Vaccini: la deontologia e le verità dimenticate da Avvenire
Un articolo di Avvenire tratta di alcuni medici statunitensi irritati dai non vaccinati, ma non dice che un virus a RNA seleziona le varianti, se i morti sono stati curati con le terapie adeguate, ecc. Non curare è un fatto ignobile, contrario alla deontologia medica, anche se all’origine ci fosse un paziente irresponsabile. E, comunque, non fare il vaccino anti-Covid è una scelta etica per più motivi.
Il giornale Avvenire, in un articolo del 4 agosto, riporta i dati degli Stati Uniti (sulla cui attendibilità vedi anche qui). «I nuovi casi di coronavirus negli Stati Uniti si sono moltiplicati sei volte nell’ultimo mese fino a una media di 80.000, un livello non visto da febbraio».
Peccato non sia specificato che si tratta della variante Delta: vaccinare contro un virus a RNA seleziona le varianti, varianti contro cui il vaccino non funziona, come affermò il professor Sabin, l’uomo che ha messo a punto la vaccinazione orale antipolio, e come testimoniano i terribili dati che arrivano da Israele, la nazione più vaccinata del mondo dove il 60% dei ricoverati sono vaccinati. Peccato non sia specificato che vaccinare durante l’epidemia, come ormai si sono anche lasciati scappare parecchi dei cosiddetti scienziati televisivi, scatena le varianti. Un vaccino contro un virus a RNA è un’arma spuntata che si inattiva da sola.
Continua Avvenire riportando le parole dei medici statunitensi:
Ormai hanno perso ogni remora. A ogni nuovo paziente con il Covid chiedono a bruciapelo: «È vaccinato? Perché no?». Dopo un anno e mezzo in prima linea, i medici americani non riescono ancora a prendere fiato. In alcuni Stati, come la Florida e l’Alabama, i contagi hanno battuto ogni record dall’inizio della pandemia. Qui le terapie intensive si stanno riempiendo di trentenni, quarantenni e cinquantenni che hanno contratto la variante Delta e che sono molto malati […]. Perché questi pazienti hanno rifiutato ogni opportunità di farsi iniettare un vaccino che negli Usa è disponibile, gratuitamente, ovunque da almeno sette mesi. «Sto ricoverando giovani sani con infezioni da coronavirus molto gravi – ha scritto su Facebook Brytney Cobia, del Grandview Medical Center di Birmingham, in Alabama –. Prima di essere intubati mi pregano di vaccinarli. Io tengo loro la mano e rispondo che è troppo tardi».
Cobia, come molti colleghi, si è trovata a dover inghiottire nodi di rabbia di fronte alla magnitudine di contagi che hanno invaso il suo ospedale. «Ogni volta entro nella stanza di un nuovo paziente pensando, “Okay, se l’è cercata” – dice ad Avvenire –. Ma poi lo incontro faccia a faccia, e vedo una persona che soffre perché pensava di aver preso una buona decisione, ma si è sbagliata e lo rimpiange». […]
Jacob Appel, medico di pronto soccorso e direttore del centro di educazione etica del Mount Sinai di New York, da tempo si chiede se gli americani vaccinati debbano qualcosa ai non vaccinati. È arrivato a una risposta chiara: no, assolutamente nulla. «Le persone che rifiutano le misure di salute pubblica, compresi i vaccini, in nome della libertà personale, stanno affrontando un rischio di malattia mortale – spiega –. E intenzionalmente minacciano la salute dei vaccinati, perché prendono spazio ospedaliero e risorse sanitarie che potrebbero essere spese diversamente. Un ospedale non ha nessun obbligo morale di curare un non vaccinato, anche grave, prima di altri pazienti» (Avvenire, 4 agosto 2021).
Siamo commossi dal tono affranto che sentiamo nelle parole di questi medici: stiamo facendo uno sforzo per trattenere le lacrime davanti a tutto questo dolore. Benché immersi in tutta questa sofferenza ci permettiamo però un paio di considerazioni.
Peccato che non ci sia l’intervista di coloro che vanno in ospedale per le gravissime conseguenze dei cosiddetti vaccini. Ricevo mail atroci su questo argomento. “Mia figlia sta morendo: i medici hanno detto che non hanno visto in vita loro una trombosi così devastante”. “Ho fatto il vaccino a marzo, tutti i giorni ho febbre e terribili dolori”. “Ho fatto il vaccino a giugno: da allora ogni giorno è un calvario”.
Peccato che non ci facciano vedere le cartelle cliniche dei morti: questi pazienti sono stati curati? Hanno avuto diritto all’idrossiclorochina oppure all’ivermectina, nei casi ospedalizzati l’urochinasi per contrastare la coagulazione intravasale, e plasma iperimmune nei casi più gravi, oppure la loro non cura è stata tachipirina sbagliata, ignobile vigile attesa, intubazione? Noi che curiamo somministrando vitamina D, vitamina C, idrossiclorochina, azitromicina, cortisone ed eparina abbiamo avuto un numero minimo di morti e ricoverati in terapia intensiva. La soluzione della malattia è curarla. Le cure ci sono. Se non vengono somministrate, certo che i morti aumentano.
L’ipotesi di curare male come propongono certe terrificanti infermiere italiane - faremo 15 buchi per prendere una vena - curare dopo come propongono i medici statunitensi intervistati nell’articolo, non curare affatto, come propongono altri, i non vaccinati, ha senso?
Un medico che non curi tutti, e che non tratti tutti i pazienti alla stessa maniera, ha smesso di essere un medico. Anche nell’ipotesi di un comportamento irresponsabile, come per esempio il cancro del fumatore, la metà della traumatologia, la cirrosi da alcol, il cancro anale, le malattie sessualmente trasmissibili. Un medico o un infermiere che curino solo pazienti virtuosi possono essere considerati individui ignobili. Il non vaccinarsi però è una scelta virtuosa, è una scelta etica. Io ho scelto di non vaccinarmi, anzi, di non subire l’inoculazione di questi sieri impropriamente chiamati vaccini, come scelta etica per più di un motivo, ognuno dei quali da solo sarebbe sufficiente.
Tutti e quattro i vaccini autorizzati in Italia hanno a che fare in vario modo con linee cellulari di feti abortiti (vedi qui per approfondire). Sono linee cellulari derivanti da quelle ottenute negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, quindi non sono stati praticati altri aborti per produrre gli attuali vaccini anti-Covid, ma la risposta alla domanda se nei vaccini esista una piccolissima quantità di DNA, derivante da quelle cellule fetali, è affermativa. Dunque, il DNA fetale è presente in molti vaccini, anche nei vaccini Covid ad Adenovirus usati in Occidente, ad esempio quelli prodotti dalle case farmaceutiche AstraZeneca e Johnson & Johnson. I vaccini Pfizer e Moderna, entrambi a RNA messaggero, non contengono invece DNA fetale ma sono stati entrambi testati, come ha dimostrato anche la dottoressa Pamela Acker, su cellule umane derivate da un aborto. Si tratta di un feto abortito al quinto mese, quando i fasci spino-talamocorticali che portano l’informazione del dolore sono perfettamente formati, che vengono sezionati vivi - le cellule devono essere vive - e senza anestesia, che danneggerebbe i preziosi tessuti prelevati.
I cosiddetti vaccini sono farmaci in fase sperimentale. È assolutamente non etico somministrare farmaci in fase sperimentale trasformando liberi cittadini in cavie non pagate dove esistono cure. Per il Covid-19 esistono cure a costo bassissimo. Molto importante è il rapporto costi-benefici inteso in termini economici, perché il denaro sottratto alla sanità della popolazione per dubbi farmaci sperimentali è quello stesso denaro che non ci sarà poi e senza cui le malattie saranno mal diagnosticate e mal curate.
I cosiddetti vaccini, a fronte di micidiali effetti collaterali anche mortali, danno un’immunità temporanea e parziale, molto temporanea e molto parziale, e diminuiscono solo i sintomi del 25% massimo, come ha dimostrato un articolo di Peter Doshi, pubblicato il 4 gennaio sul British Medical Journal, in cui l’autore spiega l’effettiva scarsissima efficacia dei vaccini Comirnaty di BioNTech/Pfizer e mRNA-1273 di Moderna. Quindi, il rapporto costi-benefici dei cosiddetti vaccini è clamorosamente negativo dal punto di vista sanitario, non solo economico.
La soluzione della malattia consiste nel prevenirla potenziando il sistema immunitario e nel curarla.