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SCENARI

Tregua al Family Day. Ma i "partiti" della famiglia si moltiplicano

Adinolfi e Amato restano nel comitato Difendiamo i nostri figli, che però non farà campagna apertamente per il nuovo partito. Ma lo spazio di Gandolfini adesso è risicato. La “tregua” apre però nuovi interrogativi: come si comporteranno sull'eutanasia? E chi rappresenta le istanze del popolo del Circo Massimo su vita e famiglia? Tra partiti della famiglia, federazione di parlamentari pro family e Idea che punta sul civismo, si delineano delle alternative. I tentativi di Introvigne e Roccella

Famiglia 11_03_2016
La foto pubblicata dalla Croce dopo il vertice del Comitato

Il Popolo della famiglia, il partito fondato da Mario Adinolfi e Gianfranco Amato, ha superato il primo scoglio rappresentato dal vertice chiarificatore con il comitato Difendiamo i nostri figli, che si è chiuso ufficialmente con un documento unitario.

Nel testo, firmato da tutti i componenti del movimento che ha messo in piedi i due Family Day di giugno e gennaio, vengono ribadite “unità di intenti, comunione e amicizia tra tutti i suoi membri pur nella distinzione, ovvia, tra attività del comitato e del movimento che si riconosce nei valori espressi dal Family Day”. Una distinzione formale, che lascia così il comitato svincolato da qualunque opera di padrinaggio politico.

Ufficialmente il Popolo della Famiglia è riconosciuto come autonomo dal Cdnf, tanto che il neonato movimento politico viene definito non di “espressione politica diretta” del Comitato guidato da Massimo Gandolfini. Si chiude con questo accordo, suggellato da una foto di gruppo pubblicata sul quotidiano di Adinolfi, la Croce, una fase di incomprensioni vissuta tra comitato e neo partito.

Da ora in avanti comitato e Popolo della Famiglia saranno due entità diverse, che agiranno con mezzi differenti per lo stesso scopo anche se il fatto che Adinolfi e Amato non si siano sospesi dal comitato, che resta apartitico, lascia presupporre che da qui alle prossime elezioni amministrative l’opera principale di Gandolfini sarà quella di non far emergere un endorsement esplicito del comitato verso il partito.

Operazione in salita, che con i fondatori del partito dentro la compagine movimentista, richiederà una buona dose di equilibrio. Questo per quanto riguarda la versione ufficiale, che chiude una travagliata fase di posizionamenti con tanto di accuse su fughe in avanti e differenti vedute su come immaginare l’impegno politico del comitato dopo il successo del Family Day e l’approvazione della legge Renzi-Alfano sulle unioni civili. Dietro le quinte, meglio dietro la foto però, le indiscrezioni raccontano di una spaccatura sulle modalità con le quali Adinolfi e Amato (assente mercoledì sera) hanno annunciato la nascita del partito. Non tutti si sono detti disponibili a sostenere il blogger e l’avvocato giurista per la vita nella nuova avventura.

A questo punto sembra evidente che il Comitato dovrà ora riprogrammare la sua attività pubblica nel corso dell’attuale legislatura, in cui gli scogli su famiglia e vita sono ormai calendarizzati da una precisa strategia parlamentare del Pd volta a introdurre nell’ordinamento le adozioni ai figli di coppie gay, l’eutanasia, il divorzio lampo e la legalizzazione delle droghe leggere a scopo medico.

Sarà il tempo, e soprattutto saranno le occasioni che si presenteranno a delineare i futuri rapporti, così come le strategie che prenderanno il comitato e il partito sui prossimi temi e soprattutto sulle sfumature legislative che i vari temi, testamento biologico, eutanasia, legalizzazione delle droghe, adozione diretta, imporranno. Ci sarà la stessa identica visione su tutto? Il comitato invece dovrà studiare le strategie, se lo vorrà, per tornare protagonista e uscire dall’angolo in cui si è sostanzialmente auto relegato dopo aver deciso di non andare allo scontro con Adinolfi, che implicitamente potrà vantare in campagna elettorale una chance in più per presentarsi come la voce nuova espressione del popolo del Family Day. Anche senza un mandato esplicito.

E’ questa infatti la partita che ora si apre davanti a tutti i soggetti in campo: dare una rappresentanza alla marea umana del Circo Massimo, che da tempo reclama un riferimento politico venuto meno con la crisi del centro destra e la sostanziale radicalizzazione del Pd.

In campo però, a reclamare di poter rappresentare il popolo del Family Day non c’è solo la nuova creatura di Adinolfi e Amato, che in questa fase appare avvantaggiata da un clamore mediatico sfruttato sull’onda della novità del blitz operato in questi giorni e da un attivismo già operativo a cominciare dalla prima convention di oggi pomeriggio a Roma con la presentazione del simbolo.

Il panorama politico italiano, scartati i partiti tradizionali che hanno deluso il vecchio elettorato, non offre ad oggi altri soggetti simili a quello del Popolo della Famiglia. Ragion per cui l’interrogativo che gli attratti dal partito ripetono agli scettici viene ripetuto come un mantra: «Ma allora qual è l’alternativa?», una domanda che apparentemente sembra tagliare le gambe a qualunque altro tipo di proposta.

A ben guardare però l’ambizione a poter rappresentare un elettorato cattolico e family oriented potrebbe essere sviluppata da altri soggetti politici in formazione che iniziano a vantare qualche alternativa per offrire ad un elettorato orfano di leadership una prospettiva diversa e, perché no, una maggior varietà. Anzitutto è bene fare chiarezza sulla denominazione Partito della famiglia, espressione che Adinolfi non ha potuto usare perché occupata già a livello di registrazione ufficiale. 

Un Partito della Famiglia infatti esiste già ed è stato fondato con una registrazione regolarmente effettuata presso il Ministero dello Sviluppo Economico da un rettore universitario, Giuseppe Rodolfo  Brera, che nell’agosto 2014 depositò il marchio “Pdf-Partito della famiglia” con lo scopo di avviare in ambito accademico un percorso culturale sul valore della famiglia come motore della società. Brera, rettore dell’Università Ambrosiana, raggiunto dalla Bussola, ha detto che la sua idea di partito sarà promossa inizialmente in ambito universitario. Ma non può ovviamente essere presa come “concorrente” dell’operazione Popolo della Famiglia, per scarsità di diffusione e influenza.

Ma questo spiega però il perché esista tra i marchi registrati anche un Partito delle Famiglie. Questo, regolarmente coniato dal sociologo Massimo Introvigne nel novembre 2014 era stato visto nei giorni scorsi come un probabile ostacolo all’iniziativa di Adinolfi tanto che alcuni si erano spinti a giustificare l’iniziativa lampo del blogger perché era già pronta la compagine di Introvigne con il proprio simbolo.

Una ricostruzione che però ha alimentato solo suggestioni. E’ stato lo stesso Introvigne infatti, prima con una lettera privata ad Amato, poi alla Bussola a spiegare il perché di quella registrazione. «Il 4 novembre 2014 scrissi un articolo citando due riflessioni di due politologi di fama, Orsina e Ricolfi i quali denunciavano il fallimento del centrodestra italiano e ipotizzavano la necessità di ripartire da qualcosa di nuovo. Anche io dunque colsi quella sollecitazione e avanzai l’ipotesi di un partito della famiglia, non ovviamente perché dovesse occuparsi esclusivamente di famiglia, ma perché la famiglia è il motore della società.

Nell’articolo mi fermavo a questo livello, però dettavo due condizioni per l’emergere di un movimento nuovo: un’agenda chiara su tutti i temi, dall’economia al fisco, dalla politica estera alla sfida islamista perché le formazioni che si occupano di un solo tema sono destinate a perdere. E come seconda condizione ipotizzavo un un coinvolgimento dei grandi movimenti cattolici che sarebbero dovuti essere azionisti di questo nuovo soggetto, non i soli».

Questo avveniva il 4 novembre. Il giorno dopo Introvigne ricevette una ventina di email «di cui circa la metà di persone della cui sanità mentale mi sentirei di dubitare, che mi ringraziavano per avere indicato il nuovo partito. In tanti mi dissero che ci stavano pensando e lo volevano fondare. Così il giorno stesso pensai di depositare il marchio “Partito delle Famiglie”, ma lo feci per evitare che qualche mal intenzionato si appropriasse di un’idea che avevo lanciato sulla Bussola.

Per me fu facile dato che sono socio di una delle principali società di registrazione marchi e brevetti. L’operazione non mi costò praticamente nulla. Dal novembre 2014 ad oggi di quel marchio mi sono completamente dimenticato, la registrazione fece il suo iter burocratico».

Introvigne, una volta chiarito il mistero del partito “fantasma” sta comunque continuando a promuovere una piattaforma politica che possa partire dai presupposti iniziali di quell’articolo. «Parto da questa constatazione: in ogni partito della cosiddetta area cattolica ci sono persone o battaglie che sono meritorie, ma tutte le esperienze politiche degli ultimi anni mancano di una caratteristica fondamentale che è quella che in America chiamano il “fusionismo”, cioè il saper vincere riuscendo a fondere le varie anime di una compagine. 

Pur avendo commesso molti errori nella sua lunga storia politica, bisogna riconoscere il merito a Berlusconi di essere stato un fusionista». Introvigne parte così dalla prospettiva che «dai partiti attuali non può venire fuori il fusionismo. La Lega Nord ad esempio ha fatto un ottimo lavoro in Lombardia sui temi della famiglia, ma nasce settentrionale. Così confermo ancor oggi l’idea della terza via della creazione di un nuovo partito o un movimento, non ho cambiato opinione rispetto al 4 novembre scorso. Ma vedo che mancano ancora quelle due condizioni iniziali.

Tanto più che, e questa è una critica che rivolgo ad Adinolfi, dal candidato sindaco della mia Torino ad esempio vorrei che mi dicesse anche come sistemare le buche o abbassare il debito del Comune». Un’altra osservazione che il sociologo rivolge alla nuova formazione politica è relativa all’ambizione di porre il compendio della Dottrina sociale della Chiesa a programma elettorale: «Il riferimento è sicuramente nobile, ma da un punto di vista dottrinale basta leggere il compendio per capire che c’è scritto con chiarezza che lì sono indicati i grandi principi, che spetta ai laici tradurre in programmi politici.

In più, capisco l’essere contro al gender nelle scuole, ma da chi si candida a governare il Paese vorrei sapere ad esempio se sta con la Merkel o no, se è per l’intervento in Libia o no, se è d'accordo con la revisione del trattato di Dublino sull’immigrazione, oppure che cosa farebbe per correggere il Job Act o per intensificare la vigilanza sulle banche. Insomma: bisogna presentarsi con una squadra di esperti al massimo livello».

E ancora: «Quando la dottrina dice che dobbiamo coniugare l’accoglienza con la sicurezza e il diritto, in concreto come facciamo? Ci vogliono risposte pratiche. La seconda condizione che non si vede ancora all’orizzonte è che la rete delle persone non si traduce automaticamente in voti. «Tante voci autorevoli del popolo del 30 gennaio - prosegue -, tra cui inserisco anche la Bussola, hanno avanzato perplessità di metodo e di merito. E dal mio piccolo osservatorio di Alleanza Cattolica ho visto che più si allarga la platea, più potrà nascere la squadra di persone competenti in grado di stilare un programma».

Nulla di personale contro Adinolfi, ma «io credo che possa fare un grande lavoro, che è quello di parlare alla Sinistra rappresentandole le esigenze della vita e della famiglia, ma non lo vedo come un fusionista in grado di federare le diverse anime orfane del centrodestra». Introvigne crede ad esempio nell’attività che sta svolgendo alle riunioni dei parlamentari per la famiglia. «Sono un gruppo variabile di circa 100 parlamentari che si riunisce nella sede romana di Alleanza Cattolica, l’iniziativa è promossa da Alessandro Pagano, ma si sono uniti anche Sacconi, Malan e molti altri.

Se uno partecipasse si renderebbe subito conto che tutti sono uniti dalla contrarietà ad esempio alla legge Scalfarono o la Cirinnà, ma se si mettessero a parlare di politica estera o immigrazione ci sarebbe da ridere: a volte sono venuti anche parlamentari Cinque Stelle, è facile comprendere come su quei temi le posizioni siano diametralmente opposte ad esempio dalla Lega, però il tentativo è quello di unire gli attuali parlamentari su tematiche comuni in posizione trasversale. E sta iniziando a dare i suoi frutti».

Se il tentativo di Introvigne si rivolge al momento solo nell’ambito parlamentare attuale, senza ambizioni elettorali in uscita, c’è chi invece dopo la lunga battaglia della Cirinnà, sta iniziando a disegnare uno scenario più organico.

E’ il caso della piccola pattuglia di Idea, composita dai transfuga di Ncd che hanno sacrificato la poltrona, quando accade è bene darne conto, per difendere il principio della legge naturale universale. «Non mi sento di attaccare la formazione di Adinolfi - ha spiegato alla Bussola Eugenia Roccella, che con Carlo Giovanardi e Gaetano Quagliariello rappresenta l’anima della nuova formazione parlamentare -, ma mi pongo solo alcune domande.

Ad esempio: perché la Sinistra, che più di tutte promuove leggi contro vita e famiglia non ha criticato il nuovo Popolo della Famiglia? E perché Adinolfi non ha detto nulla contro la prossima battaglia contro il referendum costituzionale che, questo sì, metterebbe in serie difficoltà Renzi in caso di sconfitta? Sulla consultazione relativa al nuovo assetto istituzionale da dare al sistema Italia, la parlamentare di Idea ha le idee di Massimo Gandolfini, prima che questi accantonasse l’annuncio di lavorare a un comitato per il No: «Quel referendum segnerà un discrimine assoluto fra chi è con Renzi e chi è contro Renzi e noi che siamo contro la deriva antropologica non possiamo esimerci da un giudizio su un impianto istituzionale che di fatto ridurrà le opposizioni a semplici comprimari, soprattutto visto l’uso spregiudicato che il premier ha fatto degli strumenti come la fiducia o la violazione palese della Costituzione saltando i dibattiti in commissione o infine chiedendo la fiducia su provvedimenti di tipo non governativo. Tutto questo ci consegnerà la possibilità di approvare dieci o venti leggi Cirinnà».

Poi su Adinolfi la Roccella fa notare come «oggi le sue analisi peccano di un eccesso di fiducia nei confronti del Pd renziano: se non ci poniamo oggi il problema degli strumenti e non decidiamo da che parte stare in un momento in cui si deciderà tutto il futuro, non potremo lamentarci della repentinità con cui molte leggi anti vita entreranno in Parlamento. E per il futuro? «Ripartiamo dalla battaglia che abbiamo fatto in questi giorni. Una battaglia di grande generosità.

Idea sta affinando la sua identità di essere minoranza creativa. Siamo “ratzingeriani” inteso ovviamente in senso laico, non lo nascondiamo, questo è il ruolo che ci siamo dati, un ruolo di lievito e di pungolo, ma vogliamo farlo partendo da un nuovo civismo. Per questo stiamo lavorando a liste civiche come risposta ottimista e cercando di introdurre nuove leadership anche nell’ambito della prossima consultazione elettorale amministrativa».

Su tutto resta un punto che Idea pensa di poter spendere nelle prossime campagne elettorali: «Noi ce ne siamo andati via da Ncd quando è stata calendarizzata l’unione civile in aula e il nostro passo ha aiutato a ricompattare una buona parte del centrodestra. Credo che questo sia comunque un successo da cui partire per porsi il problema delle alleanze. Per questo, visto che per noi ragioniamo in un’ottica di alleanze vorrei chiedere ad Adinolfi: stai con Renzi o contro Renzi? E’ una domanda semplice, ma decisiva».