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Verso l’alto, il docufilm sul beato Pier Giorgio Frassati

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La figura di Pier Giorgio Frassati al centro di un accurato docufilm che sarà trasmesso questo sabato su Rai Storia e che la Bussola ha visto in anteprima. Un’occasione per conoscere un beato, presto santo, che continua ad attrarre.

Cinema e tv 11_10_2024

Si intitola Verso l’alto, proprio come la scritta che il beato Pier Giorgio Frassati (6 aprile 1901 – 4 luglio 1925) pose sul retro di una fotografia che lo immortala mentre è impegnato in una scalata, quella della sua ultima gita in montagna, avvenuta domenica 7 giugno 1925, poco meno di un mese prima della sua morte. Parliamo del docufilm prodotto da Cristiana Video, in collaborazione con EWTN (Eternal World Television Network), la rete televisiva statunitense fondata da Madre Angelica (1923-2016).

Verso l’alto, scritto e diretto da Daniela Gurrieri, sarà trasmesso integralmente in chiaro domani, sabato 12 ottobre (h 22:55), su Rai Storia. La Nuova Bussola ha potuto visionare in anteprima il docufilm, che consiste in una cinquantina di minuti di fiction e in una ventina di minuti di interviste a sacerdoti e laici, conoscitori della straordinaria figura di Frassati e in vario modo legati ad alcuni dei principali luoghi della vita del beato. Una figura che più si conosce e più attrae, per la sua radicalità evangelica e la sua schiettezza fuori dal comune, capace di compiere in un arco di vita relativamente breve – 24 anni – una scalata alla santità tanto originale quanto per certi versi sorprendente, specie se si pensa al contesto familiare in cui crebbe Pier Giorgio (la madre credente ma piuttosto formalistica a livello religioso, il padre – a lungo proprietario e direttore della Stampa – convertitosi solo dopo la morte del figlio).

Il docufilm restituisce in modo puntuale alcuni dei tratti essenziali della personalità di Pier Giorgio. La parte dedicata alla fiction si apre nel suo ultimo anno di vita, il 1925, con diversi flashback che si soffermano su episodi e aspetti particolari, come il suo profondo raccoglimento (si potrebbe dire mistico) durante l’adorazione eucaristica, la sua preparazione per servire Messa, i suoi soggiorni a Berlino, le sue premure per i bisognosi di ogni sorta, il progetto di divenire ingegnere minerario per migliorare le condizioni dei minatori, eccetera.

Fulcro della fiction è un’escursione in montagna fatta da Pier Giorgio (interpretato da Francesco Buttironi) con i suoi amici della Fuci. Lo spettatore comprende presto la generosità di Frassati e, ancora, che quella che è una delle sue più grandi passioni – la montagna, appunto – è subordinata all’amore per Dio che anima il beato stesso, il quale fa di tutto per “piazzare” una Messa all’alba, a precedere la gita. Viene fuori il Frassati innamorato dell’Eucaristia (di cui si ciba ogni giorno) e che con il suo carisma, pur rispettando la libertà di ognuno, esorta gli amici ad accostarsi il più possibile a Gesù nel SS. Sacramento, perché è questa la premessa per lanciarsi nell’apostolato.

Attraverso lo sguardo di un nuovo amico, un siciliano, si scopre in cosa consiste la Compagnia dei Tipi Loschi, cioè quell’associazione fondata da Pier Giorgio e dai suoi amici più stretti, contraddistinta dall’allegria dei suoi membri – i lestofanti e le lestofantesse – e dall’impegno a vivere profondamente l’amicizia, mettendo al suo centro la fede cattolica e pregando l’uno per l’altro.

La fiction scorre leggera, con i protagonisti che scalano la montagna tra Rosari, canti, chiacchierate tra il serio e il faceto, volte a rispecchiare la genuinità dei rapporti tra Frassati e i suoi amici e la tensione del beato a vivere il Vangelo nella sua pienezza: unica via, questa, per attrarre davvero i giovani e tenerli lontani dalle ideologie, dal fascismo al comunismo. Vari gli episodi storici che vengono richiamati, in cui risalta la tempra di Frassati, da quando – in occasione del 50° anniversario della Gioventù Cattolica (1918) – difese la bandiera della Fuci dal tentativo di una guardia regia di strappargliela (al tempo il governo era guidato dal massone Vittorio Emanuele Orlando e c’era un diffuso clima anticattolico) alla sua resistenza al fascismo.

Il film si mantiene aderente alla realtà, basandosi sulle numerose testimonianze sul beato e sul suo stesso epistolario, a volte citato in modo letterale. E anche le parti più romanzate mantengono il loro aggancio a virtù e gesti reali di Frassati.

Preziosa anche la parte delle interviste, dove si ricorda tra l’altro il suo legame con Maria Santissima e in special modo la devozione per la “sua” Madonna, quella di Oropa; il suo amore per i poveri, le sue visite al “borgo del fumo”, a Torino, dove non portava solo beni materiali, ma si preoccupava di confortare ogni famiglia. E, ancora, quello per gli ammalati, in particolare quelli ospitati alla Piccola Casa della Divina Provvidenza (il Cottolengo), uno dei luoghi che frequentava di più. Una carità eroica, la sua, fondata chiaramente sul rapporto intimo con Cristo.

Ne esce in breve un bel ritratto di Pier Giorgio, che «era conosciuto per essere un gran burlone, ma quando si trattava delle cose di Dio non c’era nessuno più serio di lui». Questa l’efficace sintesi di Christine Wohar, presidente dell’associazione Frassati USA, una delle tante realtà dedicate al beato piemontese. Un beato, vicino a essere proclamato santo (lo sarà nel 2025, per il Giubileo), la cui conoscenza può fare un grande bene alla Chiesa e al mondo intero.



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