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GIUBILEO LETTERARIO / 9

1550, un Giubileo alla presenza di grandi santi e artisti

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Paolo III, il Papa che indisse il Concilio di Trento, organizzò con ogni cura anche il Giubileo del 1550, a cui pure non poté partecipare perché nel frattempo deceduto. Presenti invece grandi artisti, in primis Michelangelo, e santi, come Filippo Neri e Ignazio di Loyola.

Cultura 30_12_2024
Ritratto di Paolo III (di Tiziano), ritaglio

Il pontificato di Clemente VII fu segnato dal dilagare del luteranesimo, dal sacco di Roma (1527) e dalla rottura con re Enrico VIII che condusse allo scisma anglicano, culminato nell’Atto di Supremazia del 1534, approvato dal parlamento inglese poche settimane dopo la morte dello stesso Clemente VII. Sotto il suo successore, papa Paolo III, fu indetto il Concilio di Trento: un concilio ecumenico che voleva risanare la vita della Chiesa cattolica e riportarla alla purezza evangelica, attuando la Riforma cattolica o Controriforma (come fu successivamente chiamata).

Già da alcuni decenni si respirava un’aria di cambiamento all’interno della Chiesa. Il Concilio Lateranense V (1512-1517) non era approdato ad alcun esito significativo. Tra il 1530 e il 1540 gruppi intellettuali ripresero il proposito di una riforma dottrinaria e organizzativa della Chiesa per rendere possibile la riconciliazione con i protestanti e il ritorno all’unità. Anch’essi non riuscirono nel loro intento. Nacquero nuovi ordini religiosi caratterizzati dalla scelta della povertà e della purezza evangeliche (i Teatini e i Cappuccini, approvati dal Papa rispettivamente nel 1524 e nel 1528), della predicazione unita alla carità (i Barnabiti, approvati per la prima volta nel 1533) e dell’istruzione ed educazione dei poveri e degli orfani (i Somaschi, approvati nel 1540).

Sant’Ignazio di Loyola fondò nel 1534 la Compagnia di Gesù (riconosciuta nel 1540) che si impegnò in una battaglia contro il protestantesimo e che profuse gran parte del suo impegno per l’educazione dei giovani.

In questo clima di speranza di rinnovamento e di superamento delle divisioni interne alla Chiesa si aprì, nel dicembre 1545, il Concilio di Trento, città ai confini con il mondo germanico. Con lunghe interruzioni, il Concilio si protrasse fino al 1563. Le speranze di riconciliazione tramontarono, ma si posero le premesse per il rinnovamento della Chiesa: furono ribaditi il primato del Papa e l’ordinamento della gerarchia ecclesiastica; fu divulgata la dottrina attraverso il Catechismo Tridentino (1566); fu promossa l’istruzione religiosa e culturale del clero attraverso i seminari; fu esteso il controllo, anche preventivo, sulla produzione culturale attraverso la Congregazione dell’Indice.

Oltre a indire il Concilio di Trento, Paolo III organizzò con ogni cura il Giubileo del 1550. Fece in modo che a Roma arrivasse una quantità maggiore di derrate alimentari per le necessità dei pellegrini. Ordinò con un decreto il blocco dei fitti e dei subaffitti per l’intero Anno Santo. Impose il divieto di cacciare gli inquilini contro le speculazioni di chi mirava a dare in affitto la casa ad altre persone disposte a sborsare una somma più elevata. La seguente norma era disposta anche per il futuro per l’anno prima dell’Anno Santo e per tutta la durata del giubileo.

Papa Paolo III aveva avviato anche un’intensa attività urbanistica improntata al recupero dei monumenti antichi, alla fortificazione delle mura, alla realizzazione di importanti strade (come via Trinitatis, via Paola, via dei Baullari) per migliorare la viabilità, alla costruzione della Cappella Paolina e della Sala Regia. Il Papa affidò a Michelangelo il nuovo progetto per la Basilica di San Pietro. Michelangelo fu così l’indiscusso protagonista dei progetti e dei lavori a Roma. Paolo III (†10 novembre 1549) non poté però presenziare al Giubileo del 1550. Fu il suo successore, papa Giulio III, a emanare la bolla di indizione Si pastores ovium tre giorni dopo la sua elezione e a presiedere la cerimonia d’apertura della Porta Santa il 24 febbraio 1550, con ben due mesi di ritardo perché il conclave per l’elezione del Papa era durato due mesi. Il giorno dell’inaugurazione, nonostante un forte temporale, ci fu una folla numerosa di pellegrini. Giulio III aprì la Porta Santa con un martello in argento.

Nessuno dei letterati giganti del Cinquecento fu presente al Giubileo e lo raccontò. Niccolò Machiavelli era morto l’anno del sacco di Roma (1527), dopo aver fornito il proprio vano contributo per cercare di arginare la devastante discesa dei lanzichenecchi. Francesco Guicciardini, il primo storico moderno (a detta di Jean Bodin), era morto nel 1540. Ludovico Ariosto si era spento nel 1533, dopo aver fatto pubblicare l’anno prima la terza edizione dell’Orlando furioso. Torquato Tasso, autore della Gerusalemme liberata (1581), aveva solo sei anni quando fu aperta la Porta Santa nel 1550.

L’artista più celebre che partecipò al Giubileo fu Michelangelo. Papa Giulio III gli concesse un «perdono doppio». Michelangelo lo avrebbe ricordato in alcuni versi (Rime 287) composti anni dopo (1552-1554):

Di giorno in giorno insin da’ mie prim’anni,
Signor, soccorso tu mi fusti e guida,
onde l’anima mia ancor si fida
di doppia aita ne’ mie doppi affanni.

Michelangelo faceva qui memoria dell’aiuto che il Signore gli aveva offerto fin dalla gioventù e poi più tardi, quando gli aveva donato una doppia indulgenza per i suoi «doppi affanni». Anche Giorgio Vasari, pittore e autore delle vite dei grandi artisti, poté giovarsi del doppio perdono. Lo ricordava nella Vita di Michelangelo:

In quel tempo ogni giorno il Vasari stava con Michelangelo; sicché, una mattina, il Papa concesse per amorevolezza ad ambedue che, nel fare le sette chiese a cavallo, poiché si era nell’Anno Santo, ricevessero il perdono a doppio. E mentre facevano questo pellegrinaggio, tra una chiesa e l’altra, essi discussero tra loro di arte, facendo dei ragionamenti belli e molto utili, che il Vasari trascrisse in un dialogo.

A causa dell’età, Michelangelo ebbe il permesso di fare il pellegrinaggio alle Sette Chiese a cavallo e non a piedi.

Al Giubileo del 1550 non furono presenti solo grandi artisti, ma anche grandi santi. Ancor giovane, nel 1548 Filippo Neri fondò la Confraternita della SS. Trinità dei pellegrini, che aiutò da principio i bisognosi e poi nel 1550 i pellegrini che giungevano a Roma da lontano (almeno da sessanta miglia), offrendo loro un ricovero per la notte. Dal 1551 il sostegno fu poi esteso anche ai convalescenti usciti dagli ospedali. Nell’anno seguente Filippo Neri istituì il pellegrinaggio romano delle Sette Chiese  (le quattro basiliche maggiori, S. Pietro, S. Paolo, S. Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore, e le basiliche minori di S. Sebastiano fuori le Mura, S. Lorenzo al Verano e S. Croce in Gerusalemme): un momento di penitenza e di riflessione sulla Passione di Cristo in contrapposizione agli eccessi del Carnevale. In quegli anni san Filippo Neri creò il primo oratorio con la finalità di accrescere nei fedeli il rapporto personale con Gesù attraverso la preghiera, la pratica dei sacramenti, l’assistenza ai poveri.

Nel 1550 un altro grande santo, il già citato Ignazio di Loyola, si adoperò per l’accoglienza dei pellegrini, prima nell’ospizio di Santa Caterina dei Funari e poi nella chiesa di Santa Maria della Pietà che sarebbe diventata più tardi un ospedale psichiatrico.



IL GIUBILEO LETTERARIO / 8

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23_12_2024 Giovanni Fighera

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