Trump come i Sudisti: bandito dalle elezioni in Colorado
Ascolta la versione audio dell'articolo
Con una decisione presa da una maggioranza risicata di 4 a 3, la Corte Suprema del Colorado ha squalificato Donald Trump dalle elezioni primarie del 2024. Perché è accusato di insurrezione.
Se Trump cresce nei sondaggi e in sempre più rilevamenti batte Biden di almeno due punti (se si votasse oggi), quattro giudici del Colorado hanno sentenziato per non permettere neppure agli elettori di votarlo. Con una decisione presa da una maggioranza risicata di 4 a 3, la Corte Suprema dello Stato sulle Montagne Rocciose ha squalificato Donald Trump dalle elezioni primarie del 2024.
Non potrà neppure presentare la sua candidatura. Il ban dai social network aveva fatto scandalo. Ma qui si va oltre: è un ban dalle elezioni e sempre senza alcun processo. I quattro procedimenti giudiziari a carico dell’ex presidente, infatti, non sono ancora incominciati. E allora perché? Sulla base di un’antica legge risalente al 1866, un anno dopo la fine della Guerra Civile: la Sezione 3 del 14mo Emendamento della Costituzione che vietava a chi avesse partecipato alla ribellione o collaborato con i ribelli, di candidarsi alle cariche pubbliche, a livello locale e nazionale.
Il 14mo emendamento era diretto specificamente contro politici e militari della Confederazione. Almeno fino al 1874, vennero tenuti lontani da tutti i posti di potere. Il disgelo arrivò, paradossalmente, con il presidente Grant, ex generale dell’Unione artefice della vittoria finale contro la Confederazione. Cavallerescamente fu proprio lui a riconoscere all’ex nemico la possibilità di rifarsi una vita, anche politica, sospendendo gran parte dei procedimenti e permettendo ai sudisti di tornare a candidarsi, e vincere, in Congresso. Il 14mo Emendamento servì anche ad escludere dalla candidatura, nel 1918, Victor Berger, un socialista, pacifista, accusato di collusione con la Germania, durante la Prima Guerra Mondiale.
Paragonare l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, condotto dai sostenitori di Trump, alla partecipazione alla Guerra Civile nelle file dei Confederati, forse, è un po’ esagerato. Così si spiega la spaccatura della stessa Corte Suprema del Colorado, quasi a metà. La divisione, come constata il Washington Post è quasi solo dettata dall’università di origine dei giudici supremi: «Tutti i laureati nelle università della Ivy League (le più prestigiose, ndr) hanno votato per la squalifica di Trump. Tutti i laureati all’università di Denver, contro». Si conferma, dunque, la guerra delle università delle élite contro l’ex presidente.
Il Colorado può fare da precedente. Non è l’unico che sta cercando di eliminare Trump già alla linea di partenza delle elezioni. Nel corso degli ultimi anni, democratici e repubblicani anti-Trump hanno avviato procedimenti giudiziari per impedire al “sovversivo” di ricandidarsi. Cause sono in corso in altri 15 Stati: Alaska, Arizona, Michigan, Nevada, New Jersey, New Mexico, New York, Oregon, South Carolina, Texas, Vermont, Virginia, West Virginia, Wisconsin e Wyoming. Quattro Stati hanno già stabilito che Trump può candidarsi e respinto l’accusa: Florida, Minnesota, New Hampshire e Rhode Island.
Chiaramente la battaglia non è finita, nemmeno per il Colorado. Il team di avvocati di Trump è subito ricorso in appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti ed è attesa una pronuncia entro il 4 gennaio. Il 5, infatti, si devono presentare le candidature.
I difensori dell’ex presidente hanno molti argomenti a loro vantaggio. Prima di tutto, interpretando letteralmente la Sezione 3 del 14mo Emendamento, il divieto alla candidatura riguarda le cariche di deputato e senatore, tutte le cariche locali e di funzionario pubblico, ma non quella di presidente o vicepresidente.
Secondo: una sentenza della Corte Suprema potrebbe non bastare per applicare un provvedimento tanto grave. Il presidente della Corte Suprema del Colorado, Brian D. Boatright, ha impiegato questo argomento nel suo parere di dissenso, sostenendo che la squalifica per motivi legati al 14mo Emendamento deve avvenire in un luogo diverso da un tribunale. «A differenza di qualifiche come l'età e il luogo di nascita - ha scritto - un'applicazione della Sezione 3 richiede ai tribunali di definire termini complessi, determinare l'intento legislativo di oltre 150 anni fa e fare constatazioni di fatto estranee al nostro codice elettorale».
«La nostra democrazia è ben servita dall'emulare le repubbliche delle banane tenendo i candidati fuori dalle urne?» si chiede Karl Rove, ex stratega di George W. Bush.
Anche Peter Meijer, un ex deputato repubblicano never-Trump, uno dei pochi che avevano votato a favore del suo impeachment, adesso commenta: «È strano sentirsi dire che il modo migliore per salvare la democrazia è bandire Trump dal voto». E constata quali possano essere le conseguenze negative anche per gli stessi Democratici, se si dovesse creare questo precedente: «Se la colpevolezza retorica di Trump per il 6 gennaio si qualifica, seguiranno rapidamente azioni legali simili contro i politici democratici che hanno incoraggiato i rivoltosi del Black Lives Matter». In pratica, i giudici si sostituirebbero agli elettori. In Italia ne sappiamo qualcosa.