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L'AGENDA POLITICA

Tutti vogliono il voto. E' il Nazareno allargato

Si sta solidificando un ampio fronte trasversale deciso a forzare la mano, ad approvare in tempi rapidi una legge elettorale sul modello tedesco e a spingere Mattarella a sciogliere le Camere entro l’estate (con voto anticipato ad ottobre). Ne fanno parte Pd e Forza Italia ma, a quanto è dato sapere, anche Lega e Movimento Cinque Stelle. 

Politica 28_05_2017

Si sta solidificando un ampio fronte trasversale deciso a forzare la mano, ad approvare in tempi rapidi una legge elettorale sul modello tedesco e a spingere Mattarella a sciogliere le Camere entro l’estate (con voto anticipato ad ottobre). Ne fanno parte Pd e Forza Italia ma, a quanto è dato sapere, anche Lega e Movimento Cinque Stelle. I pentastellati hanno deciso di interpellare la loro base sull’argomento attraverso una consultazione online che stasera esprimerà un verdetto.

Si tratta, quindi, della riedizione del Patto del Nazareno, i cui principali attori sono Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Il primo, dopo aver promesso agli italiani che in caso di sconfitta al referendum del 4 dicembre avrebbe lasciato la politica, in realtà non ha mai abbandonato la scena, anzi scalpita e vorrebbe scalzare quanto prima Gentiloni per tornare lui in prima persona alla guida del governo. Berlusconi non è più candidabile, in forza della legge Severino, e non spera neppure più nella riabilitazione da Strasburgo, per cui ha capito che gli conviene fare patti in questa legislatura, potendo ancora contare su una discreta pattuglia di parlamentari fedeli. 

Entrambi, però, sembrano fare i conti senza l’oste. Dove l’oste, in questo caso, è rappresentato da una molteplicità di fattori non secondari, che potrebbero far naufragare e stroncare sul nascere questo tentativo di larghe intese. Il patto Renzi-Berlusconi prevede una legge elettorale sul modello tedesco, un mix di maggioritario e proporzionale, con deputati eletti per metà nei collegi e per metà nelle rispettive liste, con uno sbarramento del 5%. Inoltre, i due sarebbero d’accordo nell’approvare questa riforma entro luglio, al fine di costringere Mattarella a sciogliere le Camere e a indire elezioni anticipate in ottobre, se non addirittura in settembre.

La gente si chiede il perché di tutta questa fretta. Se lo chiedono insigni rappresentanti delle istituzioni, come l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ma anche autorevoli commentatori come Mario Calabresi, passando per l’economista e senatore Giulio Tremonti e molti esponenti dell’attuale governo, in particolare gli alfaniani e il ministro Delrio. Proprio mentre l’attuale premier, con stile sobrio e rassicurante, fa gli onori di casa a Taormina, durante il G7, proprio mentre l’Italia è impegnata a dimostrare all’Europa che un barlume di crescita s’intravvede anche da noi e che è possibile riprendere il cammino delle riforme e della ripresa, i principali partiti tramano su come far cadere il governo Gentiloni, provocando la paralisi delle istituzioni e accelerando la corsa verso il voto politico.

In Parlamento i principali partiti hanno sulla carta i voti per far passare in tempi brevi la nuova legge elettorale e quindi in linea teorica la sorte di q uesta legislatura appare ormai segnata. D’altronde, col modello tedesco, stando ai sondaggi che circolano nelle ultime settimane, nessuno dei partiti minori (Alternativa popolare, scissionisti Pd, nuova sinistra di Pisapia, Fratelli d’Italia) supererebbe la soglia del 5% e quindi in Parlamento resterebbero solo quattro forze (Pd, Forza Italia, Lega e Movimento Cinque Stelle). Ecco perché Alfano è pronto a far cadere il governo (rischiando di fare, però, il gioco di Renzi), e pure D’Alema e Bersani sono pronti ad alzare le barricate contro questa riedizione del Patto del Nazareno, che rischia di tagliarli fuori. Solo una sinistra unita, da Pisapia agli scissionisti Pd, avrebbe infatti la certezza di superare la soglia di sbarramento.

Renzi e Berlusconi sono certi di riuscire nell’impresa di accelerare lo showdown, pronti a larghe intese dopo il voto qualora nessun partito riuscisse a conquistare la maggioranza dei seggi. Ciò consentirebbe ai due di attutire l’urto di una possibile sconfitta alle amministrative di giugno (il Pd rischia di perdere Genova, il centrodestra è diviso e litigioso al suo interno, ma anche i Cinque Stelle potrebbero subire l’umiliazione della rielezione del fuoriuscito Pizzarotti a Parma), di rimandare alla prossima legislatura le discussioni sulla manovra finanziaria di fine anno (con possibile aumento dell’Iva al 25% e altre misure impopolari), di frenare l’onda grillina prima che possa diventare travolgente, di ridimensionare Salvini e gli scissionisti Pd, di mettere in un angolo i centristi come Alfano, impedendo loro di fare da ago della bilancia.

Ma, come si diceva, questo disegno potrebbe scontrarsi con una realtà ostile. Anzitutto non è detto che molti parlamentari Pd e Forza Italia, privi di garanzie di ricandidatura/rielezione, votino secondo le indicazioni di partito. In secondo luogo  c’è da chiedersi come giustificherà Renzi ai suoi elettori (e al Capo dello Stato) l’ostinazione verso il voto anticipato, quando c’è un governo che sta comunque curando l’ordinaria amministrazione e tranquillizzando i mercati in una fase di forti fibrillazioni dovute anche alle elezioni politiche in altre nazioni come Francia (vittoria di Macron) e Germania (settembre prossimo).

Il nuovo Patto del Nazareno, osserva il capogruppo forzista al Senato, Paolo Romani, è diverso dal precedente, che comprendeva riforma costituzionale, elezione del Capo dello Stato e traguardi ben più ambiziosi. Qui sono in ballo soltanto la legge elettorale e qualche riassestamento nell’equilibrio tra i poteri (vedi vicende Rai e prossima elezione alla Consulta dell’avvocato Fausto Coppi). Non è detto, però, che sia così, anzi. E’ molto probabile che questo Patto, nato dall’incontro tra due debolezze, quella di Renzi e di Berlusconi, entrambi “ammaccati” e fuori dalle istituzioni, possa puntare dritto dritto ad un governo di larghe intese, contro cui, non a caso, si è già schierata Confindustria e contro cui si stanno schierando significativi pezzi di establishment (vedi l’attuale Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda e seguitissimi commentatori dei principali quotidiani, come Stefano Folli).

Alla fine deciderà il Quirinale, prendendo atto dell’orientamento delle forze parlamentari. Questa legislatura è nata male, senza vincitori né vinti, e rischia di finire peggio, con una cannibalizzazione trasformistica dei gruppi politici. Le elezioni anticipate in autunno, periodo insolito per le politiche in Italia, presentano rischi enormi per la stabilità del Paese e per la sua credibilità internazionale. Non è detto che dalle urne esca una maggioranza. Il rischio che finisca come in Spagna e che si torni al voto dopo sei mesi è tutt’altro che secondario. E i responsabili di questo eventuale stallo avrebbero nomi e cognomi ben precisi.