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ESTREMISTI

Giudicate Trump dai suoi nemici

“Se un uomo si giudica dai suoi nemici, non meno che dai suoi amici”, come suggerì sapientemente lo scritto inglese Joseph Conrad, allora giudichiamo Trump da quelli che sono scesi in piazza contro di lui. Una collezione di estremisti di sinistra, anti-clericali, filo islamici e persino satanisti "privati dei loro diritti".

Editoriali 24_01_2017
Trump raffigurato con la svastica

“Se un uomo si giudica dai suoi nemici, non meno che dai suoi amici”, come suggerì sapientemente lo scritto inglese Joseph Conrad, allora giudichiamo loro. Lasciamo da parte per un secondo le polemiche sul discorso inaugurale, sulle paure e i rischi della nuova presidenza americana per descrivere prima la folla che ha protestato nel fine settimana contro Donald Trump. Sì perché mentre la televisione italiana presentava l’evento, non solo gonfiando i numeri e usando foto di folle oceaniche di altri eventi, ma come una marcia democratica e pacifica di donne con indosso simpatici cappellini rosa, in realtà accadeva tutt’altro.

Infatti, sebbene l’attrice Ashley Judd, abbia letto di fronte a una schiera di progressisti agguerriti il poema di una bambina che “sente la presenza di Hitler in queste strade”, un video-amatore ha domandato ad alcuni manifestanti vestiti di nero: “Chi siete?”. Risposta: “Siamo i Satanic Temple, siamo atei e satanisti, siamo contro Trump perché sta per toglierci la maggior parte dei nostri diritti”. I Satanic Temple sono una setta divenuta nota in America negli ultimi anni grazie al potere acquisito durante la presidenza Obama di parlare contro Dio e che ha ottenuto la rimozione di simboli religiosi nelle istituzioni pubbliche rimpiazzati da quelli satanici. Di fronte agli adoratori del diavolo spaventati da Trump, basta chiedersi se avrebbero reagito allo stesso modo anche al cospetto di Hitler per rendersi conto che l’accostamento fra i due personaggi è quanto meno inopportuno.

Ma per comprendere ancora meglio chi sia il nemico del 45esimo presidente Usa bisogna ascoltare quello che ha affermato la pop star Veronica Luisa Ciccone, lei che ha osato appropriarsi del nome della madre di Dio per salire sui palchi di mezzo mondo incarnando esattamente l’opposto della Nuova Eva: “Benvenuti nella rivoluzione dell’amore, nella ribellione di chi non vuole accettare questa era di tirannia (…) ci è voluto questo momento di tenebre per svegliarci (…) il bene non ha vinto in queste elezione. Ma alla fine il bene vincerà”. Anche qui, per rendersi conto di quello che Trump rappresenta, è sufficiente domandarsi a chi la Ciccone, scimmiottatrice dell’unica Madonna, si è sempre voluta ribellare e quale sia il bene a cui ha richiamato generazioni di donne. Così si capirebbe facilmente il gioco degli avversari del presidente, che usano e sovvertono i termini biblici per confondere persino le menti cristiane. Infine, ovviamente, in nome dell’amore, la pop star ha dichiarato: “Ho pensato spesso a come far saltare in aria la Casa Bianca” e ha salutato il nuovo presidente con una canzone in cui gli dava del “testa di c…” ripetendogli più volte “vaff…”. Con lei centinaia di manifestanti gridavano sguaiatamente con in testa un cappellino che simboleggia la vagina. E c’è chi è arrivato fino alla blasfemia più rivoltante con cartelli che rappresentavano la Madonna di Guadalupe sotto sembianze così gravi da non poter essere nemmeno descritte.

Una manifestazione così preparata (basta il dettaglio dei centinaia di cappellini identici distribuiti ai presenti e dei fiumi di cartelli con richiami identici) da essere difficilmente catalogabile come spontanea. La stessa professoressa e giornalista Asra Nomani, femminista dichiarata, ha analizzato le 403 organizzazioni che hanno aderito pubblicamente alla manifestazione scoprendo che Soros “finanzia o ha relazioni strette con almeno 56 di queste”, incluso il colosso Planned Parethood, che si oppone alla politica anti abortista di Trump. Per capirci Soros è quello che ha cercato di corrompere l’episcopato americano durante la recente visita del papa in Usa, perché convinto che per cambiare il mondo bisogna cambiare la dottrina della Chiesa cattolica. Anche qui non è difficile immaginare da che parte stia Trump se ad odiarlo ferocemente sono gli anticlericali e gli abortisti. Ovviamente erano presenti alla marcia anche tutte le lobby Lgbt (la sezione dei loro diritti è stata rimossa dal sito Casa Bianca) i cui adepti hanno sfilato in atteggiamenti sodomiti.

Non solo, perché ad odiare il presidente (“We love trump’s hate” recitava democraticamente uno dei tanti cartelli “pacifici”) sono anche associazioni islamiche estremiste. Nomani, infatti, ha scoperto che fra gli organizzatori della marcia c’era anche Linda Sarsour, presidentessa dell’associazione Arab American di New York, vicina ad Hamas e al gruppo Council on American Islamic Relations, vicino alla Fratellanza Musulmana. Come lei ha parlato anche Angela Davis ex latitante e membro del Partito Comunista ed era presente pure l’anarchica texana Lisa Fithian che due giorni prima della manifestazione ha attaccato il vice presidente cristiano Mike Pence (insultato durante la marcia con cartelli di una volgarità imbarazzante) così: “Siamo qui per celebrare la liberazione queer (liberazione dello stile di vita arcobaleno, ndr)”. Anche l’ex terrorista mai pentito Bill Ayers (amico di vecchia data di Obama) ha scritto sul suo blog che avrebbe partecipato alla marcia. Presenti le sigle e altri personaggi della sinistra più estrema. Il giorno prima, durante la cerimonia di insediamento, i “black bloc” avevano già spaccato le vetrine dei negozi come McDonald’s e delle banche del paese (217 di loro sono stati arrestati).

Ma se un uomo si giudica anche dagli amici, basti dire che a favore di Trump hanno invece parlato i patrioti, diversi pastori cristiani, i siti pro life, la classe media e la maggioranza dell’America profonda legata ai valori della tradizione americana che lo ha votato. Quella che ascoltando il discorso di Trump, che non ha citato un Dio generico, ma un Creatore a cui chiedere “aiuto per fare il presidente”, ha tirato un sospiro di sollievo. Quella che sa che non c’è dialogo senza un’identità forte e che non esiste prosperità globale senza un’economia locale stabile. Quella che ha gioito nel leggere la lettera di Trump ai cattolici sul fatto che la libertà religiosa, seriamente messa in pericolo dai democratici, sarebbe stata protetta insieme alla vita nascente (ieri ha tolto i finanziamenti ai programmi internazionali di Planned Parenthood). Quella che ha sperato quando si è sentita promettere che alla Corte Suprema sarebbe stato nominato un difensore della legge naturale. Davanti a uno schieramento simile non sembra più tanto imprudente decidere da che parte stare. Perché, nel bene o nel male, non fosse per le mistificazioni mediatiche dovrebbe essere facilissimo, oltre che opportuno, scegliere. 

Infine, per rispondere a chi ha colto l’occasione del recente e subito ritrattato appoggio di Grillo a Trump (evidentemente opportunista visti gli attacchi al candidato repubblicano durante la campagna elettorale) per incasellare il presidente Usa fra i populisti disfattisti senza un’alternativa propositiva, occorre ammettere che la ricetta fino ad ora pennellata dal presidente pare solidale e tutt'altro che demagogica. Visto che, a differenza di Grillo, Trump non è mai andato a braccetto con la cultura di massa dei diritti che ha sfilato contro di lui. Per la stessa ragione a chi ha fatto il paragone con Mussolini che parlava di patria e religione per mantenere il potere, bisogna dire che l'accostamento è storicamente inaccettabile: parlare di Dio Creatore e di patria per accattivarsi un’Italia ancora cattolica è diametralmente opposto al farlo nell'America dell’era laicista, globalizzata ed ecologista.