Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
il cardinal azzeccagarbugli

Tutti i peccatori sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri

Ascolta la versione audio dell'articolo

Il porporato lussemburghese minimizza gli atti omosessuali per timore di discriminare. Così facendo discrimina tutti gli altri: perché sdoganare sempre e solo alcuni peccati e non tutti gli altri?

Ecclesia 01_04_2023

Pare sia un chiodo fisso quello di certa gerarchia tutta intenta a sdoganare taluni peccati, in ambito sessuale e specialmente omosessuale. Lasciando però l’impressione che per non discriminare alcuni si finisca per discriminare tutti gli altri, almeno leggendo le recenti dichiarazioni del cardinale Jean Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, uomo di punta dell’attuale congiuntura ecclesiale, in veste di relatore generale del Sinodo e da poco anche membro del C9, il gruppo di cardinali chiamati a una più stretta collaborazione con il pontefice.

«Possiamo solo dettare alle persone il comportamento morale che possono tollerare nel loro mondo. Se chiediamo loro l'impossibile, li rifiuteremo. Se diciamo che tutto ciò che fanno è intrinsecamente sbagliato, è come dire loro che la loro vita non ha valore», afferma il porporato intervistato dal settimanale croato Glas Koncila. Alla domanda sull’approccio della Chiesa verso le persone omosessuali sembra lasciar intendere che per loro – e solo a loro, evidentemente – chiedere di seguire i comandamenti equivalga a «chiedere loro l’impossibile». Intendiamoci: per tutti, non solo per loro, camminare per la “via stretta” è così difficile che, non a caso, prima di essere assolti in confessionale si dice – nell’atto di dolore – «Propongo col tuo santo aiuto di non offenderti mai più». Perché senza il «santo aiuto» di Dio non ce la faremmo proprio. A noi però è chiesto almeno proporci e provarci, almeno con la “punta” della volontà.

C’è una differenza sottile ma sostanziale tra difficile e impossibile, come insegna la storia di quel notorio peccatore che divenne Sant’Agostino e che sperimentiamo tutti ogni volta che andiamo in confessionale e ci accorgiamo di aver fatto pochi passi avanti e forse pure qualche passo indietro. Ma la prevedibilità di ricadere (benché pentiti) è sostanzialmente diversa dalla volontà di ricadere (che esclude il pentimento) in questo o quel peccato (non c’è solo il sesso: c’è l’ira, la bestemmia, la calunnia, la menzogna…. Tant’è che i vizi capitali sono sette). Può accadere a molti di confessare sempre “le stesse cose” esprimendo però un “minimo sindacale” di desiderio di uscirne. Perché è difficile, appunto, non impossibile. Dalle parole del card. Hollerich sembra invece che per alcuni il «Va’ e non peccare più» sia sostituito il «Va’ e continua pure», «va’ e fai con comodo», «va’ e fai quel che credi». E perché solo ad alcuni?

Il bestemmiatore, l’iracondo, l’accidioso potrebbero legittimamente obiettare: “Perché non depennare anche le nostre azioni?”. Tanto più che, mentre la Chiesa condanna il peccato e ama il peccatore, per Hollerich riconoscere qualcosa come peccato significa automaticamente svalutare il peccatore. «Se diciamo che tutto ciò che fanno è intrinsecamente sbagliato, è come dire loro che la loro vita non ha valore». E allora ecco depennati gli atti omosessuali. Ma in base all’equazione – sbagliata – di Hollerich  si dovrebbe concludere che per lui non abbia valore la vita di bestemmiatori, invidiosi, accidiosi, iracondi e via enumerando tutto ciò che forse anche lui considera «intrinsecamente sbagliato». Oppure il porporato troverà una via d’uscita anche per chi infrange tutti gli altri comandamenti?

Altro che Gregorio Magno, Giovanni Crisostomo, Ildegarda di Bingen o Teresa di Lisieux. Altro che Tommaso, Agostino o – non ancora proclamato ma già acclamato – Benedetto XVI. Al giorno d’oggi il titolo di Dottore della Chiesa spetterebbe al manzoniano avvocato Azzeccagarbugli: «All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle». D’altra parte, «a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo, e nessuno è innocente», dichiarava l’avvocato a un Renzo sempre più confuso. Perché in fondo è la confusione la sensazione più comune leggendo le dichiarazioni di alcuni pastori per i quali sembra che «nessuno è reo, nessuno è innocente», o meglio: qualcuno è più innocente di altri e quel che prima era peccato adesso lo è, ma forse no, anzi non più, ma non vale per tutti.