Un profeta, ma mainstream. Più ascoltato che letto
Il profluvio di parole per Camilleri, il solito Spadaro che lo chiama "profeta". Eppure i suoi libri non sono oggetto di analisi letterarie: le lodi sono solo per le sue dichiarazioni politiche che lo hanno reso un intellettuale organico del pensiero comodo: dall'antisalvinismo all'eutanasia.
-IL MANCATO INCONTRO di Rino Cammilleri
Profeta, genio e vate. Basta così o ci sono altre definizioni ancor più mitologiche per Andrea Camilleri? Lo scrittore e papà di Montalbano è morto ieri all’età di 93 anni e il senso di moderazione che è in ognuno di noi ha subito duri colpi. L’Italia sulle prime pagine dei giornali ha celebrato uno scrittore di Agrigento e va bene. Ma forse tra le migliaia di parolai e di parolieri che lo hanno celebrato, verrebbe da chiedersi se i laudatores che oggi riempiono di like e post le bacheche lo abbiano mai veramente letto.
Letto non vuol dire di aver visto le puntate del commissario Montalbano perché questo è ingannare la storia e la letteratura anche se lui, produttore del Maigret televisivo di Gino Cervi, accettava volentieri la spuria fedeltà della versione tv della sua creatura. Letto non vuol dire avere sugli scaffali tutti i suoi “Montalbano”. Troppo poco. E forse basterebbe avere la sincerità per dire: «Non ho mai letto un solo libro del commissario Montalbano, celebro Camilleri solo perché odiava Salvini e prima di lui Berlusconi. Insomma, perché era organico al mio mondo di sinistra». Ecco forse basterebbe essere un po’ sinceri con se stessi.
Invece assistiamo ad una incensazione piuttosto ridicola per uno scrittore nato in teatro, ma cresciuto in Rai e nelle produzioni televisive di quando la tv di Stato mandava in scena il teatro di qualità. Lettissimo nella sua Sicilia, ma nel Paese conosciuto più attraverso Repubblica che per i suoi libri e soprattutto per le sue esternazioni politiche, esasperate il più possibile, come i suoi attacchi recenti a Salvini: «Quando vedo Salvini recitare il Rosario mi viene il vomito», disse. Che lirismo. Però tutti da quel giorno lo hanno eletto a profeta, mascherando le sue uscite di un'aura sacralità che celava in realtà soltanto un intellettuale organico al pensierocomodo. «Camilleri è per l'eutanasia»; «Il papà di Montalbano dice che peggio di così, neanche il Reich»; «Il nuovo Montalbano parla di migranti: che profeta inascoltato!». E giù like.
Ora, uno se avesse letto davvero Cammilleri e basta, magari non solo Montalbano, ma anche gli altri suoi 100 libri, potrebbe provare a metterlo in relazione alle denunce di Sciascia, al drammatico occhio di Verga, all’indagine sull'uomo di Pirandello. E magari vedere come tutto questo si inserisse nel suo “siculiano” letterario, in quel vigatese che ha potuto esprimere totalmente soltanto in quella che ha definito la sua creatura più amata, Il Re di Girgenti, interamente scritto in siciliano e perciò difficilmente manipolabile. Ma il fatto è che di analisi serie sulla sua penna, di una critica verace del suo stile, della sua personalità, del suo personaggio, delle sue creature, noi non ne abbiamo viste in queste ore. E forse ci vorrebbero. Onore a Pietrangelo Buttafuoco che ci prova e da tempi non sospetti e a Fiorello che con una semplice imitazione lo racconta meglio dei turiferari di giro.
Ma altri non ne troviamo, eppure bisognerebbe indagare il perché al Montalbano letterario sembra interessare l'indagine come itinerario personale, non la ricerca ossessiva del colpevole o della verità giudiziaria. Oppure notare come a fronte di tanta orizzontalità di sguardi mancasse nei suoi personaggi quell'anelito verticale che lui - orgogliosamente non credente - sperava di trovare in un'eternità che non coglieva. Forse perché sono tutti intenti non a dire chi fosse lo scrittore Camilleri, ma a esaltare il suo attivismo politico da copertina: politici, sindaci e deputati, attori, presenzialisti da social di ogni tipo.
Ci mancava Padre Spadaro, perché certo milieu clericale l’occasione di accodarsi al treno dell’ovvio non la perde mai. Il direttore della Civiltà Cattolica lo definisce così: «Una voce profetica che ha preso posizioni forti». Su cosa, di grazia, dato che Camilleri è stato sempre organico al pensiero mainstream? Ha mai pagato per le sue idee che prima - in buona compagnia - furono fasciste e poi comuniste, per sua stessa ammissione? Insomma, di tanta letteratura non si deve aver parlato se quando per la prima volta i due si sono parlati, il padre gesuita è rimasto colpito «dalla sua grande stima per il Papa. Era come se vedesse nella figura di Francesco un’ancora di umanità per una situazione che lo metteva in seria difficoltà, quasi un presidio di umanità». Insomma, incensare Camilleri per incensare il Papa? Ma dico, si può essere più clericali? Forse sì. Si può usarlo ad esempio per l’immigrazionismo.
Don Ivan Maffeis, sottosegretario Cei: Camilleri? «Con i suoi romanzi ha raccontato il Paese che si oppone alla logica dello scarto». Vediamo un po’. Maffeis racconta di un evento a cui ha partecipato con lui, quindi non delle sue pagine. E pazienza. «Ci ha offerto una lezione di storia e memoria contro le derive dell’uomo: ha raccontato la notte buia della ragione, la ferocia della Shoa (…) è stato cantore delle difficoltà del nostro Paese puntando il dito contro la mafia e lo sfruttamento dei migranti». Ecco, uno pensa alla cultura dello scarto e si aspetta aborto e eutanasia. Invece si ritrova il solito birignao. Ma l’avrà mai letto?
Ma non è finita: anche Monsignor Edoardo Viganò deve farci sapere la sua. Anzitutto ricordando di quando aveva incontrato il produttore della serie Tv, si vede che non aveva mai potuto conoscere di persona lo scrittore e ha ripiegato. E poi per dirci che «Camilleri ha raccontato il cambiamento del nostro Paese aiutandoci a cogliere le pagine irrisolte, in prima linea per la legalità». Mah. Il cambiamento? Quale? Che poi, a guardare le puntate in tv, di mafia non c’è mai l’ombra. Però dicono sia un profeta.