che sta succedendo». Per tutta la giornata di giovedì 29 giugno, le opposizioni di destra del Paese hanno chiesto l’istituzione dello stato di emergenza, e alcuni sindaci l’hanno adottato in autonomia nella serata di ieri fino a lunedì prossimo. 

Lo schema di queste rivolte è il solito degli ultimi trent’anni. «Spesso la sorgente è un intervento della polizia che finisce male. Poi, un sospetto di errore che genere un sentimento di ingiustizia che alimenta a sua volta una reazione di vendetta e rivolta. Per esperienza, la violenza urbana dura tre notti. In più, le celebrazioni dell’Eid — la festa musulmana del sacrificio ndr — condizionerà il ritmo degli eventi», dice al Le Figaro, il noto criminologo francese Alain Bauer

Anche Manuel Valls, l’ex primo ministro socialista della presidenza Hollande, ha voluto dire la sua: «Parlare di “americanizzazione della polizia”, di “polizia razzista”, di “polizia che uccide” è abietto. Senza nemmeno attendere la minima conclusione legale, una parte della sinistra sta lanciando una vera e propria vendetta contro la polizia. Vorrei leggere la stessa indignazione quando gli agenti di polizia vengono uccisi». E ancora, «i ribelli e i Verdi usano eventi drammatici per diffondere l’odio contro le forze dell’ordine». Quella forza di pubblico sicurezza che solo nel 2022 ha assistito a dimissioni a cascata: 10.840 agenti hanno lasciato, ovvero il 33% in più che negli ultimi quattro anni.

Nel pomeriggio di ieri, c’è stata anche una “marcia bianca” guidata dalla madre del ragazzo, che ha invaso Naterre con circa 6000 persone che indossavano magliette con su scritto “giustizia per Nahel”, “poliziotto assassino” e “la polizia ammazza”. E da manifestazione pacifica, come era stata annunciata, è degenerata immediatamente in scontri e ancora tante auto incendiate. 

La morte di Nahel lancerà la Francia in una guerra civile? Per l’ex ministro della Giustizia Rachida Dati, il Paese è una pentola a pressione. Intanto la Francia si blinda, polveriera in attesa della scintilla.



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