FINANZA
Un italiano anomalo dà la scalata alla Bce
Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, sembra ora favorito per la corsa alla Banca Centrale, visto il ritiro dei candidati più pericolosi.
Attualità
02_05_2011
Il Governatore della banca d’Italia, Mario Draghi, è il candidato più autorevole alla successione di Jean Claude Trichet alla presidenza della Banca centrale europea. Soprattutto dopo il ritiro un po’ a sorpresa dalla corsa di quello che fino a qualche settimana fa sembrava essere il candidato principale, il presidente uscente della banca centrale tedesca, Axel Weber. Un ritiro, probabilmente motivato dalla convinzione che la candidatura, pur sostenuta dalla Germania, avrebbe incontrati forti ostacoli date le aperte critiche avanzate dallo stesso Weber alla gestione attuale della Bce.
La scelta del futuro custode dell’euro appare ora quanto mai complessa e legata al sottile filo degli equilibri politici dei diversi paesi . Il candidato che dal punto di vista della competenza professionale e del prestigio personale sembra in teoria poter aver le più forti possibilità è, come detto, l’attuale governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.
Convinto sostenitore della moneta unica, grande esperto dei mercati finanziari globali, chiaramente al di sopra delle parti a livello politico, Draghi è attualmente anche presidente del Financial Stability forum, l’organismo internazionale che riunisce i rappresentanti dei governi, delle banche centrali e delle autorità nazionali di vigilanza.
Convinto sostenitore della moneta unica, grande esperto dei mercati finanziari globali, chiaramente al di sopra delle parti a livello politico, Draghi è attualmente anche presidente del Financial Stability forum, l’organismo internazionale che riunisce i rappresentanti dei governi, delle banche centrali e delle autorità nazionali di vigilanza.
Il suo curriculum parla di esperienze internazionali sia in campo pubblico, sia in quello privato. Dal 1984 al 1990 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale. E’ stato poi nominato direttore generale del Ministero del Tesoro dove ha guidato il comitato per le privatizzazioni. E’ stato l’artefice del Testo Unico per la finanza, noto come “legge Draghi” che ha introdotto forti miglioramenti nella trasparenza delle Borse valori. E, prima di essere chiamato nel 2006 alla guida di Banca d’Italia dopo l’uscita di Antonio Fazio, è stato vicepresidente e membro del management Committee Worldwide della Goldman Sachs.
Fino a qualche giorno fa sembravano esserci due elementi che costituivano altrettanti ostacoli. Il primo il fatto che Draghi sia italiano ed appariva difficile che la Germania e la Francia potessero accettare in questa fase che a guidare la Banca centrale europea potesse essere una personalità, pur di altissimo livello, ma comunque rappresentante di un Paese come l’Italia che potrà avere a medio termine problemi anche gravi di sostenibilità del proprio debito pubblico. Il secondo problema è che, proprio per la sua personalità, Draghi rischiava di essere visto come troppo indipendente soprattutto rispetto ai Governi di Berlino e Parigi. E non era senza significato il fatto che i più convinti sostenitori di Draghi hanno continuato ad essere paradossalmente gli inglesi, soprattutto a livello di piazza finanziaria, ricordando gli anni in cui Draghi a Londra era responsabile per l’Europa della banca d’affari Goldman Sachs. Paradossalmente, perché il Governo di Londra tuttavia non ha voce in capitolo non partecipando alla moneta unica europea.
Qualcosa negli ultimi giorni sembra essere cambiato. I francesi, dopo l’incontro tra Sarkozy e Berlusconi, hanno espresso un sostanziale gradimento per la candidatura Draghi e dalla Germania è arrivato qualche piccolo segnale di apertura o perlomeno di “non chiusura” sull’ipotesi italiana. Ed è arrivata anche il sostegno ufficiale alla candidatura da parte del Governo italiano, fatto non del tutto scontato, dato i contrasti che in alcune occasioni erano emersi tra il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e lo stesso Draghi. Ed è forse malizioso pensare che a spingere Draghi a Francoforte possa essere anche il segreto desiderio di Berlusconi e Tremonti di spostare un possibile candidato alla Presidenza del Consiglio in un eventuale Governo di emergenza sulla scia di quanto accadde con Ciampi nel 1993.
In realtà la forza di Draghi è anche nel fatto che di veri contendenti non ce ne sono. Esclusi i francesi, per la necessaria alternanza dopo la lunga presidenza Trichet, in difficoltà i tedeschi per la rinuncia di Axel Weber, fuori gioco i paesi mediterranei e l’Irlanda per i rischi ancora presenti di instabilità finanziaria, restano i rappresentanti dei piccoli paesi: si parla così del lussemburghese Yves Mersch e del finlandese Erkki Liikanen. Mersch, è molto vicino alle posizioni tedesche, ma il Lussemburgo occupa il vertice dell’Eurogruppo con il suo premier Jean-Claude Juncker. Allo stesso modo Likkanen, ex commissario dell’Unione europea ed attualmente governatore della Banca Centrale in Finlandia, deve fare i conti con il fatto che il suo paese ha già l’importante posto di commissario agli Affari economici e monetari con Olli Rehn.
Ci sono quindi tutte le premesse per una ascesa di Draghi alla presidenza della Bce. Sarà la scelta migliore e forse si può ancora sperare che non avvenga con i metodi peggiori.