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LO SPARTIACQUE

13 ottobre 1962, quando al Concilio ci fu la rivolta

Giovanni XXIII auspicava una conclusione piuttosto rapida del Vaticano II. Ma fin dall’inizio fu chiaro che non sarebbe stato così. Lo scontro tra correnti si accese già il 13 ottobre 1962, per l’elezione dei membri delle commissioni. Al suo principio, un atto di disobbedienza del cardinale Liénart, espressione dell’ala progressista.

Ecclesia 12_10_2022
Il cardinale Achille Liénart (a destra) durante il Vaticano II_CC

Giovanni XXIII, nel suo famoso Discorso della Luna dell’11 ottobre 1962, aveva auspicato la fine del Concilio per il dicembre del 1963. Una speranza che però verrà subito delusa.

È il 13 ottobre 1962. Seguiamo il racconto del giornalista Ignazio Ingrao: «Il 13 ottobre l’assise entra nel vivo e il gioco si accende immediatamente. La giornata non è delle migliori, sotto tutti i punti di vista. Una pioggia torrenziale attende i 2.500 padri conciliari alle nove del mattino, mentre si affrettano a entrare nella basilica di San Pietro per la prima congregazione generale. (…) La scelta di consegnare ai padri conciliari l’elenco con i nomi delle commissioni preconciliari non è casuale: è un’astuzia della Curia, con in testa i cardinali Alfredo Ottaviani (segretario del Sant’Uffizio), Carlo Confalonieri (segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, l’attuale Congregazione per i vescovi) e monsignor Pericle Felici (segretario generale del Concilio). L’obiettivo è indurre i padri, che si conoscono molto poco tra loro, a scegliere i membri delle precedenti commissioni. In questo modo saranno confermati i documenti già predisposti e l’assemblea procederà spedita, senza riservare sorprese». Insomma, sarà stata pure un’astuzia ma aveva il suo buon senso. In questo modo il Concilio sarebbe proseguito spedito e forse si sarebbe potuto anche terminare per dicembre 1963, come auspicava il Papa. Ma non fu così.

Da quel 13 ottobre ben si capì che il Vaticano II avrebbe preso un’altra piega. Non dimentichiamo che il Concilio si era aperto solo due giorni prima con una fastosa cerimonia, che sia nella musica che nel rito mostrava lo splendore della liturgia cattolica. Il liturgista gesuita Josef A. Jungmann, con un pizzico di perfidia, così commentava l’apertura del Concilio: «Quanto all’azione liturgica, essa si è svolta correttamente: buona musica sacra, ottimi impianti sonori, ma nel complesso era nello stile di Leone XIII». C’erano evidentemente voci di dissenso, e non erano poche. In una lettera del cardinale Giacomo Lercaro, che sarà uno degli architetti della riforma liturgica, si parla con molto slancio dell’apertura del Concilio: «Mai come oggi mi sono sentito così immerso nella Chiesa di Dio», scriveva tra l'altro il porporato.

Poi però Lercaro, sempre in quella lettera, accenna all’elezione dei membri delle commissioni, confessando la preoccupazione di alcuni padri conciliari. E questo sarà ben chiaro il 13. Seguiamo ancora Ingrao: «In realtà già dal giorno precedente il disagio e l’irritazione per il tentativo di colpo di mano di Ottaviani, Confalonieri e Felici si è diffuso tra diversi episcopati. I francesi escogitano in segreto una contromossa: la notte del 12 ottobre, dopo un ricevimento all’ambasciata di Francia, un piccolo gruppo di vescovi d’Oltralpe si riunisce presso il seminario di San Luigi de’ Francesi a largo Toniolo e prepara il testo di una mozione da consegnare al cardinale Achille Liénart, arcivescovo di Lille e membro del consiglio di presidenza. Il documento chiede il rinvio dell’elezione delle commissioni, per lasciare più tempo ai padri conciliari di conoscersi. Il connazionale Eugène Tisserant, che guida il consiglio di presidenza, pur non avendo preso parte a quella riunione, è favorevole al rinvio della votazione. Ma dovrà vedersela con il segretario generale Felici, disposto a tutto pur di concludere rapidamente l’elezione dei membri delle commissioni secondo le indicazioni di Ottaviani. Si profila così fin dalle prime battute l’antagonismo, ai vertici del Concilio, tra queste due figure stimate e influenti dalle quali dipenderà lo svolgimento dei lavori nel corso delle quattro sessioni; sono entrambi due navigati prelati di Curia ma estremamente diversi tra loro».

Insomma, i due partiti che poi orienteranno le sorti del Concilio (con la prevalenza di uno di essi) cominciano a scontrarsi quasi subito e un ruolo importante per i progressisti lo svolge proprio quel cardinale Achille Liénart (1884-1973) che ebbe a che fare con uno dei protagonisti assoluti del tradizionalismo cattolico, Marcel Lefebvre, ordinandolo come prete nel 1929 e consacrandolo vescovo nel 1947.

Rimaniamo a quel 13 ottobre e vediamo, sempre leggendo Ingrao, come andarono a finire le cose: «Il consiglio di presidenza prende posto su un lungo tavolo davanti al trono papale vuoto. Tisserant, prima dell’inizio della seduta, ha provato invano a convincere Felici a rinviare le votazioni. Il decano del collegio cardinalizio ha chiesto anche il parere del Segretario di Stato Amleto Cicognani, che però si è schierato con Felici, rifiutando l’ipotesi di un rinvio. Intanto il cardinale Joseph-Charles Lefebvre (arcivescovo di Bourges, che non ha nulla a che vedere con il vescovo tradizionalista Marcel Lefebvre) all’ingresso della basilica è riuscito a consegnare a Liénart il testo della mozione da leggere in aula. Felici apre la seduta e illustra le modalità di voto. Al termine del breve intervento del segretario generale l’arcivescovo di Lille chiede la parola. Ma il cardinale Tisserant è costretto a negargliela: “Non posso dargliela... perché il programma di questa seduta non comporta nessuna discussione”. Liénart allora si alza in piedi e parla senza permesso, il brusio della sala lascia il posto a un silenzio di ghiaccio. Il porporato legge il testo della mozione in latino: chiede che il voto sia rinviato di qualche giorno affinché i padri abbiano il tempo di conoscersi e le conferenze episcopali possano elaborare le proprie liste da proporre all’assemblea. I presenti irrompono con un prolungato applauso che costringe Liénart a fermarsi. Al termine della lettura della mozione un altro lungo applauso sottolinea l’approvazione generale alle parole del cardinale francese. Ottaviani, Confalonieri, Felici e Cicognani restano come paralizzati: la reazione dell’assemblea, trascinata dal contropiede dei francesi, li ha presi totalmente di sorpresa».

Quindi, quella che verrà definita “Alleanza Europea”, l’ala progressista dei vescovi (soprattutto di Francia, Germania e Olanda), cominciò a puntellare il territorio già quel 13 ottobre. È interessante notare che il Concilio - o, meglio, il suo “spirito” - a cui oggi è richiesta cieca obbedienza venne orientato con un gesto di suprema e solenne disobbedienza.