Vescovi Usa contro l'ostinazione abortista di Biden
Una scadenza non solo elettorale attende gli americani l'8 novembre: alle dichiarazioni pro-aborto del primo presidente cattolico, i vescovi replicano ricordando che è la Chiesa ad affrontare quotidianamente e a curare il dolore che la soppressione del bambino provoca nelle stesse madri.
In vista delle elezioni di midterm in programma l'8 novembre negli Stati Uniti l'aborto è un tema tutt'altro che marginale nel dibattito pubblico, specie dopo la sentenza Dobbs che ha infiammato ovunque lo zelo degli abortisti, a cominciare dalla Casa Bianca. Ma alcuni vescovi non ci stanno, come mons. Michael F. Burbidge che ha pubblicato una dichiarazione specifica sull'"agenda Biden".
Il testo parte dalle affermazioni del primo presidente cattolico per il quale, « se il Partito Democratico avrà il controllo del Congresso dopo le elezioni di novembre 2022, la sua priorità assoluta sarà la legislazione a favore dell'aborto». Mons. Burbidge in risposta condanna «l'aborto e qualsiasi strategia politica che lo codifichi come politica nazionale».
«Il Congresso ha il compito di approvare leggi che servano al bene comune, mentre questa priorità del Presidente provoca solo dolore e morte», prosegue il presule senza peli sulla lingua, che ricorda anche l'osservatorio "privilegiato" della Chiesa sul trauma che investe madri e padri dopo la drammatica decisione: «Assistiamo in prima persona alle ferite che donne e uomini subiscono dopo aver posto fine alla vita del loro bambino». Per questo invita i cattolici e ogni persona di buona volontà a opporsi a «qualsiasi tentativo di codificare l'aborto invece di attuare politiche a sostegno dei bambini non ancora nati e delle loro madri».
Il documento di Arlington rinvia a un'analoga dichiarazione dell'arcivescovo di Baltimora, mons. William E. Lori, presidente del comitato per le attività pro-life della Conferenza episcopale statunitense, che attribuisce al presidente Biden il «grave torto» di «facilitare l'aborto, invece di [...] sostenere le madri in situazioni difficili». Anche qui emerge la cura dei pastori, «che affrontano quotidianamente i tragici effetti dell'aborto», «un atto violento che sopprime la vita dei bambini non ancora nati e ferisce un numero incalcolabile di donne».
Quella dell'8 novembre non è dunque una semplice "scadenza" elettorale, ma questione (letteralmente) di vita o di morte.
SC