Vescovi tedeschi contro il card. Koch che "osa" criticare le derive sinodali
Il porporato svizzero punta il dito sulla Chiesa in Germania che insegue lo "spirito del tempo", rievocando l'errore di quei cristiani che negli anni Trenta pretendevano di mescolare Rivelazione e nazismo. Il presidente della conferenza episcopale replica risentito: "Lo dico al Papa!", ma non argomenta sui contenuti.
“Lo dico alla maestra”. È più o meno di questo tenore la reazione stizzita del Presidente della Conferenza Episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing, alle critiche che il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha rivolto alla brutta china che il cammino sinodale della Chiesa in Germania ha preso. Di fronte alle argomentazioni del cardinale, mons. Bätzing, al termine dell'Assemblea plenaria autunnale della Conferenza episcopale a Fulda, non ha trovato nulla di meglio che minacciare una denuncia ufficiale a papa Francesco per Koch e fantasticare sulla fifa blu da parte del porporato per la prospettiva del cambiamento in atto in Germania. «Ma qualcosa cambierà», minaccia nuovamente Bätzing.
A dire il vero, la reazione del vescovo di Limburg sembra non tener conto del contenuto di quanto il cardinal Koch ha affermato nell’intervista rilasciata a Die Tagespost lo scorso 29 settembre. Il che non è un dettaglio. Un’intervista molto bella, intelligente, tutta incentrata sul tema della verità. Di ben altra levatura rispetto a quelle di taglio politico – e di bassa politica – che si fanno qui da noi. L’occasione era il Simposio degli allievi dell’allora cardinale Ratzinger – Schülerkreise Joseph Ratzinger – che quest’anno si è tenuto a Roma, all’Istituto Patristico Augustinianum, nel pomeriggio del 24 settembre. Il cardinale svizzero era stato chiamato ad aprire e chiudere i lavori sul tema Verità vincolanti e sviluppo della dottrina della Chiesa.
Nell’intervista a Martin Lohmann, Koch sottolineava il paradosso del nostro tempo che spinge per la relativizzazione della verità, mentre assolutizza il relativismo come unica verità universale, ed indicava l’importanza dell’umiltà nella ricerca della verità, perché essa consiste in ultima analisi nell’adeguamento al reale, nell’accettare qualcosa che mi è dato. E così, alla domanda su dove rintracciare gli evidenti problemi che minacciano la Chiesa in Germania, il cardinale ha puntato il dito proprio su quell’atteggiamento che ritiene quale riferimento ultimo il proprio pensiero, anziché quella Rivelazione che Dio non dà direttamente al singolo, ma alla Chiesa: «Il singolo cristiano crede solo perché crede con la Chiesa».
È questo il contesto nel quale Koch ha pronunciato le parole che sono state riprese dai giornali e che hanno fatto indignare altezzosamente Bätzing & C.: «Mi irrita il fatto che nuove fonti vengano accettate accanto alla Scrittura e alla Tradizione come fonti della Rivelazione; e mi spaventa il fatto che questo stia accadendo – di nuovo – in Germania». Per sottolineare il fatto che non si tratta di una questione meramente teorica, il cardinale ha voluto mostrare, richiamando un recente precedente storico, a cosa possa condurre questo atteggiamento: «Questo fenomeno esisteva già durante la dittatura nazionalsocialista, quando i cosiddetti “cristiani tedeschi” vedevano la nuova Rivelazione di Dio nel sangue, nella terra e nell'ascesa di Hitler».
Come si possa dedurre da queste affermazioni che Koch abbia dato del nazista ai cattolici e ai vescovi tedeschi non è comprensibile, se non per la facilità di sottrarsi ai contenuti dell’intervista ricorrendo allo scandalo farisaico, termine tecnico con il quale si definisce uno scandalo che nasce tutto dalla malizia di chi si scandalizza. Certamente è più comodo per Bätzing stracciarsi le vesti e minacciare, piuttosto che porre mente a quando affermato da Koch. Il quale, poco oltre, precisa ulteriormente il proprio pensiero, così da non lasciar adito a fraintendimenti: «La Chiesa è sicuramente tenuta a prendere in considerazione i segni dei tempi. Ma questi non sono nuove fonti della Rivelazione». Richiamando la metodologia del “vedere, giudicare, agire”, la considerazione dei segni dei tempi rientrano nel primo movimento, non nel secondo. I tempi devono essere riconosciuti, ma il giudizio non discende dai tempi, bensì dalla Rivelazione.
Altrimenti è inevitabile che siano i tempi a divenire criterio per giudicare la Rivelazione. E questo conduce necessariamente ad un’incapacità di prendere le distanze dallo Zeitgeist in cui si vive, di avere un punto di riferimento fuori della storia capace di giudicare la storia. È esattamente quello che è capitato ogni volta che i cristiani hanno idolatrato il “proprio tempo”, deridendo o accusando quanti resistono ad un non ben definito “spirito”, allorché si mettono in discussione le più svariate mode culturali. Questo hanno fatto i cosiddetti “cristiani tedeschi” durante il nazismo: e si è visto che cosa ha comportato un tale atteggiamento; questo sta facendo buona parte dei partecipanti al cammino sinodale tedesco, allorché si spinge verso il sacerdozio femminile, la benedizione delle coppie gay, la revisione della morale sessuale; e non è difficile immaginare a quale sudditanza verso il nuovo totalitarismo culturale porterà questo atteggiamento.
Ci spiace per Bätzing, ma il cardinale Koch non ha dato del nazista a nessuno; ha semplicemente messo in luce le tragiche conseguenze di chi si avventura ad ammettere di fatto altre fonti della Rivelazione. Atteggiamento che, a dire il vero, non è un’esclusiva della Chiesa in Germania: è da decenni, infatti, che si fanno riforme disastrose nella Chiesa nel nome dei “segni dei tempi”. La lunga giornata del 29 settembre si è conclusa con una risposta (qui in italiano) del cardinale alle minacce del vescovo di Limburg: spiacente se qualcuno si è offeso, ma i contenuti sono quelli.
Adesso rimane da vedere se e come il Papa intenderà prendere posizione: approfittare dello scambio di colpi per richiamare il cammino sinodale tedesco o anticipare le dimissioni del settantaduenne prelato svizzero.