Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IMMIGRAZIONE E RAZZISMO

United Colors of Avvenire

Dopo la figuraccia sui lanciatori di uova e l'allarme razzismo, Avvenire invece di chiedere scusa rincara la dose: qualsiasi violenza è comunque figlia della xenofobia e della propaganda leghista. Una tesi demenziale, ma a inquietare di più è il tipo di cultura da cui nascono certe battaglie, come dimostra l'ultima campagna di Benetton, firmata da Toscani.

Editoriali 06_08_2018
Avvenire del 31 luglio

Alcuni giorni fa c’è chi ha provato a innescare una polemica (l’ennesima) contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini per via di una maglietta con scritto in inglese “La miglior difesa è l’attacco”, frase che sarebbe sospetta di simpatie neonaziste. Ma quello che Salvini porta scritto su una maglietta, qualcuno dei suoi più feroci critici lo mette in pratica.

È l’esempio di Avvenire: il quotidiano dei vescovi italiani, non pago del clamoroso scivolone dei giorni scorsi quando ha lanciato una crociata anti-razzista per l’uovo lanciato contro Daisy Osakue all’insegna del “Vergogniamoci”, invece di chiedere scusa rincara la dose. E propone una raffica di articoli e commenti (i principali qui e qui) per dimostrare che quel lancio di uova, anche se non immediatamente collegabile al razzismo, lo è indirettamente. In altre parole: siccome Salvini e quelli come lui hanno creato un clima di violenza – senza mai spiegare in che modo – qualsiasi atto di violenza ha a che fare con il razzismo. Insomma i lanciatori di uova non lo sanno ma è a causa del razzismo dilagante che tirano uova ai passanti; chissà se gli avvocati dei tre giovani useranno questo argomento come linea difensiva. Ma allora, viene da chiedersi, quei delinquenti che lanciavano sassi dai cavalcavia delle autostrade? E quelli che hanno aggredito sistematicamente le Sentinelle in piedi? Razzismo anche lì? È chiaro che ormai si è perso anche il senso del ridicolo.

Per Avvenire sembra proprio che tutto quello che succede abbia a che fare con il razzismo. Ci spiega un certo Maurizio Fiasco che i «modi “pubblici” subiscono la traslazione nel “privato”, anche nelle occasioni conviviali». Così che, a causa di Salvini, nelle case degli italiani «a tavola non si conversa, ma si disputa profferendo parole brutte e cattive». Parli per casa sua, verrebbe da dire. Ma poi a proposito di «parole brutte e cattive», ecco l’editoriale del direttore Marco Tarquinio che divide l’Italia in due e insulta pesantemente quella parte di governo che, secondo lui, non ha alcun diritto di rappresentarla perché ne sfigura addirittura i lineamenti.

Si può ben dire che per Avvenire la miglior difesa è l’offesa. Ma tralasciando le modalità di comunicazione, quello che sta diventando veramente inquietante è la tesi che c’è dietro a questa isteria polemica: chiunque sia a favore di uno stop all’immigrazione clandestina è per questo bollato come xenofobo e razzista, chi osa proporre l’argomento di una identità da preservare (anche come garanzia di integrazione) è per ciò stesso non cristiano. Ma ai vertici della CEI c’è qualcuno che si rende conto dei deliri che quotidianamente escono dalle pagine di Avvenire?

E qualcuno si rende conto che la visione ideologica che porta a identificare il Vangelo con precise scelte politiche (peraltro nel segno dell’illegalità) è a servizio di una cultura profondamente anticristiana, che distorce parole e simboli della fede cristiana? Senza andare troppo lontano, basti vedere la pubblicità uscita in questi giorni di Benetton (United Colors of) firmata come al solito da Oliviero Toscani. «Nudi come San Francesco» è il tema: nove ragazzi e ragazze di diverse etnie, completamente nudi, tutti abbracciati l’un l’altro e un commento di Toscani al Cantico delle Creature, che suona come una parodia blasfema delle parole di San Francesco, un inno a un multiculturalismo estremo che cancelli tutte le identità.

È la teorizzazione di una «rivoluzione – dice Toscani - che diventa con-fusione perché toglie l'identità certa all'Oriente e all'Occidente e li con-fonde». Questo è l’orizzonte culturale, la società ideale immaginata dall’élite dominante: l’abolizione dei confini e una libera quanto incentivata immigrazione è il passaggio necessario. Triste vedere una certa gerarchia ecclesiastica omologata a questo disegno.