Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
La sentenza

USA, la Corte Suprema stoppa le norme pro-trans di Biden

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La Corte Suprema ha confermato, in dieci Stati che hanno fatto ricorso, il blocco temporaneo dell’entrata in vigore delle norme federali che concedono pericolosi privilegi ai transgender nelle scuole di tutti gli USA. Cause pendenti in altri 17 Stati.

Esteri 21_08_2024
Corte Suprema degli Stati Uniti (Ap via LaPresse)

La Corte Suprema degli USA conferma i divieti di diversi Stati a guida repubblicana contro la riscrittura del Titolo IX ad opera dell'amministrazione Biden, che concede privilegi pericolosi ai transgender e penalizza le ragazze nelle scuole di tutto il Paese. Biden e Harris, ancora una volta, hanno spaccato gli Stati Uniti per favorire i desideri e gli interessi della lobby Lgbt.

Venerdì 16 agosto la Corte Suprema ha confermato le ingiunzioni temporanee di due tribunali di grado inferiore che bloccano la norma firmata dal presidente Joe Biden che espande la legge federale sui diritti civili alle questioni transgender nel campo dell’educazione e istruzione, compreso l’accesso ai bagni scolastici e agli sport femminili ai ragazzi che si autodichiarino femmine. Uno smacco significativo per la coppia Biden-Harris, vista la propensione a caratterizzare la propria amministrazione federale con uno spiccato favore verso l’ideologia Lgbt. Tra gli ultimi esempi, scandalosi e blasfemi, la celebrazione nel giorno di Pasqua della “Giornata nazionale per i diritti transessuali”.

Il 18 aprile scorso il Dipartimento dell'Istruzione ha ridefinito il divieto di discriminazione sessuale nell'istruzione, sancito dalle disposizioni del Titolo IX, originariamente emanato nel 1972 per proteggere donne e ragazze. L’amministrazione Biden ha incluso il divieto alla discriminazione basata sulla cosiddetta “identità di genere” di una persona, inclusa qualunque pratica scolastica che «impedisca a una persona di partecipare a un programma educativo o a un'attività coerente con la propria identità di genere».

Di conseguenza, le scuole che non si sarebbero conformate alle nuove norme avrebbero rischiato di vedersi tagliare i finanziamenti federali. Il segretario all'Istruzione, Miguel Cardona, nel presentare la riscrittura del testo aveva difeso l’equivalenza tra la discriminazione sessuale (maschio/femmina) e quella di “genere”, asservendo così le norme alle logiche Lgbt. Da allora ben 26 Stati a guida repubblicana hanno impugnato le nuove norme, sostenendo che violano le loro leggi statali e, di conseguenza, ne hanno bloccato l’attuazione. Nei 24 Stati a guida democratica, invece, la legge è entrata in vigore lo scorso 1 agosto, tra gli elogi della lobby Lgbt americana.

Come accennato, le Corti d'Appello degli Stati Uniti per il 5° e il 6° Circuito avevano concesso nei mesi scorsi ingiunzioni preliminari, bloccando l'entrata in vigore delle nuove regole. Il segretario all’Istruzione aveva quindi fatto ricorso alla Corte Suprema perché annullasse i provvedimenti per motivi d’urgenza, visto l’approssimarsi dell’inizio dell’anno scolastico; ma la Corte Suprema ha respinto la richiesta dell’amministrazione Biden.

La sentenza della Corte Suprema blocca le nuove regole pro-Lgbt negli Stati di Tennessee, Indiana, Ohio, Virginia Occidentale, Kentucky e Virginia, che hanno presentato una causa unitaria; e in Louisiana, Mississippi, Montana e Idaho, per un’altra causa simile. In altri 16 Stati a guida repubblicana ci sono altre cause pendenti nei tribunali inferiori. Stesso discorso per lo Stato di Washington, a guida democratica, dove la causa per un’ingiunzione preliminare è stata intentata da un’associazione di genitori, mentre l’amministrazione dello Stato è d’accordo con quella federale.

Il Tennessee, la Louisiana e gli altri Stati che si sono uniti alle due cause analizzate dalla Corte Suprema sostengono che la riscrittura del Titolo IX  ridefinisce illegalmente la discriminazione sessuale, viola i diritti di studenti e dipendenti alla privacy e alla sicurezza fisica, viola molte costituzioni statali e infine, richiedendo a studenti e insegnanti di usare i pronomi preferiti dai transgender, viola il Primo Emendamento. Tutti e nove i giudici della Corte Suprema hanno concordato che il Tennessee, la Louisiana e i gruppi che hanno aderito alle loro cause, hanno diritto a un provvedimento provvisorio che blocchi l’applicazione nei loro Stati delle nuove norme pro-transgender dell'amministrazione Biden. Tuttavia, quattro giudici, le liberal Sonia Sotomayor, Elena Kagan, Ketanji Brown Jackson e il conservatore Neil Gorsuch, hanno dissentito sull’ampiezza della decisione, giudicando eccessivo il blocco dell’intera regolamentazione del Titolo IX per gli Stati che ne hanno denunciato l’incostituzionalità.

Nell'opinione di maggioranza si legge che il governo «non ha fornito a questa corte una base sufficiente per modificare le conclusioni provvisorie dei tribunali inferiori».

Jonathan Scruggs, vicepresidente dell'Alliance Defending Freedom e attore in questa causa, in una dichiarazione pubblica sulla sentenza, ha detto di apprezzare la decisione della Corte Suprema che «ha giustamente affermato le decisioni del 5° e 6° Circuito di limitare gli sforzi illegali dell'amministrazione di riscrivere il Titolo IX mentre… questa amministrazione sta ignorando la realtà biologica, la scienza e il buonsenso».

I blocchi nei suddetti Stati sono solo “ingiunzioni preliminari”, il che significa che sono temporanei, in attesa di un’ulteriore revisione da parte dei tribunali. L’Independent Women's Forum ha pubblicato una mappa interattiva che mostra quali Stati hanno bloccato con successo la norma e in quali Stati è invece attuata.