Una primavera cristiana nell'Europa centrale
Slovenia, Slovacchia e prossimamente (probabilmente) anche la Croazia, stanno votando forze politiche conservatrici cristiane, con programmi che difendono la vita e la famiglia senza alcun timore. I protagonisti di questa nuova stagione sono Janez Jansa della Slovenia, Igor Matovic della Slovacchia e in futuro forse sarà Miroslav Skoro in Croazia
In Europa, nel cuore del continente, nonostante le nostre giuste distrazioni e preoccupazioni su epidemie e crisi economiche, verso le quali nessun leader ha dimostrato sinora né la serietà né le competenze necessarie, avanza tanta buona politica e buon governo ancorato ai principi non negoziabili cristiani (e umani).
Parliamo del centro Europa e di primi ministri e coalizioni che da qualche giorno stanno marcando il proprio virtuoso cammino. Nei giorni scorsi la Slovenia e il suo Parlamento hanno salutato con fiducia l’elezione del nuovo primo ministro Janez Janša che guiderà una coalizione ampia con un programma chiarissimo: natalità e politiche famigliari sono tra le priorità assolute del programma. Non solo, l’impegno dei partiti di governo è anche quello di dar seguito alle sentenze della Corte Costituzionale, tra le quali spicca la decisione di sostenere equamente la scuola pubblica, sia essa statale che privata. Ancora, il governo di centrodestra promette di istituire un programma di alloggi per giovani famiglie e costruire appartamenti ad affitti calmierati, un regime in base al quale le famiglie con due o più bambini iscritti contemporaneamente all'asilo pubblico pagherebbero solo per il primo figlio, un assegno universale per bambini e incentivi che promuovono "una maggiore iscrizione di tutti i bambini nelle scuole materne”. Inoltre non mancano gli impegni per le pensioni, cure sanitarie per gli anziani e decentralizzazione locale.
Eletto lo scorso 3 marzo, il Premier Janez Janša, politico di lungo corso, è stato subito criticato dai mass media globali come ‘amico di Orban, nazionalista e sostenitore delle politiche antimigratorie’, un modo per denigrare e marchiare il suo governo come anti-liberale ancor prima che entrasse in carica, tuttavia è giusto ricordare che alle elezioni del 2018 era stato proprio Janez Janša ed il suo partito SDS ad essere i più votati (24,92%) anche se la brama di potere della sinistra (perdente) era riuscita a convincere i piccoli partiti di centro a coalizzarsi pur di spuntare una inefficace maggioranza parlamentare. Il bene avanza bene in centro Europa.
I primi segnali dalla Slovacchia, che ha votato sabato 29 febbraio sono molto incoraggianti. I timori del mainstream europeo, che da giorni si dice allarmato per un possibile governo di conservatori, dopo che nei mesi scorsi tutta la sinistra e i grandi filantropi si erano battuti per distruggere i consensi dei Socialisti Slovacchi (colpevoli di non aver mai accettato l’introduzione dei matrimoni gay, né la liberalizzazione dell’aborto), sono fondati. Lo scorso anno, grazie alla protesta di piazza e una colorata rivoluzione, venne eletta alla Presidenza della Repubblica Zuzana Čaputová, le speranze di una vittoria elettorale della formazione liberal-populista-progressista, caldeggiata dall’attuale Presidente e guidata dall’ex Presidente Andrej Kiska, sono naufragati sabato scorso. Il nuovo Governo di Igor Matovič, vincitore alle elezioni dello scorso week end, sarà cattolico, conservatore e promotore dei valori non negoziabili, come anticipato da Nico Spuntoni. La paladina delle battaglie pro vita e pro famiglia della Slovacchia e già parlamentare democristiana a Bruxelles, Anna Záborská è stata attivamente presente sia nella elaborazione del programma elettorale sia nella stessa marcia che ha portato “Obyčajní Ľudia” ha stravincere le elezioni.
L’altro ‘partito-pilastro’ della prossima coalizione di governo sarà “Sme Rodina” (Noi siamo la famiglia), nato dalla ceneri della iniziativa referendaria del 2013 per bandire matrimoni, adozioni gay ed educazione ‘gender’. Ai 70 seggi su 150 totali che questi due partiti hanno in Parlamento, il Primo Ministro incaricato Igor Matovič ha invitato nei giorni scorsi anche l’ex Presidente e leader di “ZaL’udì” Kiska. Non si pensi in un annacquamento sui temi fondamentali o valori non negoziabili del programma di governo. L’ennesimo segnale politico che conferma la bontà e la determinazione con la quale il Premier incaricato e i suoi partner vogliono iniziare il proprio mandato è di Giovedì 5 Marzo: la Presidente della Repubblica Zuzana Čaputová ha dovuto inviare una chiara lettera ufficiale al Consiglio di Europa per comunicare che la Repubblica di Slovacchia non ratificherà la Convenzione di Istanbul e ritira la sua firma al documento. Una decisione inequivocabile, richiesta in passato anche dai Socialisti, oggi seconda forza parlamentare, che la Presidenza della Repubblica non poteva più rifiutarsi di compiere.
La Croazia non sta a guardare e si prepara una gran sorpresa per le elezioni del prossimo dicembre. Il candidato alla Presidenza della Repubblica ed unica vera sorpresa elettorale con il suo 24.45% di voti validi, Miroslav Škoro ha presentato il proprio nuovo partito e confermato il suo impegno per portare un vero cambiamento nel paese: una forte politica sovrana, una fondamentale promozione della vita umana dal concepimento alla morte naturale e una determinata ed efficace politica famigliare, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna. Non è difficile immaginare che in Croazia tutte le associazioni e chiese che vinsero il referendum costituzionale sulla definizione di famiglia e matrimonio nel 2013, proprio contro il parere dell’allora primo ministro socialista e attuale presidente della Repubblica Zoran Milanović, si coalizzeranno a sostegno dell’unico partito pro vita e pro famiglia alle prossime elezioni di dicembre.
Dunque una nuova primavera di serietà e valori cristiani sta crescendo nel Centro Europa, non lasciamoci ingannare: nazioni come la Slovacchia, la Slovenia e la Croazia - queste ultime due reduci dalla drammatica storia dell'ex Jugoslavia - tornano protagoniste della rinascita europea e si aggiungono agli esempi di Ungheria e Polonia. È dunque possibile l’impegno cristiano in politica, purché sia coerente con quei principi non negoziabili che molti, troppi, anche a casa nostra, hanno scordato.