Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giorgio a cura di Ermes Dovico
RISSA DIPLOMATICA

Trump manda all'aria il G7 e vola da Kim Jong-un

Salta il comunicato congiunto dei leader del G7. Il premier canadese Justin Trudeau parla male di Trump in sua assenza e quest'ultimo (già in volo per il summit con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un) fa saltare il tavolo. Un caso più unico che raro di G-7 non a lieto fine. I motivi sono profondi e riguardano le tariffe protezionistiche.

Economia 11_06_2018
"Trump contro resto del mondo", la foto simbolo del G-7 canadese

“Viste le false dichiarazioni di Justin (Trudeau, ndr) alla sua conferenza stampa, e visto che il Canada fa pagare tariffe massicce ai coltivatori americani, ai lavoratori, alle imprese, ho dato istruzioni al rappresentante americano di non appoggiare il comunicato, mentre provvediamo a dazi sulle automobili che inondano il mercato statunitense”. Con questa dichiarazione secca, lanciata su Twitter, mentre era già in volo per Singapore (per incontrare Kim Jong-un, nel primo summit Usa-Nord Corea), il presidente Usa Donald Trump ha fatto fallire il vertice del G-7. Si tratta, proprio come nel caso del prossimo summit di Singapore, di un evento storico, nella sua unicità. E’ rarissimo, infatti, assistere a un G-7 che va a rotoli, in modo così clamoroso. Il precedente più citato è quello del 1982, quando Reagan si oppose ai progetti europei di partecipazione al gasdotto siberiano. Ma allora c’era la guerra fredda, la Siberia era ancora nell’Urss e si era nel pieno della guerra sovietica in Afghanistan e della repressione comunista in Polonia. Altri tempi, insomma. Adesso, al contrario, gli attriti forti sono proprio fra i sette paesi più industrializzati del mondo.

Donald Trump si è ben presto trovato a disagio in Canada, nella sede idilliaca dell’incontro solitamente amichevole dei sette grandi. Tutti volevano parlare di cambiamenti climatici e lotta al riscaldamento globale e lui annunciava già che non sarebbe stato presente, perché altrimenti impegnato a Singapore. Lui si diceva dispiaciuto per l’assenza della Russia e tutti gli altri (con l’unica iniziale eccezione di Conte) hanno storto il naso. Insomma, più ospite fuori luogo che primo fra i pari, Trump si è preparato alla battaglia vera: quella sulle tariffe protezionistiche. Trump, che ne ha appena applicate sull’acciaio (25%) e sull’alluminio (10%) anche se provenienti da partner quali Canada, Messico e paesi dell’Ue, spiega così la sua logica: “Se applichiamo zero ad un Paese per vendere i suoi prodotti, e loro applicano il 25, il 50 o anche il 100 per cento ai nostri, non è giusto e non può più essere tollerato. Questo non è commercio libero e giusto, è commercio stupido”. Giusto per fare un esempio: un’automobile americana oggi entra nel mercato in Europa gravata da un dazio del 10%, che arriva 22% se è un pick-up che per le sue dimensioni qui è classificato “camion”. Invece per gli autoveicoli europei venduti negli Usa, la tariffa americana è in tutto 2,5%.

Per risolvere la questione, Trump ha proposto una sorta di “opzione zero”: via tutte le tariffe dai paesi del G-7, creando così una gigantesca area di libero scambio, oppure gli Usa imporranno i loro dazi sulle importazioni. In questo modo ha costretto gli altri membri del gruppo a gettare la maschera: siete realmente interessati al libero mercato? è parso chieder loro. Oppure il commercio deve essere libero solo quando sono io il venditore? Sebbene non si sia raggiunto subito un accordo sull’opzione zero proposta dagli Usa (e non era neppure possibile raggiungerlo), si era per lo meno arrivati a sottoscrivere un comunicato congiunto di compromesso, con promesse di “Fair Trade” nel testo che tutti avevano accettato. Nella sua conferenza stampa conclusiva, Trump aveva annunciato di aver sottoscritto il comunicato e aveva dichiarato che le sue relazioni con gli altri membri del G-7 fossero “solide”, “nonostante le differenze sulla politica commerciale”. Poi il presidente Usa si è imbarcato sul suo aereo per Singapore.

A questo punto, però, il premier canadese Justin Trudeau, il “padrone di casa”, ha commesso l’imprudenza di dare addosso a Trump in sua assenza. Attaccando duramente la sua decisione di imporre dazi su acciaio e alluminio canadesi, ha annunciato nuove tariffe per rappresaglia. “Ho detto direttamente al presidente americano - ha affermato Trudeau - che i canadesi non lasceranno facilmente che gli Stati Uniti vadano avanti con tariffe significative contro la nostra industria dell'acciaio e dell'alluminio. E non lasceranno che questo avvenga per presunti motivi di sicurezza nazionale dopo che i canadesi dalla prima guerra mondiale in poi si trovano spalla a spalla con i soldati americani in terre lontane dove ci sono conflitti. Per noi questo è un insulto". E allora Trump, che seguiva tutto dall’aereo, pur essendo nel bel mezzo del Pacifico, ha ritirato il suo sostegno al comunicato congiunto. Lo ha annunciato con il durissimo tweet che abbiamo visto prima (“Viste le false dichiarazioni di Justin alla sua conferenza stampa, e visto che il Canada fa pagare tariffe massicce ai coltivatori americani, ai lavoratori, alle imprese, ho dato istruzioni al rappresentante americano di non appoggiare il comunicato, mentre provvediamo a dazi sulle automobili che inondano il mercato statunitense”). Poi ha rincarato la dose, andando sul personale: “Il premier del Canada, Justin Trudeau, si è comportato da mite e arrendevole durante gli incontri dei G7, per poi dare una conferenza stampa dopo che io ero partito. Molto disonesto e debole”.

Tutto da rifare. “C’è un girone infernale apposito per quei leader stranieri che ingaggiano un negoziato con Trump in mala fede e poi cercano di pugnalarlo alle spalle quando imbocca la porta”, ha commentato Peter Navarro, consigliere per il Commercio del presidente. Il presidente francese Emmanuel Macron, invece, ha lamentato la volubilità del presidente Usa. “La cooperazione internazionale non può dipendere da attacchi di rabbia e piccole parole”, ha denunciato Macron. “Abbiamo trascorso due giorni lavorando sul testo e sugli accordi. Noi ci impegniamo a rispettarlo e chi ci ha voltato le spalle mostra incoerenza e inconsistenza. La Francia e l'Europa continuano a sostenere questa dichiarazione”.

Evidentemente qualcosa di molto grosso si è incrinato. Lo riassume John Bolton, Consigliere per la Sicurezza Nazionale, l’anti-diplomatico per eccellenza: “Ancora un altro G7 nel quale gli altri paesi si aspettano che l'America sarà per sempre la loro banca. Il presidente oggi glielo ha spiegato. Mai più”.