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UCRAINA

Zelensky cambia i vertici militari. Una scelta politica

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Il presidente ucraino ha rimosso il capo di stato maggiore delle forze armate, Valery Zaluzhny, rimpiazzandolo con Oleksandr Syrsky. Una scelta che pare dettata da valutazioni più politiche che militari, vista la popolarità di Zaluzhny, che preoccupa Zelensky.

Esteri 10_02_2024
Zelensky premia Zaluzhny (Ukrainian Presidential Press Office via AP + LP)

Dopo mesi di indiscrezioni e smentite poco credibili il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato mercoledì di aver rimosso il capo di stato maggiore delle forze armate, Valery Zaluzhny, che in più occasioni aveva criticato le decisioni in campo militare assunte dal presidente. «Ho incontrato il generale Valerii Zaluzhny, l’ho ringraziato per i due anni trascorsi a difendere l’Ucraina. Abbiamo discusso del rinnovamento di cui le forze armate ucraine hanno bisogno. Abbiamo anche discusso su chi potrebbe far parte della rinnovata leadership delle forze armate ucraine», ha detto Zelensky aggiungendo di aver proposto a Zaluzhny di «restare nella squadra». Il presidente lo ha persino insignito del titolo di Eroe dell'Ucraina per i «distinti meriti personali nella protezione della sovranità statale e dell'integrità territoriale dell'Ucraina e per il servizio disinteressato reso al popolo ucraino». Si tratta del più alto riconoscimento conferito ad un singolo cittadino dal governo di Kiev. La stessa decorazione è stata attribuita a Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare.

Il posto di Zaluzhny è ricoperto ora dal comandante dell’Esercito, generale Oleksandr Stanislavovyč Syrsky, indicato fin dai giorni scorsi come uno dei più probabili successori ma che inizialmente sembrava aver rifiutato l’incarico. Nato in Russia, Syrsky ha 58 anni ed è un ufficiale di formazione sovietica che ha guidato sotto il comando di Zaluzhny diverse operazioni di rilievo nel conflitto contro i russi: dalla difesa di Kiev a inizio guerra alla controffensiva nella regione di Kharkiv alla strenua difesa di Bakhmut e altri capisaldi ucraini nel Donbass caduti in mani russe dopo il sacrificio di molte brigate ucraine.

Fedelissimo di Zelensky, Syrsky non godrebbe della stessa considerazione di Zaluzhny tra i militari proprio per aver sempre avallato le decisioni politiche del presidente che da Bakhmut alla controffensiva fallita del 2023 ha determinato perdite spaventose tra le forze di Kiev, ora in difficoltà a rimpolpare i ranghi dei reparti. Secondo un sondaggio condotto nel dicembre scorso (lo stesso che attribuiva a Zaluzhny un tasso di fiducia più alto di quello di Zelensky) il 48% degli ucraini non aveva mai sentito parlare di Syrsky a conferma di come la sua figura sia più quella di gregario che di leader.

Nell’annunciare il cambio al vertice militare, Zelensky ha spiegato che la strategia militare contro la Russia «deve cambiare e adattarsi. I compiti del 2022 sono diversi da quelli del 2024. Pertanto, tutti devono cambiare e adattarsi anche alle nuove realtà. Per vincere insieme». Frase di circostanza ma vaga nei contenuti e che non spiega quali diversità siano emerse (la sconfitta della controffensiva) né come affrontarle. La notizia della rimozione di Zaluzhny, attesa da settimane, sembra riguardare più valutazioni politiche poiché il generale gode di un enorme sostegno all’interno dell’esercito e della società civile ucraina, come evidenziava in dicembre un sondaggio in cui l’88% degli ucraini affermava di avere fiducia in lui contro il 62% raccolto da Zelensky.

Non a caso l’annullamento delle elezioni presidenziali da parte della presidenza ucraina viene attribuito da molti più al rischio che Zaluzhny si candidasse contro Zelensky che non al perdurare del conflitto. «A partire da oggi, un nuovo team di gestione assumerà la guida delle forze armate ucraine», ha sottolineato Zelensky, aggiungendo di volere che «la visione della guerra sia la stessa per i soldati» che prestano servizio in prima linea. Di fatto il presidente sembra così essersi liberato di un pericoloso rivale e aver trovato in Zaluzhny il capro espiatorio ideale per i fallimenti di cui lo stesso Zelensky ha la massima responsabilità, come la fallita controffensiva o le sconfitte rimediate negli ultimi mesi su diversi fronti in cui i russi avanzano lentamente ma progressivamente (anche se Zelensky ora parla di “stallo” del fronte).

Syrsky non sembra avere lo spessore né il carattere per insidiare la leadership del presidente ma dovrà gestire una fase molto difficile del conflitto che vede l’Ucraina combattere con sempre meno mezzi, truppe e munizioni mentre gli aiuti occidentali sono quasi ridotti al lumicino. Il primo banco di prova per Syrsky sarà la roccaforte di Avdiivka, ormai quasi circondata e in parte occupata dai russi da cui sarebbe logico ritirare le forze ucraine prima che vengano annientate. Iniziativa che difficilmente Zelensky ordinerà, convinto com’è che ogni ritirata scoraggerà l’Occidente dal continuare a sostenere l’Ucraina con armi e denaro.

Vitaliy Barabash, capo dell’amministrazione militare di Avdiivka, ha riferito che «nelle ultime 24 ore ci sono stati più di 50 massicci bombardamenti, dall’1 gennaio sul solo territorio della città sono stati più di 800. Il nemico preme da tutte le direzioni. I russi ci stanno prendendo d'assalto con forze molto estese. Non c'è un solo edificio che non sia stato colpito in città e non esiste un posto dove ci si possa rifugiare».

Difficile per gli ucraini evitare che la più grande e fortificata piazzaforte del Donbass segua lo stesso destino di Bakhmut, Soledar e le altre città conquistate dai russi ma il rischio è che, sconfitta dopo sconfitta, l’esercito di Kiev sbandi sotto i colpi del nemico e per le difficoltà a ricevere aiuti, rifornimenti e rimpiazzi lasciando ai russi la possibilità di conseguire ulteriori successi.