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IL CASO

Utero in affitto, Rai e femministe ai ferri corti

Femministe e lesbiche sono infuriate con la Rai per il modo con cui l’azienda concessionaria del servizio pubblico sta trattando in maniera ideologica e partigiana il tema dell’utero in affitto.

Vita e bioetica 29_10_2017
Michela Murgia a Chakra

Femministe e lesbiche sono infuriate con la Rai. Non è, come potrebbero pensare in molti, per via di qualche contenuto machista o sessista veicolato nella programmazione dei canali della tv di Stato ma per il modo con cui l’azienda concessionaria del servizio pubblico sta trattando in maniera ideologica e partigiana il tema dell’utero in affitto, ponendo questa barbara pratica, che schiavizza le donne e priva i bambini del diritto a non essere concepiti come oggetto di mercimonio e orfani della madre, sotto la luce del gesto altruistico che genera vita e amore.

Per questo motivo le donne riunite sotto le sigle di Arcilesbica segreteria Nazionale,
ResistenzaFemminista, Rua - Resistenza all'Utero in Affitto, Se Non Ora quando Libere hanno lanciato una petizione su change.org dal titolo “La Rai smetta di fare spot pro-utero in affitto”. La raccolta firme si rivolge direttamente al presidente della Rai Monica Maggioni, alla quale si torna a chiedere “che il servizio pubblico si impegni a produrre una corretta informazione sul tema dell’utero in affitto o “gestazione per altri”, contro una tendenza alla disinformazione che parla di “ovociti donati” - mentre si tratta unicamente di mercato -, di “produzione di vita”, di gestanti felici. E nemmeno nomina i rischi per la salute che corrono le donne coinvolte nella pratica o i numerosi casi in cui vengono chiamati in causa i tribunali”.

“L'Europa classifica la Gpa tra le più gravi violazioni dei diritti umani – si legge ancora sul testo della petizione -. Il governo francese, nel ribadire il suo fermo “no”, ha recentemente sottolineato le “riprogrammazioni cognitive” delle donne che, unicamente per stato di bisogno, si prestano alla pratica. Non solo nei Paesi in via di sviluppo ma anche, per esempio, negli Stati Uniti. Su un tema decisivo come questo pretendiamo dal servizio pubblico un impegno alla massima consapevolezza e correttezza nel rispetto delle leggi di questo Paese”. 

L’iniziativa si è resa necessaria perché i vertici Rai non hanno fornito risposte adeguate alle iniziali rimostranze indirizzate a Viale Mazzini dalle suddette realtà. Per capire la cornice bisogna infatti fare qualche passo indietro, per l’esattezza al 7 ottobre scorso quando, durante il programma “Chakra”, condotto dalla scrittrice sarda Michela Murgia e trasmesso da Rai 3, è stato messo in scena un mega spot in favore della maternità surrogata nel contesto di una puntata dedicata alle “nuove maternità”.

Presente in studio Nichi Vendola che, ricordiamo, insieme al suo compagno Ed Testa, ha ottenuto un bambino tramite Gpa (Gestazione per altri) acquistata in Canada. Nel corso della trasmissione la Murgia ha concesso a Vendola tutto il tempo per parlare di “produzione di vita”, senza affrontare però tutti gli aspetti più drammatici e le ripercussioni più devastanti che possono riscontrarsi nelle donne usate come contenitori e nei bambini tolti dal seno delle madri anche a pochi minuti dal parto.

A Chakra è intervenuta anche la sociologa Daniela Danna che ha provato a far emergere gli aspetti più turpi della gpa sebbene incalzata dalle continue domande della Murgia. Fatto sta che l’uso ideologico della tv pubblica su un tema così delicato e dirimente per il futuro dell’antropologia umana non è andato giù alle femministe che hanno immediatamente scritto al presidente Monica Maggioni, per ricordarle che da un servizio pubblico ci si sarebbe aspettati “un'informazione imparziale e ad ampio spettro”. 

Le sigle lesbiche e femministe hanno quindi fatto notare che la “Murgia ha trasmesso un servizio tratto dal libro di Serena Marchi "Mio, tuo, suo, loro" in cui vengono intervistate solo portatrici che hanno felicemente portato a termine il loro "lavoro". Eppure “bastava fare una telefonata a Jennifer Lahl, di Stop Surrogacy Now, o mandare in onda parte del documentario Breeders (Fattrici) per dare allo spettatore un'informazione completa”.

Per riparare a questo focus a senso unico sull’utero in affitto era infine stata avanzata la richiesta di una puntata riparatoria che non è mai arrivata. Lo scorso sabato torna invece sulla questione il programma di Rai 3 “Tv Talk” di Massimo Bernardini (in passato accostato dai media al movimento di Comunione e liberazione), format dedicato  all’analisi dei programmi televisivi italiani. In studio a commentare quanto accaduto a Chakra un parterre tutto spostato sul fronte pro gpa: Giuseppe Cruciani, noto conduttore della Zanzara, e la conduttrice di Agorà, Serana Bortone, che ha avuto l’ardire di affermare “ora si può nascere in altro modo”, guardandosi bene però dallo spiegare quali sono le altre maniere per mettere al mondo un essere umano. In collegamento video la stessa Murgia che in tutta onestà ha detto che il suo profilo “non è neutrale”. Il risultato è stato un dibattito di nuovo schierato a legittimare la pratica della maternità surrogata, vietata in tutto il mondo, salvo che appena in una quindicina di nazioni, che il Parlamento Europeo ha definito la pratica gravemente lesiva dei diritti umani e che in Italia è punita dal codice penale.

Insomma la toppa è stata peggio del buco e, di conseguenza, le femministe hanno deciso di lanciare la petizione che in appena tre giorni ha raccolto circa 1300 firme. Tra le animatrici dell’iniziativa e firmatarie dell’istanza alla Rai si segnala la leader del movimento Se non ora quando Libere, Francesca Izzo, e figure di spicco del femminismo italiano come la giornalista Marina Terragni, autrice del libro sull’utero in affitto “Temporary Mother”; la fondatrice Centro Virginia Woolf , Alessandra Bocchetti  e l’autrice del documentario “Il Corpo delle Donne” e blogger, Lorella Zanardo. Sul fronte dell’attivismo del mondo omosessuale femminile si segnalano invece le firme della presidente nazionale di Arcilesbica, Roberta Vannucci, e della presidente di Arcilesbica Milano, Cristiana Gramolini. La loro presa di posizione le pone in aperto contrasto con al maggior parte delle altre sigle del mondo lgbt e anche con una minoranza interna di Arcilesbica con la quale ci sarà una resa dei conti al prossimo congresso di dicembre.

Intanto, dopo aver superato la soglia delle mille firme, il coordinamento cha ha lanciato la petizione ha scritto alla presidente della Rai Monica Maggioni, al direttore generale Mario Orfeo e al direttore di Rai 3 Stefano Coletta per avere una risposta in merito a come l’azienda intende procedere per ristabilire una narrazione non distorta e di parte del fenomeno della maternità surrogata. Se si è dato un spazio ad un politico che ha aggirato la legge italiana per accedere ad una pratica illegale, è legittimo aspettarsi che venga offerta altrettanta visibilità a coloro che si battono per la tutela delle donne e dei bambini.