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SANTA MARIA IN SABATO

Un debito di riconoscenza

“L'incontro” è un fatto indelebile nella memoria. È il momento in cui la fede diventa esperienza viva di un amore che ti segue sempre e ovunque, che ti ha pensato e voluto, e che ti accompagnerà costantemente fino alla morte ed oltre.

Prometto che si tratta di una eccezione e che saranno ben rare le volte che utilizzerò questa rubrica per parlare di me. Ma devo sciogliere da molti anni un debito di riconoscenza e questa è l'occasione migliore per farlo pubblicamente, davanti ad una amplia platea. Sì, un debito di riconoscenza verso Maria alla quale, ne sono certa, debbo l'aver ritrovato la fede nella mia ormai lontana giovinezza.

Ecco come sono andati i fatti. Cresciuta in ambiente cattolico, ho frequentato una scuola di religiose fino alla fine del liceo classico. Poi, una volta scelta la facoltà universitaria, sono corsa ad iscrivermi a giurisprudenza presso la Statale di Milano. Questo perché avevo fatto il pieno di un ambiente che - insieme a cose positive che poi avrei riscoperto - trasudava, inutile negarlo, moralismo e clericalismo. Eravamo ancora in piena cristianità, dove la fede era un aspetto connaturale alla vita. Per cui anch'io in qualche modo credevo, ma in modo non certo coinvolgente: Lui se ne stava lassù ed io quaggiù. Non solo, ma l'atteggiamento di fondo che mi trovavo in cuore era la convinzione che, per vivere davvero, avrei dovuto allontanarmi da quell'ambiente che mi sembrava di vedute ristrette, un po' chiuso e opprimente. Al di fuori, tutto mi pareva più attraente, più vivo, carico di promesse.

Mi buttai così in questa nuova vita con l'entusiasmo e la carica di illusioni propria di quell'età: studiavo, perché mi era sempre piaciuto. Ma anche mi guardavo attorno curiosa, affrontando tante nuove esperienze. Andò avanti così per qualche anno fino a quando non mi capitò - inattesa e crudele - l'esperienza dolorosa dell'abbandono. Certo, sappiamo bene che i rapporti d'amore tra gli umani nascono e finiscono e che, soprattutto se sei giovane, ciò rientra nella normalità e hai molto tempo per rifarti, costruendo altri rapporti. Ma quell'evento mi aveva posto all'improvviso di fronte al limite di ogni cosa umana e aveva fatta emergere in me quella domanda di fondo sul senso della vita che avevo fino ad allora ignorato e sul quel bisogno d'amore assoluto che ti porti dentro e che sembra non trovare risposta. Fu sconvolgente perché liberò, all'improvviso, tutta l'angoscia che è racchiusa in questi due interrogativi e che, ora so bene, solo in Dio può trovare pace.

Furono mesi molto difficili. Giorni dolorosi in cui per trovare sollievo, presi a frequentare il santuario mariano che sta al centro della cittadina nella quale allora abitavo, Treviglio. Un Santuario dedicato alla Beata Vergine delle Lacrime. A colei che, dall'affresco che la ritraeva, in una cappellina del vicino monastero agostiniano, nel 1522 durante l'assedio francese, invocata dalla popolazione che chiedeva protezione, pianse lacrime che convinsero il generale Lautrec a desistere e a deporre ai suoi piedi l'elmo e la spada.

Così, senza dirlo a nessuno, me ne andavo là, scendevo nella cripta, allora aperta per l'adorazione perpetua tenuta dalla Figlie della Chiesa. Mi sedevo su una panca, in fondo nella penombra, e me ne stavo immobile, in silenzio, anche molto a lungo. Non pregavo, perché non ne avevo la forza, e neanche pensavo. Ascoltavo soltanto il mio dolore interiore e quel silenzio orante che mi circondava. Fino a quando un giorno, ricordo come se fosse ora, una sorta di lampo mi attraversò la mente accompagnato da una frase: «Tu appartieni ad una storia sacra, io sono morto anche per te, anche i capelli del tuo capo sono contati». Fu una luce improvvisa; fu capire cose che per molti anni avevo sfiorato in continuazione negli ambienti religiosi che avevo frequentato, però senza intendere. Fu “l'incontro” in cui la fede diventa esperienza viva di un amore che ti segue sempre e ovunque, che ti ha pensato e voluto, e che ti accompagnerà costantemente fino alla morte ed oltre.

A quella luce nuova, tutto acquistava un senso diverso, anche gli ostacoli frapposti dalla ambivalenza della realtà carica al contempo di bene e di male. Una luce che non si sarebbe più spenta nonostante gli alti e bassi della vita. E di cui tuttora intravedo il chiarore.

Abbagliata da Gesù, sulle prime non intesi il ruolo svolto da Maria in tutta questa vicenda. Poi, poco a poco ripensandoci, mi resi conto che quella mia rinascita era dovuta a lei, alle sue lacrime che ancora una volta avevano “funzionato” presso il Figlio il quale, svelandosi a me nel cuore di quel santuario dedicato alla Madre, mi aveva consolato fino alle radici dell'essere.