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IMMIGRAZIONE

Troppo facile dire "Aiutiamoli a casa loro"

Nel 2014 l’ammontare complessivo dell’assistenza ai paesi poveri è stato di 135 miliardi di dollari. Gli stati europei vi hanno contribuito con quasi 71 miliardi di dollari, l’Unione Europea con altri 16 miliardi, gli Stati Uniti con oltre 31 miliardi. E 105mila caschi blu sono schierati nelle missioni di peacekeeping. Eppure si continua a pensare che il "primo mondo" non aiuti il "terzo" e che i popoli poveri siano costretti a emigrare per questo.

Economia 23_08_2015
Immigrati

“Aiutiamoli a casa loro”. Quasi tutti pensano che sia questo il modo più efficace per fermare i flussi migratori dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina verso l’Europa: risolvere il problema alla radice, far venir meno la necessità di emigrare. Evidentemente non sanno quanto si è già fatto e si continua a fare per lo sviluppo dei paesi poveri.

È da oltre mezzo secolo che su quei paesi si riversano risorse per decine di miliardi di dollari ogni anno. Per la maggior parte si tratta di aiuti per lo sviluppo e di aiuti umanitari e di emergenza in situazioni di crisi forniti da una trentina di stati quasi tutti occidentali. I fondi vengono impiegati in progetti di cooperazione bilaterale, vale a dire da stato a stato, e multilaterale, cioè tramite organismi internazionali, primo fra tutti l’ONU e le sue agenzie specializzate in vari settori e che realizzano la maggior parte dei loro progetti nei paesi poveri: il Fondo per l’Infanzia, Unicef, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, Fao, l’Organizzazione mondiale della sanità, Oms, l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari, Ocha, il Fondo monetario internazionale, Fmi, la Banca Mondiale e il Gruppo della Banca Mondiale, il Programma alimentare mondiale, Pam, l’Alto commissariato per i rifugiati, Acnur, il Programma per l’Hiv-Aids, Unaids, il Programma per gli insediamenti umani, Unhabitat, il Fondo per la popolazione, Unfpa, il Programma per l’ambiente, Unep, il Programma per lo sviluppo, Undp.

L’Acnur, Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ad esempio, nel 2014 si è fatto carico di 54,9 milioni di profughi e sfollati su un totale di 59,5 milioni. Per il 2015 la sua previsione di spesa è di circa sette miliardi di dollari. Negli ultimi 15 anni, in particolare, è stato compiuto uno sforzo straordinario per sradicare povertà, fame, malattie, analfabetismo, discriminazioni nei paesi poveri grazie al Millenium Goals, gli Obiettivi del Millennio: un grande progetto inaugurato dalle Nazioni Unite nel 2000, articolato in otto obiettivi da raggiungere entro il 2015 e di cui in questi mesi si stanno valutando i risultati. 

Nel 2014 l’ammontare complessivo dell’assistenza ai paesi poveri è stato di 135 miliardi di dollari. Gli stati europei vi hanno contribuito con quasi 71 miliardi di dollari, l’Unione Europea con altri 16 miliardi, gli Stati Uniti con oltre 31 miliardi. Una descrizione dettagliata del contributo dell’Italia è contenuta nel “Rapporto Peer Review dell’OCSE-DAC sulla cooperazione allo sviluppo dell’Italia 2014”. 

Un altro fondamentale intevento in favore dei paesi poveri, sempre in gran parte finanziato dai governi occidentali, è dato dalle missioni di pace delle Nazioni Unite, quasi tutte operative in stati a basso e bassissimo sviluppo, nove delle quali in Africa. Le missioni hanno il compito di consolidare la pace, interporsi tra i contendenti, proteggere i civili. Attualmente sono 16 e impiegano 105.394 militari, 16.791 civili, 1.760 volontari dell’ONU, per un totale di 123.945 dipendenti. In un anno, dal 1° luglio 2014 al 30 giugno 2015, le risorse stanziate per le missioni sono state pari a circa 8,5 miliardi di dollari. La missione più grande e costosa è la Monusco, nella Repubblica Democratica nel Congo, creata nel 2010 per sostituire la precedente Monuc attivata nel 1999. Dispone di 23.799 dipendenti e nell’ultimo anno è costata quasi 1,4 miliardi di dollari.

Un altro modo dei paesi occidentali di aiutare i paesi poveri è rilevarne i debiti contratti con Banche internazionali di sviluppo come l’Fmi e la Banca Mondiale. A tal fine dal 1996 è stato avviato un programma chiamato Heavily Indebted Poor Countries Initiative, Iniziativa per la cancellazione dei debiti dei paesi poveri gravemente indebitati. Finora ne hanno beneficiato 36 stati, 30 dei quali africani, per un totale di 76 miliardi di dollari.

A tutto questo si aggiunge la cooperazione svolta da fondazioni, come la Bill & Melinda Gates, e dalle ONG, le organizzazioni non governative, che sono centinaia di migliaia e alle quali enti locali, governi e privati cittadini affidano altre decine di miliardi di dollari: è stato calcolato che insieme le ONG costituiscono la 5a più grande economia del mondo. 

Se tanto si è fatto finora, per il futuro l’ONU ha in programma molto di più ancora. Dal prossimo anno 17 nuovi obiettivi sostituiranno gli otto precedenti, raggiunti solo in parte: si tratterà di uno sforzo globale, immane per eliminare del tutto la povertà, garantire a ogni persona istruzione, servizi sanitari, lavoro, buone condizioni abitative, sicurezza alimentare, pari opportunità, il tutto con un’attenzione estrema alle ricadute ambientali, in funzione di uno “sviluppo sostenibile”. Il progetto infatti si chiama “Trasformare il nostro mondo. Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile”. Serviranno, si stima, tra i 3.500 e i 5.000 miliardi all’anno per 15 anni: da 52.500 a 75.000 miliardi di dollari. Tra pochi giorni l’Assemblea Generale dell’ONU discuterà la bozza del progetto presentata il mese scorso ad Addis Abeba, Etiopia, in occasione della terza Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sul finanaziamento allo sviluppo e ne voterà la stesura definitiva.