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BOLOGNA

Welfare arcobaleno: un ospizio per soli gay

Un gruppo di professionisti che ha lavorato alla Bologna Business School ha partorito un progetto che si chiama “Friendly home”, una casa comune per persone anziane gay da realizzare nel capoluogo emiliano. La comunità gay mira, non a integrare, ma a creare un mondo parallelo, per tutte le fasce d'età. 

Famiglia 01_04_2017
Bologna Pride

Un gruppo di professionisti che ha lavorato alla Bologna Business School ha partorito un progetto che si chiama “Friendly home”, una casa comune per persone anziane gay da realizzare nel capoluogo emiliano. Si tratta di una cinquantina di appartamenti in unico palazzo da destinare alle persone di una certa età omosessuali che ormai sono sole, senza più compagno, né parenti. L’idea, che ha avuto il placet del Cassero Lgbt Center, è dunque quella di offrire un ambiente dove trovare persone con il medesimo orientamento sessuale, nonché assistenza sanitaria.

La comunità gay assomiglia sempre di più ad una Chiesa o ad una coop rossa. Infatti, se guardiamo bene, il suo piano di azione trova alcune analogie sorprendenti con i piani pastorali o le mission delle cooperative che in genere prevedono diverse sezioni programmatiche a seconda delle fasce di età dell’utenza. Ad esempio abbiamo i bambini. Per loro la teoria gender ha previsto l’utero in affitto e i gay pride a misura di bimbo, le fiabe e spettacoli teatrali  gay e vari giochi come quello del “rispetto” che in realtà non meritano alcun rispetto.

Poi ci sono i ragazzi: ecco i corsi formativi sul gender nelle scuole, i fumetti e videogiochi con personaggi omosessuali. Per gli adulti l’offerta è quasi infinita: unioni civili, sportelli di ascolto, circoli gay con annesse dark room, gay pride, editoria di settore, cinefestival dedicati al mondo omo e molto altro ancora. Sulla via del tramonto invece l’anziano può accomodarsi in ospizi gay e godere, come prevede la Cirinnà, della pensione di reversibilità.

Questo welfare arcobaleno non mira solo a diffondere cultura gender, ma tenta di creare, però solo in prima battuta, un mondo parallelo a quello naturale dove un maschio si sente maschio ed è attratto dalle donne. Ecco quindi lo sforzo di duplicare tutto: il matrimonio, la famiglia, la genitorialità, l’abbigliamento, la cucina, la letteratura e l’arte, l’associazionismo, l’educazione, etc. Tutto in versione omo. Il fine ultimo poi sarà – come ogni battaglia di carattere rivoluzionario – non affiancare all’universo etero quello Lgbt, famigerato codice fiscale dei diversamente etero, bensì di sostituire quest’ultimo a quello. Ecco perché, già ora, non è possibile criticare l’omosessualità e il transessualismo. Perché entrambi i fenomeni sociali si devono imporre sulla realtà dell’orientamento e identità eterosessuale (vedi ultimo caso successo in Canada). Se ci fosse veramente l’intenzione di trovare semplicemente uno spazio alla comunità gay da affiancare ad altri spazi non omosessuali si cercherebbe il dialogo. Invece l’intento è di conquistare gli altri spazi, non di vivere gli uni accanto agli altri.

La chiesa gay con il suo piano pastorale arcobaleno mima quindi la Chiesa cattolica rovesciandone ovviamente gli scopi. Questo è una prova che l’omosessualismo vive di dogmi però apodittici – non dimostrabili ma meramente asseriti – che abbisognano di trovare applicazione pratica, proprio come i principi di morale naturale e fede. Come nella Chiesa tutti sono chiamati alla salvezza, così anche per l’ideologia gay tutti sono chiamati alla conversione o, rectius, all’inversione. Ciò comporta che lo sforzo missionario omosex è indirizzato prima di tutto non certo a chi già professa il credo gay, ma ai lontani, agli eterosessuali. Ecco perché accanto ad iniziative tese a rafforzare il senso di appartenenza delle persone omosessuali, ne troviamo molte altre dedicate esclusivamente al mondo etero: l’insegnamento della teoria del gender a scuola, corsi di formazione professionale per “l’inclusione”, racconti e giochi per bambini, etc. Siamo noi etero a vivere nelle periferie esistenziali secondo il pensiero gender, siamo noi i primi destinatari di questo impegno evangelizzatore della chiesa gay. Però attenzione: se le carote a noi offerte non saranno di nostro gradimento, state pur sicuri che tireranno fuori i bastoni. Per rimanere in tema, una sorta di gaylogia della liberazione che prevede anche la violenza pur di evangelizzare.