Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Pietro Canisio a cura di Ermes Dovico
DIFESA DELLA LIBERTA'

Vita, famiglia e fede: la rischiosa battaglia di Trump

La polemica sulle politiche immigratorie di Donald Trump insieme a tutto ciò che ha fatto prima e dopo la sua elezione contro la cultura della morte: combattendo la ferocia della sinista radicale ha accettato di pagare le gravi conseguenze del suo operato. Per questo il leader pro life lo difendono.

Esteri 19_09_2017

“Si presenta come un pro life. Ma se è un buon pro life dovrebbe capire che la famiglia è la culla della vita. Perciò dovrebbe difendere la sua unità”. Sono le parole di papa Francesco di ritorno dal recente viaggio in Colombia circa l’operato del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Parole che hanno innescato una serie di reazioni. Ma come mai? Innanzitutto perché non erano rivolte alle politiche pro family, anti gender e anti abortiste messe in atto dal presidente degli Stati uniti, ma a quelle sociali. Il riferimento del pontefice, infatti, era alla decisione di Trump di limitare il Daca, il programma che permetteva ai figli degli immigrati illegali, giunti illegalmente sul suolo americano, di rimanere in Usa. 

A prendere le difese del presidente è stato per primo il fondatore e presidente del Lepanto Insititute Michael Hichborn, secondo cui Trump sta facendo quello che nessuno ha avuto o avrebbe il coraggio di fare oggi, dopo l’occupazione di ogni luogo di potere governativo, giuridico, ma sopratutto mediatico, da parte del radicalismo di sinistra che ha provato a cancellare definitivamente la libertà di opinione e di vita di chi crede in visioni opposte alla sua, cercando di eleggere Hillary Clinton contraria all’obiezione di coscienza in materia di aborto o di matrimonio. Un potere che si è fatto fortissimo e che in pochi anni si è diffuso nelle università e nei circoli dell'intellighenzia del paese, per cui solo ammettere pubblicamente di credere in visioni opposte al radicalismo, può costare se non la carriera e la perdita della reputazione, persino la potestà dei figli

Trump, infatti, oltre a difendere i suoi confini, come dovrebbe fare per prima cosa qualsiasi statista minacciato dal terrorismo o a cui forze straniere hanno dichiarato guerra (seppur non convenzionale ma trasversale, come quella ingaggiata dall’Isis contro l’Occidente), ha deciso di valorizzare la famiglia americana in un momento in cui non c’è nulla di più politicamente scorretto e pericoloso. Innanzitutto ha voluto che il suo vice fosse Mike Pence, uno dei leader politici più vicini e più attivi nel movimento pro life. Nel novembre del 2016, poi, subito dopo la sua elezione, il presidente ha nominato come ambasciatore Usa all’Onu un pro life dichiarato come Nikki Haley, in seguito ha nominato Ben Carson, noto conservatore, come segretario del dipartimento dello Sviluppo Urbano.

A gennaio, come primo fra i suoi atti presidenziali, ha vietato il finanziamento internazionale all’aborto in modo ancora più stringente rispetto ai suoi predecessori repubblicani. Ai Servizi Sociali ha quindi chiamato Teresa Manning, una nota intellettuale e giurista pro life. Il 25 gennaio, per la prima volta nella storia, la Marcia per la Vita veniva nominata dal presidente degli Stati Uniti, che ha accusato pubblicamente i media di non parlare di un evento numerosissimo e del popolo presente alla marcia. Nel febbraio 2017, invece, parlando al National Prayer Breakfast, Trump ha chiarito la necessità di tornare alla fede in Dio e di voler proteggere “la libertà religiosa”, senza cui l’America non avrebbe “potuto prosperare”.

Dopodiché ha rovesciato la decisone di Obama di imporre a tutti i luoghi pubblici (comprese le scuole) i bagni misti per assecondare l'ideologia transessuale. Non solo, perché sua moglie Melania, prima di un discorso che Trump avrebbe dovuto tenere di fronte al suo elettorato ha deciso di cominciare facendo pregare a tutti il “Padre Nostro”. E, in maniera opposta ad Obama e alla Clinton, il presidente ha scelto accanto a sé uomini che hanno dichiarato alla stampa che la Casa Bianca lavorerà "cercando di fare la volontà di Dio" pregandoLo di benedire la nuova presidenza.

Non contento di quanto già fatto, ad aprile, Trump ha dato un altro colpo pesante al colosso degli aborti americano Planned Parenthood, deliberando che gli Stati avrebbero potuto decidere di eliminare i finanziamenti statali alle cliniche della morte. Nello stesso mese ha voluto rovesciare, tramite l'“Educational Federalism Executive Order” le politiche stataliste della sinistra, ritornando a dare alle autorità locali la facoltà di decidere autonomamente le proprie politiche scolastiche ed educative in un'ottica sussidiaria. Grazie a Trump è stato anche abolito il “Mese dell’orgoglio Lgbt” assegnato da Obama a quello di giungo. Inoltre, data la mancanza di protezioni legali per la libertà religiosa nella legge obamiana sul cosiddetto "matrimonio" fra persone dello stesso sesso (motivo per cui Kim Davis, amministratrice comunale che si era rifiutata di apporre la propria firma su un documento che le attestava, era stata arrestata) nel maggio scorso il presidente Usa ha firmato un ordine esecutivo che ora la protegge. 

Per quanto riguarda la decisione di Trump di impedire temporaneamente l'accesso in Usa a cittadini di Stati da cui provengono i terroristi, in un momento di pericolo per l’Occidente (in ogni guerra è sempre accaduto, senza scandali ma come regola basilare, che uno statista difendesse i propri confini contro lo Stato o l'ideologia nemica, basti pensare al divieto di ingresso dei Comunisti in Usa durante la Guerra Fredda), bisogna aggiungere che ciò ha coinciso con un incremento dei rifugiati cristiani in Usa maggiore di quelli islamici, al contrario di quanto avvenuto durante la presidenza di Obama. Inoltre, se in pochi anni Obama era riuscito ad indebolire l’esercito, oltre che diminuendo la spesa pubblica destinata alle Forze Armate, anche ammettendo persone sedicenti transessuali, Trump ha deciso di vietare il loro reclutamento a causa del “tremendo costo medico e della distruzione che causa” alla difesa americana. Ovviamente a ciò è seguita una campagna mediatica violentissima che ha gettato fango sul presidente.

Non solo, di fronte alle parole della Clinton, convinta che l'omicidio dei bambini debba essere praticato fino all’ultima settimana di gravidanza, e che ha recentemente chiamato l’aborto un “principio non negoziabile” della sinistra, Trump ha parlato di pratica “disumana”, incrementando l'astio di Holliwood e delle star femministe che ormai si rivolgono a lui con un odio e una volgarità indicibili. Inoltre, ad una delegazione di associazioni pro family e operative nel campo delle adozioni, Trump ha spiegato che “questa amministrazione sta spingendo per una politica di tassazione sui figli che sia la più agevolata di sempre” anche con “un rimborso delle tasse salariali, cosicché anche le famiglie a basso reddito possano beneficiarne”. 

E' per questo che il mondo pro life americano non ha compreso le parole del pontefice e che Deal Wyatt Hudson, presidente del Morley Institute for Church and culture si è detto "triste", mentre Austin Ruse, presidente del Center for Family and Human Rights, ha risposto ricordando la nomina pro life di Neil Gorsuch alla Corte Suprema, per cui ancora una volta Trump si era messo contro tutti i poteri forti e il potere mediatico americano.

Così il presidente, che in campagna elettorale promise ai cristiani la difesa della loro libertà, contro la minaccia della Clinton che voleva imporre anche ai sacerdoti di celebrare le cosiddette "nozze" Lgbt, ha mantenuto fede alle sue promesse. Dimostrando non solo una lealtà sincera e una convinzione dell'importanza delle radici cristiane per la prosperità del suo paese, ma un profondo credo personale. Altrimenti non si spiegherebbe un mano così ferma di fronte ad una sinistra che non vive se non per gettare fango ed alimentare odio non solo verso di lui ma verso tutta la sua famiglia. Motivo per cui in un’intervista rilasciata in gennaio a Fox News, uno dei più grandi leader della chiesa evangelica americana, Franklin Graham, ha ripetuto che “credo che sia la risposta di Dio (la vittoria di Trump, ndr) alle centinaia di migliaia di preghiere per un presidente che si batterà contro l’agenda umanista e ateista di Washington” .