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IL CASO

Uova contro Daisy, il razzismo degli "anti-razzisti"

Tre giovani (uno è figlio di un consigliere Pd) in vena di "goliardate". Il fermo dei responsabili conferma quanto già chiaro dall'inizio: nel lancio di uova contro Daisy Osuake il razzismo non c'entra nulla. Una vicenda che suggerisce due riflessioni.

Editoriali 03_08_2018
Daisy Osakue

Potremmo anche cavarcela con una risata, in fondo era solo una questione di tempo. Il tempo di trovare i tre deficienti responsabili del lancio notturno di uova a Moncalieri - che hanno colpito, tra le altre, l’atleta azzurra di lancio del disco Daisy Osakue - e avere conferma di quanto era già chiaro fin dal principio: il razzismo non c’entra nulla, era «una goliardata». A rendere ancora più ridicolo il circo di giornalisti e politici impegnati a lanciare l’emergenza razzismo ignorando la realtà, sta la scoperta che uno dei tre deficienti è figlio di un consigliere comunale del Pd. Peggio di così… neanche un cugino alla lontana di uno che una volta aveva messo un like alla pagina Facebook di Salvini a cui potersi appigliare. Niente: Sky, Repubblica, Rai, Avvenire, Mentana, Boldrini, Renzi e tanti altri ancora sprofondano nel ridicolo senza neanche la possibilità di un salvagente.

Potrebbe bastare così, una risata e via a occuparci di cose più serie. Il problema è che a pensarci anche questa è una cosa dannatamente seria. Perché tutti dovrebbero aver paura di un sistema mediatico e politico capace di scatenare una guerra contro uomini e istituzioni distorcendo e pompando una notizia di cronaca che si possa prestare allo scopo. Fin dal primo momento la pista del razzismo era improbabile, sono bastate poche ore per scoprire che diverse erano già state le vittime dei lanciatori di uova, tutte dalla pelle bianca. Eppure a fianco della pura cronaca abbiamo ascoltato e letto servizi che grondavano indignazione, rabbia e odio soprattutto contro il ministro dell’Interno Salvini e contro tutti quelli che chiedono di fermare la tratta degli schiavi nel Mediterraneo.

Nel nome di Daisy abbiamo letto pagine terribili nei confronti soprattutto di Salvini, ritenuto il mandante morale degli aggressori di Daisy e di tutti i presunti atti di razzismo in Italia. È stata offerta un’immagine del nostro Paese tanto inquietante quanto falsa, un‘Italia percorsa da nord a sud da bande di razzisti, alimentate dal governo, intente a pestare, punire, torturare i poveri immigrati. Che qualche episodio di razzismo ci sia e ci possa essere purtroppo è nell’ordine delle cose, così come ci sono ladri e assassini. In ogni caso si tratta di episodi di gran lunga inferiori agli episodi di razzismo che sempre più spesso avvengono tra gruppi di immigrati, con aggressioni e scontri nelle nostre città anche in pieno giorno.

Non si deve giustificare nessuna violenza, nessuna discriminazione ma il delirio “anti-razzista” a cui abbiamo assistito in questi giorni è ben peggiore del lancio di uova. E fa impressione che di questo coro barbaro faccia parte – anzi, abbia un ruolo di tutto rilievo – il direttore di Repubblica Mario Calabresi che pure, di accuse false finite in tragedia dovrebbe essere purtroppo esperto. Ed è scandaloso che a lanciare le pietre più pesanti contro Salvini e contro gli italiani xenofobi e razzisti sia stato Avvenire, soprattutto il suo direttore Marco Tarquinio (clicca qui per un’analisi degli interventi del giornale dei vescovi). In questo caso, viene da chiedersi se la crociata anti-razzista non serva anche a distogliere dalle imbarazzanti vicende dei vescovi gay, su cui anche diverse gestioni di Avvenire dovrebbero essere chiamate a dare spiegazioni.

Ora, comunque, possiamo scommettere che nessuno di loro – giornalisti e politici - chiederà scusa (pronto e ben lieto di essere smentito dai fatti), né che l’Ordine dei giornalisti coglierà l’occasione di dare un senso alla propria esistenza sanzionando chi ha così gravemente violato la deontologia professionale. E gli allarmi sul razzismo continueranno pompando altri casi di cronaca e rischiando seriamente di provocare quelle reazioni che, a parole, si vorrebbe scongiurare (ma che forse in realtà ci si augura per confermare la propria ideologia).

C’è un secondo aspetto che rende quanto accaduto molto grave. Ed è il fondato sospetto che se non fosse stata colpita Daisy, la banda dei goliardi avrebbe continuato a lungo le sue bravate a base di uova. In due mesi, è emerso ieri, sono stati ben sette i raid compiuti ma solo dopo l’attacco all’atleta di origini nigeriane c’è stata la mobilitazione delle forze dell’ordine, tale che in tre giorni sono stati presi i responsabili. Insomma, sembra ormai che in Italia un atto delinquenziale diventi crimine da perseguire solo se le vittime sono stranieri, preferibilmente neri. È questo il vero razzismo, così come quello di coloro che si accorgono delle vittorie italiane nello sport solo quando le atlete impegnate sono nere. È questo che gli italiani fanno sempre più fatica a sopportare, poi non si lamentino se la Lega fa il pieno di voti.