Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

RELATIVISMO

Trent'anni di condanna alla Massoneria

A Ferrara si apre il convegno nazionale "La croce e il compasso", su iniziativa di Alleanza Cattolica. Trent'anni fa, nel 1983, Papa Giovanni Paolo II approvava la "Dichiarazione sulla Massoneria". La condanna è immutata, perché il metodo massonico è il progenitore del relativismo.

Libertà religiosa 19_10_2013
Massoneria

Si apre oggi a Ferrara il convegno nazionale sulla massoneria «La croce e il compasso» organizzato presso la Casa Ruggero Bovelli, su iniziativa di Alleanza Cattolica, da un nutrito gruppo di associazioni ferraresi, fra cui l'Azione Cattolica, Comunione e Liberazione e il Rinnovamento nello Spirito Santo per ricordare il trentennale della «Dichiarazione sulla massoneria» della Santa Sede. Il convegno è aperto da Massimo Introvigne e concluso dall'Arcivescovo di Ferrara mons. Luigi Negri e prevede fra l'altro relazioni dello storico Marco Invernizzi e del canonista Giancarlo Cerrelli. Pubblichiamo ampi stralci della relazione d'apertura di Massimo Introvigne.

Trent’anni fa, il 26 novembre 1983, la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicava la sua «Dichiarazione sulla massoneria», approvata «speciali modo» dall’allora Pontefice, il beato Giovanni Paolo II (1920-2005), che costituisce tuttora il diritto vigente in materia di rapporti fra Chiesa e massoneria.

Il problema della massoneria può essere compreso soltanto nell’ambito di una più generale indagine sul problema della modernità. La caratteristica più essenziale della modernità è il pluralismo, non solo sociale, ma dottrinale: la presenza - considerata normale, e perfino promossa - di gruppi socialmente significativi portatori di idee diverse e inconciliabili sull’origine e sul destino del mondo e dell’uomo, portatori cioè di diverse visioni del mondo, di diverse filosofie, di diverse religioni.

Di fronte al pluralismo dottrinale nasce - tanto più nei Paesi dove questo è importato tardivamente e quasi improvvisamente - un disagio sociale diffuso, che si manifesta tuttavia in due modi differenti. Da una parte vi è chi tenta la fuga dal pluralismo, che appare intellettualmente incomprensibile, rifugiandosi in «piccoli mondi» dove il pluralismo è negato e dove la pluralità di messaggi contraddittori è ridotta all’ascolto selettivo di un solo messaggio. È il caso delle cosiddette «sette» che, fisicamente o almeno psicologicamente, si separano dalla società pluralistica per costruire micro-società non più pluraliste dove si ascolta un’unica «verità» e si riducono i contatti, almeno intellettuali ma talora anche fisici, con il mondo esterno. Dall’altra parte, vi è anche chi - anziché fuggire dal pluralismo - ne cerca una chiave di lettura che lo renda ragionevole e che permetta psicologicamente di adattarvisi. All’estremo opposto delle «sette» - per cui, nel senso più rigido, vi è un’unica verità, quella della «setta» e dei suoi capi - nascono così gruppi caratterizzati dal sincretismo e dal relativismo, per cui tutti i messaggi contraddittori in circolazione nella società pluralista sono contemporaneamente - anche se solo relativamente - veri, ed è possibile vivere fra le pieghe delle loro contraddizioni purché si trovi una chiave che permetta di disporre e ordinare le diverse visioni del mondo in una costruzione in qualche modo logica. Benché i relativismi e i sincretismi siano molteplici, tanti comportano un elemento esoterico: si afferma, cioè, che a livello superficiale - essoterico, con due «s» - le diverse religioni, visioni del mondo, filosofie sono contraddittorie, ma che ciascuna comporta anche una parte più profonda e segreta - esoterica, appunto - e che i nuclei segreti delle diverse religioni e filosofie non solo non si contraddicono ma, anzi, coincidono fra loro.

La risposta sincretistica ed esoterica al bisogno di risolvere le contraddizioni della società pluralistica nascente si rivela nel modo più caratteristico nella nascita della leggenda dei Rosacroce, secondo cui il «nucleo segreto» che sta dietro alle diverse religioni - e le unifica - sarebbe stato noto fin dal Medioevo a una confraternita d’iniziati fondata da un certo Christian Rosenkreutz, che in italiano suonerebbe come Cristiano Rosacroce. La leggenda dei Rosacroce è messa in circolazione già nel Secolo XVI, ma acquista larghissima diffusione nel Secolo XVII grazie alla pubblicazione di tre testi: la «Fama fraternitatis» del 1614 (il quarto centenario sarà ricordato nel 2014 da numerose iniziative e congressi), la «Confessio», del 1615, e le «Nozze chimiche di Christian Rosenkreutz», del 1616. Questi testi sono presi estremamente sul serio: perfino un filosofo come Cartesio (René Descartes, 1596-1650) dedica più di un anno della sua vita a cercare i misteriosi Rosacroce in Germania. Oggi gli storici sanno con certezza che era impossibile trovare i Rosacroce per una buona ragione: non esistevano. Non era esistita nel Medioevo nessuna confraternita dei Rosacroce; la leggenda era appunto una leggenda, creata - con altri - dal pastore luterano tedesco Johann Valentin Andreae (1586-1654).

Nel secolo XVII i Rosacroce, dunque, non si trovano; ma - per tutto il Seicento e fino al Settecento - cresce il numero di coloro che li cercano. Fra i numerosi luoghi dove si vanno a cercare i Rosacroce vi sono anche - specie in Inghilterra e in Scozia - le antiche corporazioni di arti e mestieri, che stanno perdendo la loro importanza economica, ma conservano un ricco corpus di simboli e di leggende. Fra queste, per le sue ricchissime leggende attirava particolarmente i cercatori di Rosacroce la corporazione dei liberi muratori - «freemasons» in inglese, «franc-maçons» in francese, da cui i nostri «frammassoni» e «massoni»- la quale radunava tutti coloro che partecipavano alla costruzione, dai muratori agli architetti, e che comincia ad accogliere accanto alle persone del mestiere, chiamate membri «operativi», anche membri «speculativi», cioè coloro che non facevano parte della professione ma s'interessavano alle leggende sperando di essere messi sulle tracce dei Rosacroce.

Il 24 giugno 1717 è assunto dalla grande maggioranza degli storici come data di fondazione della massoneria moderna e costituisce la presa d’atto (in origine limitata alla città di Londra) di una nuova situazione, in cui le logge dei liberi muratori sono ormai composte quasi esclusivamente da «speculativi»: gli «operativi», praticamente, non ci sono più. Sono dunque necessarie nuove costituzioni, la cui redazione è affidata al pastore presbiteriano James Anderson (1680 o 1684-1739), massone «speculativo», ma anche scrittore di professione disposto a preparare libri d’occasione a pagamento. La parte più importante delle Costituzioni di Anderson è quella dei «doveri», ancora considerata vincolante dalla Gran Loggia di Londra e fonte di numerosi scismi nella storia, relativi soprattutto al primo e al secondo «dovere». Il primo prevede che un massone «se comprende correttamente l’Arte non sarà mai un ateo stupido né un libertino irreligioso»: non si tratta peraltro di seguire precise «denominazioni o credenze religiose», ma solo «quella religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo». Il secondo dovere chiede al massone la lealtà nei confronti dei poteri politici costituiti e vieta alle logge qualunque attività politica diretta. Qualche controversia hanno causato anche il terzo «dovere», che esclude fra l’altro dalla massoneria le donne, e il sesto, dove - pur senza usare la parola «segreto» - si raccomanda di essere «prudenti» perché neppure «l’estraneo più acuto sia capace di scoprire o di trovare quel che non conviene neppure suggerire».

La massoneria nasce con i tre gradi dell'antica corporazione cattolica - apprendista, compagno e maestro - ma successivamente complesse vicende portano alla formulazione di diversi «riti» (scozzese, di York e così via) che comportano un numero di gradi che va fino a 33 (rito scozzese) e anche oltre (riti di Memphis e di Misraïm, ispirati all'antico Egitto). Non bisogna confondere i riti, che possono coesistere fianco a fianco nella stessa organizzazione massonica - sono cammini diversi per arrivare alla stessa meta - con le «obbedienze», organizzazioni separate con vere divergenze fra loro. Gli scismi nella massoneria avvengono intorno alle Costituzioni di Anderson: si separa dalla casa madre di Londra chi vuole ammettere gli atei o le donne, o intervenire direttamente in politica. I due gruppi di obbedienze principali nel mondo oggi fanno capo alla Gran Loggia di Londra - che non ammette né gli atei né le donne (massonerie «regolari») - e al Grande Oriente di Francia, che dal XIX secolo ammette gli atei e dal 2010 anche le donne (massonerie «liberali»). In Italia è riconosciuta da Londra solo una piccola obbedienza, la Gran Loggia Regolare d'Italia (3.000 membri). L'obbedienza più grande, il Grande Oriente d'Italia, conta 21.000 membri ed è culturalmente vicina alle massonerie liberali, anche se ha più volte cercato il riconoscimento inglese. La seconda obbedienza italiana per numero di membri (7.500) è la Gran Loggia degli Antichi, Liberi e Accettati Muratori - che, a differenza del Grande Oriente, ammette anche le donne - e che, pure fondata nel XIX Secolo da pastori protestanti che criticavano le derive del Grande Oriente verso l'ateismo, oggi è in comunione con Parigi. Esistono poi decine di obbedienze minori - alcune truffaldine o che nascondono la criminalità organizzata - che non vanno in alcun modo confuse con le maggiori. La fin troppo famosa loggia P2 (Propaganda 2) era invece, fino allo scioglimento, una loggia regolare - circondata da particolare discrezione per proteggere le persone note che ne facevano parte - del Grande Oriente d'Italia.

Esiste una «dottrina» massonica? Le Costituzioni di Anderson — secondo e sesto «dovere» — escludono dai soggetti di cui si può parlare in loggia le «discussioni di religione, di nazione o di politica». Sembra che rimanga molto poco, e in effetti è difficile ricavare dalle Costituzioni una vera e propria dottrina. Gli unici riferimenti precisi sono quelli a una morale (il cui contenuto però non è mai precisato) e alla «religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo». Nelle Costituzioni della Gran Loggia Unita, del 1815, si afferma il dovere di credere in un «glorioso architetto del Cielo e della Terra» - il Grande Architetto dell'Universo, così spesso ricordato nei riti massonici - ma che ognuno si concepisce come vuole, «qualunque sia la religione di un uomo e il suo modo di adorare». Nelle massonerie liberali sparisce anche il Grande Architetto, sostituito da un riferimento alla «patria universale e progresso infinito».

Le varie massonerie sono molto diverse tra loro. Non hanno in comune una dottrina, ma un metodo, che propone la libera discussione dei problemi e la loro soluzione secondo quanto sembra vero e giusto alla maggioranza dei fratelli. La discussione in loggia, però, ha un limite negativo: tutto può essere messo in questione, tranne il metodo stesso. Chi per esempio proponesse l’unicità di una verità, di una religione, di una via si porrebbe automaticamente al di fuori del metodo massonico.

Un dirigente massonico francese di origine belga che peraltro ha partecipato anche a tentativi di dialogo con cattolici, Alain Gérard conferma che «la massoneria non è né una religione né una filosofia, ma soltanto un metodo». Questo metodo, secondo Gérard, non impedisce a nessuno di avere delle opinioni ben definite ma impone a tutti di «mettere in discussione» le loro opinioni quando il lavoro di loggia comincia, accettando l’ipotesi che possano eventualmente essere false o debbano essere superate in una sintesi superiore. Il metodo massonico - scrive Gérard - «non significa che non si abbiano delle idee chiare; significa soltanto che si accetta di metterle in questione. Questa messa in discussione non può veramente avere luogo se si dichiara prima che, qualunque sia l’esito della discussione, vi sono dei punti su cui si continuerà a essere convinti di avere ragione».

Non si potrebbe esporre meglio una posizione che accomuna tutte le famiglie massoniche: chi accetta il metodo massonico deve essere disposto a mettere sul tavolo le sue idee, a «metterle in questione» e ad accettare il verdetto che emergerà dalla discussione condotta secondo i princìpi del libero dibattito. Qui sta la radice del problema: perché le Chiese e comunità cristiane - soprattutto la Chiesa Cattolica - pensano che le verità che insegnano ai loro fedeli siano, per usare l’espressione di Papa Benedetto XVI, «non negoziabili»; non siano di origine umana ma divina, e quindi non possano essere «messe in questione» senza escludere a priori la prospettiva di rivederle o abbandonarle. Si tratta, oggettivamente, di relativismo, per quanto questa parola non piaccia ai massoni.

In quanto intrinsecamente relativista, è probabile e frequente che il metodo massonico produca risultati che si situano agli antipodi delle posizioni della Chiesa in tema di vita, famiglia, diritti della Chiesa cattolica. Il segreto può coprire trame oscure, e l'eredità dell'esoterismo originario pratiche di tipo magico o occulto, peraltro oggi minoritarie, nelle obbedienze più grandi. Ma - a prescindere da questi risultati, che possono variare da obbedienza a obbedienza - la Chiesa ritiene pericoloso per la fede lo stesso metodo massonico. Dal momento che senza snaturare la massoneria, se ben possono cambiare i risultati, non può cambiare il metodo, è improbabile che cambi in futuro la posizione della Chiesa, e le speranze poste dalla massoneria nella «misericordia» e «simpatia per tutti» di Papa Francesco sembrerebbero mal riposte, se non strumentali, perché non si tratta di simpatia o antipatia ma di dottrina.

La «Dichiarazione sulla massoneria» del 1983 - un documento della Congregazione per la dottrina della fede firmato dall'allora Prefetto cardinale Joseph Ratzinger, ma controfirmato dal Papa beato Giovanni Paolo II e quindi Magistero vincolante per tutti - afferma che «rimane [...] immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione». Quando qualche massone argomenta che dal fatto che nel nuovo Codice di Diritto Canonico non si usi più la parola scomunica per la massoneria si può evincere che i cattolici oggi potrebbero diventare tranquillamente massoni esprime dunque la posizione della massoneria, non quella della Chiesa Cattolica. E quale comportamento debbano tenere i cattolici lo determina ovviamente in modo vincolante la Chiesa, non la massoneria. La massoneria è libera di pensare che i massoni possono essere cattolici. Ma la Chiesa insegna con assoluta chiarezza che i cattolici non possono essere massoni. Se pure manca la parola «scomunica» rimane la sostanza: i cattolici che sono massoni «non possono accedere alla Santa Comunione». E il documento precisa pure che singoli vescovi o Conferenze Episcopali non possono modificare una decisione presa in una materia riservata alla Santa Sede.

Si obietta spesso che, nonostante quanto afferma il Magistero, ci sarebbero preti, vescovi e perfino cardinali massoni. Al di là della difficoltà di accertare la verità in un mondo di pettegolezzi e provocazioni — dove chiunque, con l’aiuto di un buon programma di computer, può «produrre» liste e certificati massonici su carta intestata di qualche Grande Oriente con i nomi che più gli aggradano — vale il principio che l’abuso non toglie l’uso, e le violazioni della legge non cambiano la legge. Senza volere in nessun modo mettere sullo stesso piano la violazione delle norme canoniche in tema rispettivamente di pedofilia e di massoneria, il fatto che purtroppo esistano preti pedofili non fa cambiare l’insegnamento della Chiesa che considera la pedofilia un gravissimo crimine. E il fatto che esistano ecclesiastici massoni non cambia il Magistero della Chiesa, secondo cui i cattolici - ovviamente, preti e vescovi compresi - che si affiliano a qualunque forma di massoneria «sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione».

L’essenza dell’ideologia massonica è il relativismo, con le sue conseguenze politiche che portano spesso - non sempre, certo - le maggiori obbedienze massoniche, specie nei Paesi latini, a favorire leggi sull’aborto, l’eutanasia, le unioni omosessuali. Quando si sente dire che un ecclesiastico o un esponente politico cattolico è massone, la domanda dovrebbe essere: ha idee relativiste? È abortista, incline all’eutanasia, favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali? Se la risposta è sì, è almeno un compagno di viaggio della massoneria e la questione se vi sia affiliato diventa perfino secondaria. Se la risposta è no, se l’ecclesiastico o il cattolico accusato si oppone apertamente al relativismo e alle sue conseguenze, allora si ha ogni ragione di concludere che le accuse di appartenenza alla massoneria sono calunnie. Il vero problema non sono le liste e le tessere. È - per usare l’espressione di Benedetto XVI, che Papa Francesco ha ripreso nel suo discorso al corpo diplomatico del 22 marzo 2013 - la «dittatura del relativismo». Che è poi, liste o non liste, la dittatura della mentalità massonica nel nostro tempo.