Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
GESTIONE DELLA PANDEMIA

Un milione di nuovi poveri chiede conto al governo

Nel 2020 drammatico aumento della povertà assoluta, secondo gli ultimi dati dell'Istat. Non è una conseguenza ineluttabile della pandemia, ma della sua folle gestione. E di chi ha contrapposto le ragioni della salute alle ragioni dell'economia.

Editoriali 17_06_2021

Record di poveri in Italia. Lo ha certificato ieri l’Istat confermando le stime già diffuse in marzo: nel 2020 hanno superato i 2 milioni le famiglie che vivevano in povertà assoluta (il 7,7% del totale rispetto al 6,4% dell’anno precedente); mentre gli individui sono 5,6 milioni (9,4% rispetto al 7,7% del 2019). Vuol dire che in un solo anno sono entrate in povertà assoluta altre 335mila famiglie e 1 milione di persone. Cifre che parlano da sole. Sia chiaro, se prendiamo in esame l’andamento degli ultimi 15 anni vediamo che c’è un tendenziale aumento alla povertà assoluta (nel 2005 erano meno di due milioni i poveri in Italia), ma mentre il 2018 aveva visto una stabilizzazione e il 2019 aveva addirittura mostrato una significativa inversione di tendenza (7,7% delle famiglie contro l’8,4% dei due anni precedenti), l’anno della pandemia ha segnato un’imponente crescita di povertà.

I dati dell’Istat confermano quanto in realtà è già visibile a occhio nudo e che ci fa prevedere per il 2021 risultati ancora peggiori. La narrazione ufficiale è che si tratta degli effetti ineluttabili di una pandemia, ma è ovvio che la realtà è ben altra. Questa situazione è l’esito di un lockdown feroce e indiscriminato che, senza necessità, ha bloccato l’economia di un paese intero, e che solo parzialmente è stato allentato dopo un anno e mezzo di emergenza. Non a caso l’aumento più evidente della povertà si registra nelle regioni del Nord, il motore economico dell’Italia: qui l’aumento è stato addirittura di 1.8 punti contro l’1 del Centro e lo 0,7 del Sud.

Si è trattato anzitutto di una chiara incapacità di gestire la pandemia, e di una ostinata determinazione ad aspettare l’arrivo del salvifico vaccino rinunciando o addirittura ostacolando la possibilità di cure precoci che avrebbero evitato tante morti. La propaganda di regime ha fatto sì che tuttora la maggioranza delle persone creda che, in mancanza di un vaccino, non si possa fare nulla se non aspettare il decorso della malattia (e un po’ di tachipirina) sperando di essere colpiti in forma lieve. Una vera e propria menzogna come abbiamo dimostrato più volte su queste pagine.

Ricordiamo che l’intera Italia è stata messa agli arresti domiciliari quando il virus era concentrato soltanto in alcune aree del nord e quando il vero scarto di decessi rispetto agli anni precedenti ha riguardato quasi esclusivamente gli ultranovantenni e in piccola parte gli ultraottantenni. È come se per una frattura della mano si immobilizzasse a letto una persona.

La povertà economica è solo una conseguenza di questa decisione folle: più volte ci siamo interessati delle gravissime conseguenze che il lockdown ha avuto sulla salute mentale delle persone, per non parlare del disastro scolastico da cui sarà difficile riprendersi (anche perché non viene riconosciuto e affrontato).

Ma tornando ai drammatici dati economici, dobbiamo anche ricordare la miopia e l’idiozia di chi ha voluto mettere in contrapposizione salute ed economia. «Come si può pensare all’economia quando c’è di mezzo la salute?», si diceva scandalizzati. Anche qui, lo avevamo detto fin da subito: è una contrapposizione criminale, perché avrà come conseguenza il drastico peggioramento della salute degli italiani. Perché il Covid non è l’unica malattia e tanto meno è l’unica causa di morte. Ed ecco il risultato: un milione di persone in più in povertà assoluta vuol dire avere un milione di persone in più che non saranno in grado di curarsi nemmeno per malanni banali, perché non possono permettersi di spendere soldi in medicine, normali antiinfiammatori o antipiretici o disinfettanti; figurarsi per esami più sofisticati. Per capire meglio, chiedere agli enti assistenziali che devono fronteggiare una domanda sempre crescente di farmaci da banco. E una povertà più generalizzata significa anche meno tasse pagate e quindi meno risorse per la sanità pubblica.

Le ragioni della salute non possono essere disgiunte dagli altri fattori, dalla esigenza dell’uomo di relazioni, di lavoro, di educazione, di coltivare la propria fede. Quando uno solo dei fattori in cui si esprime e realizza l’uomo viene assolutizzato, si pongono le basi per il disastro umano e sociale. È quello che sta avvenendo, in Italia più che in qualsiasi altro paese. Non c’è niente di ineluttabile in questo, l’aumento così clamoroso della povertà ha delle precise responsabilità politiche e morali.