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RIFORME

Un'altra Sanità è possibile Il modello Lombardia

Il decreto Lorenzin per il taglio della spesa sanitaria ha sollevato un coro di proteste. Ma lo Stato può continuare a basarsi sulla spesa pubblica? La Sanità rappresenta il 7% del Pil e solo la Lombardia ha il bilancio in pareggio. Perché è l'unica che offre un modello alternativo: competizione fra privati e pubblico.

Editoriali 02_10_2015
Beatrice Lorenzin

Infilando in un decreto governativo una serie di prescrizioni e di indicazioni volte al contenimento dall’alto della spesa pubblica sanitaria italiana, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha sollevato un vespaio. Il punto più contestato è quello relativo al contenimento della prescrizione di oltre 200 esami e altre pratiche diagnostiche particolarmente costose. Protestano i sindacati dei medici dicendo che così si vuole limitare la loro autonomia professionale, si spaventano i cittadini che già credono che le prestazioni in questione cominceranno a diventare a pagamento per tutti. 

Al di là della questione specifica la vicenda ci riporta al problema-chiave, non solo del nostro Paese ma degli Stati moderni in genere; e alle strade da percorrere per risolverlo. Tutti o quasi gli Stati del nostro tempo sono alle prese con il dilagare della spesa pubblica al di là di quanto sarebbe consentito dal gettito fiscale, e quindi con la crescita continua del debito pubblico. Un fenomeno che è cresciuto enormemente di dimensioni da quando e dove lo Stato è divenuto anche “sociale”, ovvero ha cominciato a offrire in forma gratuita o semi-gratuita servizi sanitari e assistenziali a tutti coloro che sono presenti sul suo territorio.  Nel caso dell’Italia la sola spesa sanitaria pubblica ammonta a circa IL 7% del prodotto interno lordo: più di 110 miliardi di euro, pari a quasi 1870 euro pro capite all’anno. 

A monte di qualsiasi specifica soluzione tecnica il problema implica preliminarmente una scelta di filosofia politica: si tratta cioè di scegliere se tirare innanzitutto la leva del controllo burocratico (uniforme e centralizzato per natura sua) oppure la leva della responsabilità della persona. Beninteso, stiamo parlando di una scelta prevalente, non esclusiva. Da un lato la responsabilità della persona ha la sua parte pure nel primo caso, e dall’altro il controllo burocratico occorre anche nel secondo.

L’esperienza sta ad ogni modo dimostrando che la prima alternativa non solo è la più rispettosa della libertà e della democrazia, ma è anche quella che funziona meglio. Di fronte alla crisi funzionale e finanziaria dello Stato moderno la via d’uscita più promettente è insomma quella dell’autonomia responsabile, della coincidenza in tutta la misura del possibile del potere di spesa e del potere di prelievo fiscale, e quindi del federalismo competitivo.

Condizionati dalla burocrazia ministeriale, pure i governi precedenti erano più o meno tutti quanti sulla linea del controllo burocratico centralizzato, ma nessuno l’aveva mai sposata in modo tanto trionfale e consapevole come l’attuale governo. Di fronte a ogni problema la risposta è sempre la medesima: più centralizzazione, più controllo dall’alto, più norme e vincoli uniformi dalle Alpi alla Sicilia, più burocrazia centrale con il proliferare ad ogni piè sospinto di nuove agenzie statali. D’altra parte ciò quadra perfettamente con la cultura neo-laburista di Renzi, dei suoi ragazzi e delle sue ragazze.

Veniamo al caso della sanità, che è una competenza delle Regioni. Nel 2008 il suo disavanzo totale era di 3,9 miliardi di euro, dei quali però la bellezza di 3,2 miliardi si concentrava in alcune Regioni del Centro-Sud. Da allora la situazione è peggiorata e si è arrivati al punto che solo la Lombardia ha i conti della sanità in pareggio: in termini di numero delle Regioni significa un ventesimo, ma per fortuna in termini di popolazione significa un sesto del Paese. 

Basterebbe allora sollecitare tutte le altre Regioni a innovare la loro sanità secondo il medesimo modello. Invece ci si arrovella a inventare meccanismi uniformi a controllo centralizzato che poi non funzionano e quindi non servono a nulla, se non a provocare ulteriori costi e rallentamenti. Sarebbe molto più logico andare a vedere come mai la sanità lombarda dà ottimi servizi senza accumulare passivi, e chiedere con la dovuta fermezza al resto d’Italia di mettersi sulla stessa strada. Allora non si tarderebbe a scoprire che la chiave del successo della sanità lombarda è stata la restituzione all’utente della sua libertà di scegliere dove e da chi farsi curare: un’innovazione che ha messo in virtuosa concorrenza tra loro tutti gli ospedali, pubblici o privati accreditati che fossero. E’ in sostanza il metodo della responsabilità che ha fatto bene in primo luogo alla sanità pubblica, tanto e vero che in Lombardia gli ospedali più qualificati e apprezzati sono per la maggior parte ospedali pubblici.