Va bene tutto, tranne la dottrina cattolica
A Verona, Giovanni Zenone sbaglia tattica: non intrattiene i ragazzi sui temi sociali, né dà spolverate di storia delle (altre) religioni. Questo evidentemente non è gradito. E la Curia gli toglie l'idoneità "per carenza di attitudini pedagogiche".
Giovanni Zenone è un docente di IRC, Insegnamento della religione cattolica, nelle scuole superiori di Verona. La sua religiosità, la sua cultura, la sua forma mentis è quella di un cattolico tradizionalista. Persona preparata sul piano accademico e culturale, è l’inventore delle Edizioni Fede & Cultura. I numerosi titoli del catalogo della Casa editrice, alcuni dei quali firmati anche da teologi e uomini di Chiesa, dicono che Zenone gode di stima presso molti. È sposato ed è lui stesso insieme alla moglie a condurre la casa editrice. La coppia ha sei bambini.
È accaduto tempo fa che la Curia di Verona abbia ritirato a Giovanni Zenone l’idoneità ad insegnare la religione cattolica nelle scuole pubbliche. La motivazione è la carenza di attitudini pedagogiche e didattiche. Siccome però egli è di ruolo, non può essere licenziato, anche se non può più insegnare religione perché non ha il permesso della Curia. È stato quindi adibito a funzioni di segreteria, con il relativo cambiamento di orario rispetto a quello di un insegnante. Trascorre quindi le ore in biblioteca, mette a posto qualche libro e segna qualche prestito.
Che un insegnante possa avere delle carenze nelle capacità didattiche è perfettamente logico e accade spesso. Accade per gli insegnanti di tutte le discipline e anche per quelli di religione cattolica. Per questi ultimi i problemi didattici sono anche maggiori, in quanto svolgono un insegnamento molto particolare e… difficile. Hanno a disposizione una sola ora alla settimana, hanno davanti a sé solo alcuni ragazzi della classe perché chi non si avvale del loro insegnamento esce, spesso vivono in un contesto culturale di ostilità o indifferenza e, soprattutto, insegnano una materia che, in pratica, non si sa bene cosa sia. E infatti ogni insegnante di religione la declina a suo modo, con una discrezionalità senz’altro molto maggiore rispetto alle altre discipline. Chi fa vedere un film e poi ne discute. Chi chiede ai ragazzi a quali temi siano interessati e poi si parla di quelli. Chi affronta gli argomenti “classici” della droga, della violenza, della mafia. Spesso l’ingnamento della religione cattolica viene trasformato in una generica etica sociale con qualche escursione nei campi dell’ecologia, della pace, dell’accoglienza degli immigrati. Altrettanto spesso si presentano le altre religioni, in particolare il buddismo. Senz’altro ci sono anche gli insegnanti che parlano della religione cattolica, ma sono pochi.
Data questa situazione, suscita qualche perplessità che nei confronti di un insegnante e solo nei suoi – sono rarissimi i casi analoghi – sia stato preso un provvedimento di questo genere. Eventuali carenze didattiche si potevano forse colmare. Carenze dottrinali non sembra che ce ne fossero, a meno che non sia carenza dottrinale esporre la dottrina così come essa è. Del resto, guardandosi intorno tra gli insegnanti di religione, quante valutazioni dottrinalmente scorrette vengono insegnate abitualmente senza che nessuno mai intervenga o nemmeno controlli l’insegnamento?
Al di là del caso specifico, la cosa rimanda alla situazione generale dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. Alcune diocesi cercano di attrezzarsi selezionando e formando i docenti. Però troppo spesso si tollera una modalità troppo personalistica di condurre l’insegnamento, con percorsi molto (troppo) diversi tra loro e talvolta anche lontani dalla dottrina e dalla morale cattolica. Che si tratti di un insegnamento di valenza culturale e non catechistica non esime dal presentarlo nella sua completezza contenutistica. Spesso pur di mantenere buoni rapporti con gli studenti e con le famiglie si sviliscono i contenuti dell’insegnamento.
La fedeltà ai contenuti è difficile da valutare: il responsabile dell’ufficio catechistico in aula non c’è. Apparentemente più facile è valutare il risultato didattico: basta vedere l’indice di gradimento in base a quanti studenti si avvalgono. Si tratta però di un criterio molto ambiguo. È così possibile che un docente preparato nella dottrina e che non intenda svendere i contenuti dell’insegnamento alle mode o alle bizze degli studenti venga accusato di carenze didattiche. Come anche il contrario, ossia che un docente che non insegna la corretta dottrina cattolica venga mantenuto nel suo insegnamento perché “sa stare con i ragazzi”.