Volkswagen grande scandalo minimo impatto ambientale
Auguriamoci che lo scandalo per la truffa Volkswagen di questi giorni (auto con un software truccato per il rilevamento delle emissioni) ci aiuti a riflettere con più attenzione sui costi e sui benefici delle politiche ambientali e a dare una risposta non emotiva a questi interrogativi. Perché migliorare la qualità dell'aria costa veramente tanto.
AMARE LEZIONI DA UNA TRUFFA di Paolo Togni
"Così fanno tutti", "I profitti davanti alla salute", "Uno scandalo assoluto", "Impossibilità di avere una vita appena più decente sotto il profilo ambientale". Questo il tono generale di molte valutazioni in merito al trucco escogitato da Volkswagen per superare i test di omologazione di parte delle auto alimentate a gasolio: pulite sulla carta ma sporche sulla strada. Un po' come uno studente che impara a memoria la lezione per l'interrogazione, ma dopo pochi giorni non sa più nulla della materia di esame.
Come spesso accade in tema di ambiente, anche in questo episodio la cattiva informazione sembra prevalere. Le notizie leggermente esagerate abbondano. Proviamo allora a delineare un quadro il più possibile accurato della vicenda e del contesto nella quale essa si colloca. Partiamo con il dire che un problema c'è. La richiesta di chiarimenti dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente degli Stati Uniti, che ha costretto l'azienda automobilistica tedesca a confessare la truffa, prende spunto da una ricerca dell'International Council for Clean Transportation. Obiettivo dello studio era quello di verificare le emissioni di un campione dei veicoli in condizioni di guida reali. Il risultato più eclatante dell'analisi condotta è che, in media, le emissioni di uno tra gli inquinanti presi in esame, gli ossidi di azoto (NOx), sono più alte di sette volte rispetto a quanto previsto dallo standard EURO VI.
Dalla lettura dello studio si può ricavare un'altra informazione importante: non è vero che "sono tutti uguali". Al contrario, all'interno del campione di quindici auto (impossibile dire se rappresentative del parco circolante complessivo), si ritrova un'auto che centra l'obiettivo, altre che lo mancano di un po' ed altre ancora che se ne discostano sideralmente: la peggiore ha emissioni di 25 volte superiori rispetto al massimo consentito.
Potremmo dire che questa è una fotografia dello stato di fatto, di per sé assai poco rassicurante. Ma se guardiamo il film dall'inizio alla fine scopriamo che si tratta di una storia a lieto fine (quanto meno sotto il profilo ambientale). Abbiamo detto come le auto testate non siano, tranne una, conformi allo standard EURO VI. Quest'ultimo non è che l'ultimo provvedimento in tema di regolamentazione delle emissioni veicolari, il fratello minore di EURO O, EURO I, EURO II, EURO III, EURO IV ed EURO V. Come evidenziato nel grafico seguente, un'auto che rispetti i parametri entrati in vigore nel 2014 ha emissioni di NOx inferiori del 98% rispetto ad una che circolava sulle nostre strade prima del 1989. In media, i gas di scarico del campione oggetto della ricerca risultano invece "solo" dell'87% più bassi. Approssimativamente, nel loro insieme, le auto analizzate si comportano come veicoli EURO III. Sei sono a standard EURO IV.
Dunque, se analizzato nella giusta prospettiva, il problema emerso in questi giorni non desta particolare preoccupazione.
A rassicurarci non è solo il confronto fra veicoli di oggi e quelli di ieri ma, ancor più, i dati relativi alla evoluzione della qualità dell'aria. Negli Stati Uniti, in base ai dati forniti dall'EPA, per tutti i principali inquinanti si registra un radicale miglioramento negli ultimi decenni: in particolare, la concentrazione media annuale di biossido d'azoto (NO2) generato dai gas "incriminati" si è ridotta del 40% dopo il 2000 e del 58% dal 1980.
Si dirà: certo, ma oltre Atlantico i diesel sono pochini. Ma, volgendo lo sguardo più vicino a noi, scopriamo che, ad esempio, a Milano negli ultimi vent'anni l'NO2 si è pressoché dimezzato, passando da 95 a 50 microgrammi per metrocubo di aria, meno di un decimo della concentrazione in corrispondenza della quale, stando alla Organizzazione Mondiale della Sanità, è stato identificato il minimo effetto osservato sulla salute di questo inquinante.
Sarà interessante vedere come reagiranno ora la Commissione Europea ed i governi nazionali. Sarà davvero tolleranza zero? Si bloccherà la commercializzazione delle auto fuori norma? Se così fosse, è verosimile che, come evidenziato da Andrea Boitani, "il problema diventi molto severo, con uno strozzamento dell'offerta e clienti che non comprano e aspettano".
Oppure, come sembra ipotizzare in un altro rapporto lo stesso International Council for Clean Transportation, si opterà per una via d'uscita più graduale con una temporanea revisione verso l'alto dei limiti e il posticipio al 2019 dell'entrata in vigore degli standard più strigenti da rispettare nelle condizioni ordinarie di guida? Vedremo. Quello che possiamo dire fin d'ora è che, come sempre, non ci sono pasti gratis. Siamo disposti a subire effetti negativi sulla crescita e sull'occupazione per anticipare di qualche anno il raggiungimento di determinati obiettivi ambientali?
E poi: fino a quando vale la pena impiegare risorse aggiuntive per migliorare la qualità dell'aria? Se ce ne fosse ancora bisogno, la truffa di Volkswagen mette in chiaro come il perseguimento di minori emissioni comporti per i consumatori più elevati costi di acquisto e, nel caso specifico, anche di gestione: le auto non "truccate" consumano di più (ed emettono più CO2).
Auguriamoci che lo scandalo di questi giorni ci aiuti a riflettere con più attenzione sui costi e sui benefici delle politiche ambientali e a dare una risposta non emotiva a questi interrogativi.