Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sante Basilissa e Anastasia a cura di Ermes Dovico
COMMERCIO

Trump sospende i dazi per tre mesi. Ma con la Cina la guerra continua

Ascolta la versione audio dell'articolo

Prima Trump aumenta i dazi per tutti, poi li sospende, come ha annunciato ieri. Fa parte della sua tecnica negoziale. Ma con la Cina, che gli tiene testa, è guerra commerciale dura. Intanto si scontrano i due consiglieri: Musk e Navarro.

Economia 10_04_2025
Ordini e contrordini di Trump (La Presse)

Contrordine compagni: i dazi sono sospesi. Quindi, giù le armi, almeno per ora, per quanto riguarda Canada, Messico, paesi asiatici e Unione Europea. Ma non la Cina, perché con Pechino la guerra commerciale non solo continua ma si intensifica.

L’annuncio è arrivato ieri, nel tardo pomeriggio ora italiana, via social network, su quello personale di Trump, Truth Social, strumento inconsueto per annunciare una politica commerciale che influenzerà le vite di miliardi di persone in tutto il mondo. «Al contrario (della Cina, ndr) - scrive Trump - considerando il fatto che più di 75 Paesi hanno contattato i rappresentanti degli Stati Uniti, inclusi i Dipartimenti del Commercio, del Tesoro e l'Ufficio del Rappresentante per il Commercio (Ustr), per negoziare una soluzione riguardo ai temi discussi relativi al commercio, alle barriere commerciali, alle tariffe, alla manipolazione valutaria e alle tariffe non monetarie, e che questi Paesi, su mia forte raccomandazione, non hanno in alcun modo reagito contro gli Stati Uniti, ho autorizzato una pausa di 90 giorni e una tariffa reciproca sostanzialmente ridotta, al 10%, anch'essa con effetto immediato».

Con la Cina, al contrario, è guerra commerciale dura: «In base alla mancanza di rispetto che la Cina ha mostrato verso i mercati mondiali - ha scritto Trump su Truth - con la presente aumento la tariffa applicata alla Cina dagli Stati Uniti d'America al 125%, con effetto immediato. Spero che, in un futuro non troppo lontano, la Cina si renda conto che i tempi in cui si approfittava degli Stati Uniti e di altri Paesi non sono più sostenibili né accettabili».

Il motivo di tanta ostilità per la Cina è stata la risposta di Pechino ai primi dazi di Trump: sono aumentati i divieti di esportazioni di terre rare utili al mercato statunitense, oltre all’annuncio da parte di Pechino di dazi aggiuntivi del 50% (che quindi, sommandosi con il 34% arrivano all'84%) su tutti i prodotti importati dagli Stati  Uniti.

Ma anche gli altri paesi ed enti sovranazionali (come l’Ue) colpiti dai dazi americani non erano rimasti inerti. L’Ue ieri aveva appena dato il via libera a nuovi contro-dazi. Accantonata, almeno per il momento, la politica più punitiva contro le grandi aziende informatiche statunitensi (come la Web Tax), l’Ue ha stilato una lista di prodotti tipicamente americani (fra cui i jeans, il ketchup e le moto Harley Davidson) che verranno sottoposti a tariffe del 25%, gradualmente: la prima tranche di prodotti dal 15 aprile, la seconda dal 16 maggio, la terza dal primo dicembre, così da lasciare tempo a eventuali negoziati.

Anche il Canada ha già fatto entrare in vigore dazi del 25% sulle auto americane.ma più che altro, a livello regionale e privato, in Canada si è diffuso un fortissimo boicottaggio di tutto ciò che arriva dagli Usa.

Il cambiamento di rotta di Trump ha colto tutti di sorpresa, anche se, conoscendo i suoi metodi, avrebbe potuto e dovuto essere previsto. Come già ha mostrato con Messico e Canada, impone dazi, poi li giustifica, poi minaccia ulteriori misure punitive giusto per far toccare con mano la paura del suo “pugno di ferro” economico. Infine rilassa o sospende le misure punitive per lasciar spazio al dialogo e ottenere condizioni commerciali migliori. Quindi, niente di particolarmente nuovo sotto il sole della Casa Bianca. Certo resteranno impresse nella memoria dei capi di Stato e di governo, che dovranno negoziare i nuovi accordi, le parole con cui Trump li ha trattati da vassalli, nel modo più umiliante possibile. Lunedì, alla cena del National Republican Congressional Committee, per convincere i suoi sostenitori della bontà della politica dei dazi, nonostante le forti perdite in Borsa, ha infatti dichiarato: «Vi dico che questi paesi ci stanno chiamando per baciarmi il fondoschiena (usiamo questo termine anatomico, ma Trump ne ha usato uno più esplicito, ndr)».

Che alzare i dazi per poi abbassarli repentinamente sia una tecnica negoziale è vero nel brevissimo periodo. Ma nel corso dei prossimi quattro anni Trump deve decidere se i dazi fanno bene o fanno male all’economia americana. Per ora ha detto pubblicamente che fanno bene e ha liquidato come “catastrofisti” tutti quelli che gli fanno notare lo shock che il mero annuncio delle nuove tariffe ha provocato nei mercati finanziari. Elon Musk però sta suggerendo, nei limiti del suo potere, di usare i dazi solo come arma negoziale, da togliere il prima possibile, non appena sia stato raggiunto un accordo. Al congresso della Lega, infatti, Musk ha dichiarato che il vero obiettivo dovrebbe essere una grande area di libero scambio, a “tariffe zero”, fra Europa e Nord America.

Di parere opposto è Peter Navarro, consigliere economico di Trump, scelto per i suoi libri sulla guerra commerciale contro la Cina. Per Navarro, i dazi fanno crescere l’industria e riportare tutta la produzione in Usa è una questione di sicurezza nazionale, dopo che buona parte della produzione, anche strategica, era stata delocalizzata in Cina, presso un potenziale nemico. Navarro, in questi giorni, si è scontrato con Musk, definendolo, più che un produttore, un “assemblatore” di componenti costruite altrove. Si riferisce a Tesla, con le sue fabbriche in Cina. Non è mancata la risposta piccata di Musk, sempre via social (stavolta su X, di sua proprietà): «Navarro - replica Musk - è più stupido di un sacco di mattoni. Tesla è il produttore automobilistico con la percentuale più alta di componenti provenienti dagli Stati Uniti». Commento ufficiale della Casa Bianca sulla lite fra i due consiglieri, affidato alla portavoce Karoline Leavitt: “So’ ragazzi”.



USA

Dazi contro il deficit commerciale. Era meglio promuovere le esportazioni

I nuovi dazi imposti dall’amministrazione Trump servono a sanare il deficit commerciale da record. Gli effetti sui mercati sono pesanti, era meglio promuovere le esportazioni degli Usa.

- Obama, eccolo di nuovo di Stefano Magni

l'analisi

I dazi costringono l'Europa a sganciarsi dalla globalizzazione "cinese"

07_04_2025 Eugenio Capozzi

Con l'introduzione dei dazi di Trump tramonta la globalizzazione "a trazione cinese", che ha dominato l'economia e la politica mondiale nell'ultimo trentennio. Ora l'Europa ha due strade: o negoziare a tutto campo con gli Stati Uniti per inserirsi in un'area di rinnovata interdipendenza transatlantica o cadere inevitabilmente preda dell'area di egemonia della Cina. 

"LIBERATION DAY"

Adesso sono veramente dazi amari. Gli Usa escono dalla globalizzazione

04_04_2025 Stefano Magni

Trump annuncia la nuova politica dei dazi. Tariffe alte e per tutti. Massacrati paesi poveri come il Lesotho, alleati come Taiwan e Israele, all'Ue va già bene: il 20% sulle nostre esportazioni. Premio per chi compra americano: dazi "solo" del 10%. Non c'è politica e non c'è reciprocità: solo un tentativo radicale di azzerare il deficit commerciale degli Usa con il resto del mondo.