Ucraina: la Russia avanza, nonostante le armi occidentali
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I soldati russi continuano ad avanzare in varie parti del territorio ucraino, anche intorno alla roccaforte di Kupyansk. Putin valuta rappresaglie per l’impiego di armi occidentali sul suolo russo. E la superiorità di Mosca nella produzione bellica resta schiacciante.
La gran parte degli analisti valutano che l’impiego delle armi occidentali sul suolo russo, approvato da Stati Uniti e gran parte degli alleati europei, potrà fornire un supporto utile a favorire la resistenza delle forze ucraine, pressate su quasi tutti i fronti e costrette dai russi a ritirarsi da diverse posizioni nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhia e Kharkiv. Le armi occidentali potranno colpire depositi, comandi, qualche base o concentramenti di truppe nelle retrovie in Russia, distruggere alcuni radar o lanciatori di missili della difesa aerea ma non cambieranno gli equilibri sul campo che vedono i russi disporre di una superiorità crescente mentre gli ucraini sono sempre più deboli e a corto di munizioni, armi, mezzi e truppe.
Solo nelle ultime ore i russi hanno guadagnato terreno nel settore di Ugledar, a Pokorovsk e Chasov Yar, roccaforte ucraina nella regione di Donetsk. Più a nord continua l’avanzata tesa ad accerchiare la roccaforte di Kupyansk, vero obiettivo dell’offensiva russa nella regione di Kharkiv. Vladimir Putin in un’intervista ha sottolineato che «dal punto di vista della presenza di consiglieri e istruttori, qui non c’è novità: sono presenti da tempo sul territorio dell’Ucraina e, sfortunatamente per loro, subiscono perdite, lo so per certo», ma «nei paesi europei e negli Stati Uniti preferiscono tenere tutto sotto silenzio».
Putin ha espresso valutazioni anche circa possibili rappresaglie per l’impiego di armi occidentali a raggio più esteso sul territorio russo. Una risposta che «potrebbe essere asimmetrica. Stiamo pensando al fatto che se qualcuno pensa che sia possibile fornire tali armi in una zona di combattimento per colpire il nostro territorio e crearci problemi, allora perché non abbiamo il diritto di fornire le nostre armi della stessa classe a Paesi terzi?», ha spiegato. «Ci penseremo», ha aggiunto lasciando intendere la possibile fornitura di armi russe alle milizie che attaccano le forze statunitensi, riferendosi probabilmente a Iraq e Siria o ad attacchi cyber o allo schieramento di armi russe a raggio esteso in nazioni vicine agli Stati Uniti.
Kiev cerca in ogni modo di distrarre l’attenzione dai rovesci militari che subisce sul campo evidenziando i risultati ottenuti attaccando con i droni le raffinerie russe o gli aeroporti nemici anche a lunga distanza dal confine russo-ucraino. Come nel caso del raid di droni contro l'aeroporto di Akhtubinsk, nella regione meridionale di Astrakhan, a quasi 600 chilometri dalla prima linea, in cui l’intelligence di Kiev sostiene di aver danneggiato per la prima volta un caccia Su-57, il più avanzato dell’Aeronautica di Mosca. O come l’attacco, sempre con droni, che la Russia sostiene di aver respinto, contro l’aeroporto militare di Mozdok, nella regione caucasica dell'Ossezia del Nord, a circa 1.500 chilometri dal confine ucraino. Notizie che non bilanciano certo le avanzate russe sui fronti di Kharkiv, Donetsk e Zaporizhia.
In una intervista a Euronews, Ed Arnold, analista del think tank britannico RUSI (Royal United Services Institute), ha ammesso a inizio maggio che le forze armate russe sono in una situazione migliore rispetto a sei mesi fa, e che la situazione per le forze ucraine è veramente molto difficile. Anche i nuovi aiuti varati dal Congresso degli Stati Uniti consentiranno forse di mantenere il fronte, ma è impensabile, per carenza di uomini e mezzi, organizzare controffensive. Senza contare che l’industria ucraina è in ginocchio, paralizzata dalla perdita dell’86% della capacità produttiva elettrica, come ha ammesso al Washington Post il direttore generale di DTEK Maxim Timchenko. Sul piano militare, come riporta l’agenzia di stampa UNN, il capo del direttorato principale della pianificazione della Difesa ucraina, il generale Yevhen Ostryansky, ha disposto di ridurre del 60% il personale assegnato agli stati maggiori per liberare personale per il fronte, mentre si fanno più pressanti le richieste di Kiev alle nazioni europee di rimandare in Ucraina i maschi tra i 18 e i 60 anni rifugiatisi all’estero e si moltiplicano le notizie di cittadini ucraini reclutati a forza e inviati al fronte senza addestramento.
Il calo costante della qualità dei militari ucraini, calo dovuto anche ai ridotti tempi di addestramento, determina perdite sempre più elevate, causate anche dal fatto che i russi dispongono di un volume di fuoco sei o sette volte superiore a quello del nemico. L’Ucraina «perde 50.000 soldati ogni mese» mentre le perdite russe «sono di diverse volte inferiori», ha affermato il presidente russo Vladimir Putin in un’intervista alle principali agenzie internazionali, aggiungendo che attualmente i prigionieri russi in mani ucraine sono 1.348, mentre gli ucraini prigionieri sono 6.465.
Sul nuovo fronte nel nord della regione di Kharkiv, sono stati inviati a combattere anche reparti di polizia e guardie di frontiera. Il canale Telegram russo Slavyangrad, che monitora gli annunci mortuari sui giornali ucraini, ne aveva contati a metà maggio 463.400 mentre il canale Telegram ucraino War Tears riferiva al 16 maggio di 508 mila morti, 17 mila prigionieri e solo 256 mila militari in servizio. Numero indirettamente confermato anche da una fonte militare francese che, protetta dall’anonimato, ha riferito all’agenzia di stampa AFP che l’Ucraina fatica a schierare sulla linea del fronte 250 mila militari e che in tutte le brigate l’organico è sottodimensionato del 40%: secondo la fonte, con l’apertura del fronte nel nord della regione di Kharkiv, le forze di Kiev sono costrette a diluirsi su una linea di fronte ancora più lunga indebolendo gli altri settori, azzerando le riserve e favorendo l’avanzata russa.
Stabilire il numero dei caduti in questo conflitto rimane impossibile: Mosca dice di aver eliminato solo nel mese di maggio 43.000 soldati nemici mentre un articolo del New York Times del 5 maggio riferisce che le perdite ucraine sono così elevate che non si riesce a comunicarle alle famiglie in tempi rapidi e le autorità non riescono a mantenere un conteggio affidabile. Molti soldati rinvenuti cadaveri risultano ancora nelle liste dei dispersi.
Lo stato maggiore ucraino sostiene che la Russia ha perso più di 500.000 combattenti dall’inizio della guerra nel febbraio 2022. Nell’agosto 2023 il New York Times, citando funzionari americani, ha stimato le perdite militari russe in 120.000 morti mentre giorni fa Joe Biden ha valutato le vittime russe, tra morti e feriti, in 350.000, cifra sostenuta anche nel gennaio scorso dall’allora ministro della Difesa britannico, James Heappey. Curioso a questo proposito notare che se tali perdite fossero credibili nessuno in Occidente avrebbe motivo di lanciare continui allarmi per i supposti preparativi russi ad invadere l’Europa.
In aumento anche i casi di resa di soldati ucraini. Difficile negare che la guerra abbia preso una brutta piega per Kiev, come confermerebbero anche le voci che circolano negli ambienti parlamentari di Kiev circa la probabile rimozione del capo delle forze armate Aleksander Syrsky, trasformando in capro espiatorio il generale che pochi mesi or sono aveva preso il posto di Valery Zaluzhny.
Nonostante le nuove forniture di armi occidentali impiegabili anche sul territorio russo, la superiorità di Mosca nella produzione bellica resta schiacciante nei confronti dell’Ucraina ma anche di Stati Uniti ed Europa. Come ha sottolineato al forum economico di San Pietroburgo il primo vicepremier Denis Manturov, «ci sono oltre 3,5 milioni di persone che lavorano nelle industrie della difesa russe, in confronto alle 147.500 del Regno Unito e alle circa 135.000 della Germania».