Arriva la Messa ecologista per proclamare il verbo green
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Presentato il nuovo formulario pro custodia creationis che presterà il fianco a usi e abusi ideologici. Le "vecchie" Rogazioni? Troppo indietriste, meglio inventare nuovi riti per portare all'altare l'ambientalismo che da anni impazza nella Chiesa.

L’ideologia nella Chiesa avanza. Ed ha trovato terreno particolarmente favorevole nel Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il cui prefetto figura anche tra i nuovi membri del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Con Decreto dell’8 giugno 2025, solennità di Pentecoste, ma presentato solo il 3 luglio 2025 nella Sala Stampa della Santa Sede, Leone XIV ha approvato il nuovo formulario della Missa pro custodia creationis, che va ora ad aggiungersi agli altri formulari delle Messe “per varie necessità” presenti nel Messale Romano. Si tratta dunque di un nuovo formulario, che comprende antifone, orazioni e letture, e che potrà essere utilizzato nei giorni del tempo per annum liberi da memorie obbligatorie. Nessun obbligo, ma una possibilità in più.
E tuttavia non è difficile immaginare che questo formulario a breve diventerà il più utilizzato in senso ideologico, dal momento che l’occasione per la promulgazione di questa nuova Messa, secondo le parole del cardinale Michael Czerny, è la risposta «alle istanze suggerite dalla Laudato si’ giunte da tutto il mondo». Non è infatti un mistero che l’enciclica di Francesco, del 24 maggio 2015, non conteneva solamente la presentazione della Rivelazione sulla creazione, ma era riccamente infarcita di luoghi comuni di una scienza ideologizzata, contestabili e contestati: riscaldamento globale, pericolosità delle emissioni di anidride carbonica, correlazione tra cambiamenti climatici ed emigrazione, bontà dell’energia green sono tutti temi presenti nell’enciclica, ma che nulla hanno a che vedere con la Rivelazione e ben poco con la realtà delle cose. Il Magistero della Chiesa e la liturgia non possono diventare strumenti per le campagne di sensibilizzazione su valori umani, presunti o reali.
Il Segretario del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, mons. Vittorio Francesco Viola ha poi presentato il senso di questo formulario e commentato le sue diverse parti; a chi scrive, ha particolarmente colpito il riferimento alle Rogazioni e alle Quattro Tempora, come testimonianza dello stretto legame tra liturgia e creazione. Il che è assolutamente vero, ma allora – domandiamo a mons. Viola – perché non ripristinare i formulari propri di queste antiche tradizioni liturgiche, ormai relegate ad essere ravvivate «con momenti di preghiera e di riflessione» a discrezione delle Conferenze Episcopali?
La domanda è più che legittima, perché si ha la netta sensazione (per non dire un’ormai radicata convinzione) che da svariati decenni la liturgia sia ostaggio delle variabili sensibilità dei liturgisti, i quali fanno e disfano formulari, più preoccupati delle mode del momento che non dello sviluppo omogeneo della liturgia. Le Quattro Tempora e le Rogazioni maggiori esprimono da sempre il particolare il legame della vita dell’uomo con la creazione, concentrandosi in modo particolare, nella selezione delle letture, su quei testi veterotestamentari che comandano agli israeliti di offrire le primizie del raccolto e delle decime al Signore Dio. Questa offerta esprime meravigliosamente l’ordo creationis: da una parte, l’uomo – che lo sappia o no – vive di tutto ciò che proviene dalla mano di Dio: «gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente» (Sal 144, 15-16); dall’altra, egli è creato per essere il dominus della creazione, per coltivarla, custodirla, averne cura; questa signoria non è assoluta proprio per il fatto che l’uomo proviene da Dio e, anche nella sua vita materiale, dipende dal Creatore, che fa sorgere il sole e manda le piogge a tempo opportuno. L’offerta delle primizie riconosce fattivamente Colui da cui ogni cosa proviene e in nome del quale egli amministra la creazione. Ancora, l’offerta dei primi frutti esprime che tutta la creazione, inclusa la vita dell’uomo, non solo proviene da Dio, ma ha in lui il suo fine ultimo ed il suo senso più profondo.
L’offerta delle primizie è stata sostituita dalla Chiesa con un’altra pratica, altrettanto significativa: quella del digiuno e dell’astinenza. Per i tre giorni di ciascuna Tempora (mercoledì, venerdì e sabato), il cristiano è chiamato a moderare la passione primordiale, quella della gola o gastrimargia, perché tutto il suo rapporto con la creazione materiale, compendiata negli alimenti, venga ricondotto in quell’ordine voluto da Dio. Il digiuno e l’astinenza frenano quella multiforme voracità dell’uomo, che lo porta inesorabilmente ad uno sfruttamento disordinato del creato, funzionale a soddisfare ogni genere di piacere smodato e lontano dalla salutare sobrietà. Non è un caso che nei sabati di ciascuna Tempora ritroviamo il brano del libro del profeta Daniele (3, 47-51), nel quale si narra che l’Angelo discese nella fornace con i tre giovani, proteggendoli dalla fiamma e donando loro una brezza freschissima; il brano è seguito dall’inno Benedictus es, che benedice Dio, Signore della creazione. L’uomo che obbedisce a Dio, che, come Daniele e i tre giovani, sa astenersi dal cibo nella terra d’esilio, diviene anch’esso, a immagine e somiglianza di Dio, vero dominus del creato; liberato dalla smodata concupiscenza, la creazione diviene per lui primariamente rivelazione di Dio da contemplare e custodire, luce che gli permetterà poi di usarne secondo virtù e non secondo i propri capricci.
Ora, tutta questa ricchezza liturgica, con i rispettivi giorni penitenziali, è stata semplicemente soppressa e affidata alla creatività delle Conferenze Episcopali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ma anziché recuperare questi formulari e ripristinare nel calendario romano i giorni delle Quattro Tempora e delle Rogazioni, riportando la Chiesa ad una pratica secolare, il Dicastero presieduto dal cardinale Roche ne inventa uno nuovo, fatto a tavolino, da poter utilizzare a piacimento in qualsiasi momento dell’anno, senza alcun legame con il ciclo delle stagioni e senza alcuna nota penitenziale, così fondamentale e decisiva nel rapporto con la creazione. L’ideologia ambientalista da una parte e l’avversione al rito romano pre-riforma dall’altro hanno lasciato la loro firma, a fianco di quella di Roche e Viola.
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