Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni Nepomuceno a cura di Ermes Dovico
La telefonata tra i due leader

Trump-Putin, una nuova Yalta? Ora la tregua dipende da Kiev (e Ue)

Ascolta la versione audio dell'articolo

Il colloquio telefonico tra Trump e Putin è stato definito molto positivo sia a Mosca che a Washington. C’è un accordo per una tregua di 30 giorni nel conflitto russo-ucraino, ma Kiev deve ancora accettarlo. Ieri scambio di prigionieri. I leader dell’Ue remano contro la pace. «Ottima» telefonata anche tra Trump e Zelensky.

Esteri 20_03_2025
Trump, Zelensky, Putin (Ap via LaPresse)

Due commenti hanno sintetizzato in Italia il significato e i paradossi più evidenti del colloquio telefonico di due ore e mezza tra Donald Trump e Vladimir Putin. «Possiamo considerarla una svolta in quanto con questa telefonata viene meno l'isolamento di Putin, sancito dalle prese di posizioni americane, della Nato, dell'Unione Europea, e amplificato con la decisione dell'Aja di emettere un mandato d'arresto nei confronti del capo del Cremlino», ha detto all’Adnkronos il generale Marco Bertolini, già comandante della Folgore e del Comando Operativo Interforze. «I veri protagonisti sono gli americani e i russi, l'Europa è stata tagliata fuori continuando, paradossalmente, a tifare per la continuazione della guerra».

In ambiente politico il vicepremier Matteo Salvini ha affermato che «mentre Stati Uniti, Russia e Ucraina parlano di pace, a Bruxelles c'è qualcuno che pare stia lavorando per sabotare la pace e per alimentare la guerra parlando di 800 miliardi di armi che sono l'ultima delle cose su cui investire in questo momento».

Il colloquio telefonico tra i due presidenti è stato definito molto positivo sia a Mosca che a Washington. «È una cosa importante, un cessate il fuoco immediato su energia e infrastrutture. Porterà ad altre cose», ha detto Trump. «Penso che alla fine faremo un accordo. È un buon inizio. Non voglio entrare nei dettagli, ma ci sono buone ragioni per cui Putin farebbe un accordo. Ma se io non fossi qui, non lo farebbe mai». Un comunicato sul sito del Cremlino ha espresso «la volontà di elaborare a fondo possibili soluzioni in cooperazione con i partner americani, volte a raggiungere un accordo che sarebbe completo, affidabile e duraturo e, naturalmente, terrà conto dell’esigenza essenziale di eliminare le cause profonde della crisi, nonché dei legittimi interessi di sicurezza della Russia».

Sul piano concreto si registra lo stop dei bombardamenti russi sulle infrastrutture ucraine per una durata di 30 giorni. Aspetto non irrilevante, considerando le gravi difficoltà energetiche in cui versa l’Ucraina ma che verrà garantito solo se cesseranno gli attacchi ucraini sul territorio russo. Dopo la telefonata tra i due presidenti, l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff ha precisato che questo accordo valido 30 giorni tra Russia e Ucraina non è ancora stato accettato da Kiev e riguarderebbe «le infrastrutture in generale», quindi non solo quelle energetiche.

Pure la possibile cessazione delle ostilità sul Mar Nero rappresenta un aspetto importante per i belligeranti, ma anche per tutte le nazioni che si affacciano su quel mare. Il porto di Odessa non subirebbe più attacchi né le basi russe della Flotta del Mar Nero in Crimea. La pacificazione del Mar Nero potrebbe inoltre risultare propedeutica ad un prossimo riconoscimento statunitense della sovranità russa sulla Crimea, ipotesi riferita su X dal giornalista dell’Economist, Shashank Joshi, che ha citato fonti dell’Amministrazione Trump.

Inoltre, ieri russi e ucraini si sono scambiati 175 prigionieri ognuno e Mosca, come gesto di buona volontà, ha deciso il rimpatrio anche di 23 soldati ucraini gravemente feriti e assistiti presso strutture mediche russe.

Per sospendere tutte le ostilità sulla linea del fronte per un mese, come chiede Trump per dare spazio a una trattativa che risolva il conflitto, Mosca ha ribadito le sue condizioni: lo stop completo delle forniture di aiuti militari a Kiev e della mobilitazione (arruolamento e addestramento) delle truppe ucraine.

Condizioni necessarie per Putin che in termini militari non ha interesse a sospendere le operazioni che vedono le sue truppe vittoriose e quelle nemiche sempre più in difficoltà, specie dopo la disfatta subita nella regione russa di Kursk. Per questo la tregua di 30 giorni deve coincidere per Mosca con il congelamento delle attività a favore di Kiev, in modo da impedire che gli ucraini approfittino del cessate il fuoco temporaneo per far affluire armi e munizioni al fronte e rafforzare le traballanti linee difensive.

Condizioni forse inaccettabili per Volodymyr Zelensky che conta sul supporto degli alleati europei, tutti dichiaratisi pronti a continuare a fornire armi a Kiev, Germania e Regno Unito in testa. Il presidente ucraino ha colto a pretesto gli attacchi notturni russi, che hanno fatto seguito agli attacchi ucraini di due giorni fa alla regione russa di Belgorod, per affermare che Mosca non vuole la pace. «Oggi Putin ha rifiutato la proposta di un cessate il fuoco totale. Sarebbe giusto che il mondo respingesse qualsiasi tentativo di Putin di prolungare la guerra», ha detto Zelensky chiedendo agli alleati di fornire assistenza all’Ucraina. Alla vigilia della telefonata tra Trump e Putin, il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha aveva dichiarato testualmente: «Ci aspettiamo dalla Russia che accetti senza condizioni la proposta di cessate il fuoco per 30 giorni. È tempo per la Russia di dimostrare se vuole davvero la pace». Le valutazioni dei vertici ucraini, come quelle che emergono in gran parte d’Europa, sembrano non tenere conto della situazione sul terreno che rende inconcepibile e anacronistico ritenere che la Russia non ponga condizioni e consenta a Kiev di riorganizzarsi militarmente grazie a 30 giorni di tregua. Lo stesso Trump ha in più occasioni evidenziato che nella trattativa la Russia ha le «carte in mano» a differenza dell’Ucraina. «Le condizioni secondo le quali l’Ucraina può negoziare con la Russia sono cambiate», aveva ammesso il 15 marzo Akif Cagatay Kiliç, consigliere per la politica estera del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Secondo lui, nel 2022 i negoziati avevano l’obiettivo di limitare la perdita di territorio ucraino a favore della Russia a circa il 3%, ma questa cifra è ora lievitata a circa il 25%.

Il Wall Street Journal ha riconosciuto in un editoriale che gli strumenti di pressione a disposizione degli Stati Uniti e dell’Europa nei confronti della Russia sono limitati poiché a dispetto delle sanzioni la sua economia è florida, gode di ottime relazioni commerciali verso partner come India e Cina mentre sul campo di battaglia le sue truppe avanzano. Persino il filo-Dem The Hill ha ammesso che il pubblico occidentale è stato nutrito di disinformazione sull'Ucraina per più di un decennio, che Zelensky e Biden hanno «una responsabilità significativa per lo scoppio e la perpetuazione della guerra in Ucraina» mentre il New York Times ha paragonato il colloquio tra Trump e Putin alla conferenza di Yalta del 1945.

Com’è emerso anche da fonti statunitensi, Putin e Trump hanno affrontato pure altre questioni internazionali, tra cui la situazione in Medio Oriente e nella regione del Mar Rosso, dove sono riprese le ostilità a Gaza e nello Yemen. Soprattutto, si legge sul sito del Cremlino, «i leader hanno espresso reciproco interesse nel normalizzare i legami bilaterali alla luce della speciale responsabilità di garantire la sicurezza e la stabilità globali sostenuta sia dalla Russia che dagli Stati Uniti. In tale contesto, hanno affrontato un’ampia gamma di aree in cui i due paesi potrebbero stabilire una cooperazione, discutendo diverse idee volte a promuovere potenziali legami di reciproco interesse in economia ed energia». Mosca evidenzia la volontà reciproca di ristabilire relazioni economiche e politiche con Washington; iniziativa che emargina l’Europa e ne rende ancora più anacronistica la posizione espressa da diversi leader e dai vertici dell’Unione europea e tesa a prolungare il conflitto e contrastare la Russia.

Appare ad esempio paradossale che mentre USA e Russia puntano a riprendere i rapporti economici, Regno Unito e Ue discutano la confisca dei beni russi congelati; e che l’alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas, abbia detto che l’Europa «non può accettare» che il flusso di armi all’Ucraina venga sospeso perché la Russia vuole che Kiev «abbassi la guardia. Se Mosca ottiene il divieto di fornire aiuti militari all’Ucraina sarà libera di continuare perché gli ucraini non potranno difendersi da soli, quindi è chiaro che non può funzionare, non può essere l’accordo».

I progressi nei negoziati di pace dipenderanno ora dalle decisioni dell’Ucraina, chiamata ad accettare o meno lo stop alle incursioni contro le infrastrutture dell’avversario e ad accettare di congelare il fronte per 30 giorni senza rafforzare le proprie linee.

Non si può escludere che, per raggiungere l’intesa, Trump valuti un cambio della guardia ai vertici di Kiev. Il presidente statunitense, prevedendone la sconfitta, ha già invitato più volte Zelensky (protetto da Londra) a tenere elezioni, ma da qualche tempo a Kiev si segnalano iniziative parlamentari tese a sostituire il presidente della Verkhovna Rada, Ruslan Stefanchuk, attraverso il quale l’ufficio del presidente Zelensky controlla lo stesso Parlamento.

Nel frattempo, ieri, Trump e Zelensky hanno avuto una telefonata di circa un'ora, che è stata definita «ottima» dal presidente degli Stati Uniti.