Ucraina, se i media spengono le luci
Con l'accordo di Kiev e Mosca è in atto lo sterminio delle milizie russofone, ma radio e tv non ne parlano. Ancor più da oggi: i riflettori saranno puntati tutti su Obama che arriva a Varsavia per rassicurare i Paesi più esposti alle pressioni della Russia.
Il presidente americano Obama giunge oggi [3 giugno] a Varsavia, prima tappa di un viaggio che lo porterà poi a Bruxelles, a Parigi e nei luoghi dello sbarco in Normandia, di cui si commemora quest’anno il cinquantesimo anniversario. Obiettivo del viaggio: convincere della bontà della sua attuale politica di forte contrapposizione con Mosca gli altri membri del G7 (tornato tale, dal G8 che era, a seguito del mancato invito a Putin), riuniti per l’occasione; e inoltre rassicurare i Paesi europei più vicini o comunque più esposti alle pressioni della Russia. Nella capitale polacca si incontra perciò con i capi di governo di dieci Paesi dell’Europa centro-orientale tra cui il nuovo presidente ucraino Petro Poroshenko.
Ci sono quindi tutte le condizioni perché il grande circo della cronaca politica radio-televisiva internazionale punti tutti i suoi riflettori sul viaggio del presidente americano; e perciò volga ulteriormente le spalle a quanto sta accadendo nei territori russofoni dell’Ucraina orientale. Ci sono pertanto tutte le condizioni perché possa pure procedere con la minima eco possibile l’attacco, anzi lo sterminio – evidentemente concordato tra Mosca e Kiev – delle formazioni composte da miliziani russi, cosacchi e ceceni che erano entrate in quei territori proclamando di volerne propugnare l’indipendenza, ma in realtà puntando a farne poi delle zone a sovranità indeterminata da usare quale base per ogni genere di oscuro traffico: qualcosa di simile a ciò che già è la Transdniestria, la striscia di territorio moldavo di lingua russa che si estende al di là del fiume Dniestr al confine con l’Ucraina.
L’analisi dei fatti e l’osservazione delle sempre pur meno numerose immagini che giungono da quella parte del mondo consentono di intuire che ciò sta già avvenendo. Non è una strage degli innocenti, ma ciononostante di una strage si tratta: di una strage della quale il grande pubblico radio-televisivo viene e verrà poco o nulla informato e poco o nulla chiamato a scandalizzarsi. Putin e Poroshenko hanno evidentemente raggiunto un accordo in forza del quale l’Ucraina rinuncia alla Crimea, e in cambio la Russia non sostiene più le spinte secessioniste delle regioni orientali dell’Ucraina.
In questo quadro l’eliminazione delle milizie di cui si diceva è un favore che l’Ucraina fa tanto a se stessa quanto alla Russia. Siamo nel campo di cruente tortuosità che fanno venire alla memoria l’Italia o la Francia del secolo XVI oppure il Vicino e Medio Oriente di oggi. Non cruento, ma tuttavia altrettanto tortuoso, è poi il complesso rapporto che al di là ogni temporanea tensione lega la Germania, che ha grande bisogno di comprare gas naturale, alla Russia che ha grande bisogno di venderlo. In un contesto caratterizzato da tutte queste complessità non sarà facile per Obama raggiungere l’obiettivo che si prefigge: il sostegno europeo alla sua politica del muso duro contro Mosca.
Dal 1991 in poi Mosca ha dovuto subire un grande arretramento della propria area d’influenza. Per l’ Europa la Russia è un importante vicino e non semplicemente un Paese lontano situato in un altro continente. Pretendere di far entrare nella Nato anche una “piccola Russia” come l’Ucraina (e domani magari anche come la Bielorussia) equivale a correre il rischio che il bacino del Dniepr si trasformi in un altro Vicino e Medio Oriente: qualcosa che può convenire agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, ma non certo all’Europa continentale e mediterranea.